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Disastri e danni sempre più frequenti

di Alessandro De Pascale - 15/01/2011





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L’intensità e le conseguenze delle calamità naturali stanno aumentando. Lo denuncia uno studio pubblicato ieri dall’Agenzia europea per l’ambiente.

Quasi 100mila morti, undici milioni di cittadini interessati sui 590 milioni di residenti dell’Ue e danni che superano i 150 miliardi di euro. Sono gli effetti sull’ambiente dei disastri naturali e non che hanno colpito l’Europa dal 1998 al 2009. «La frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi - come tempeste, incendi, alluvioni, frane, siccità, ondate di calore e valanghe - sono in aumento a causa dei cambiamenti climatici». Bisogna poi aggiungere i disastri industriali, ben 339 che hanno provocato altri 159 morti con danni economici e ambientali «enormi, difficili da quantificare». È la triste denuncia contenuta nella “Mappatura dell’impatto dei disastri naturali e tecnologici”, presentata ieri dall’Agenzia europea per l’ambiente.


Dieci anni di calamità naturali
In Europa quest’ultimo decennio è stato caratterizzato da tragici eventi dall’elevato costo economico, in vite umane e per l’ecosistema. Dall’ondata di calore che colpì nell’estate 2003 la Francia, il Portogallo, i Paesi Bassi, la Spagna, la Germania, la Svizzera e il Regno Unito provocando più di 70mila morti, al tragico terremoto del 1999 a Izmit in Turchia che uccise 17mila persone. Soltanto i più grandi disastri naturali hanno interessato 32 Paesi europei e causato danni per 150 miliardi di euro. «Dalle alluvioni nell’Europa centrale (2002, costate più di 20 miliardi di euro) a quelle in Italia, in Francia e nelle Alpi svizzere (2000, 12 miliardi) e nel Regno Unito (2007, 4 miliardi), passando per il terremoto di Izmit in Turchia (1999, 11 miliardi) e quello in Abruzzo (2009, 2 miliardi), per finire alle tempeste invernali nell’Europa centrale del dicembre 1999 (18 miliardi) e del gennaio 2007 (8 miliardi)». Anche se dal 2003 al 2009 non si sono registrati sismi superiori a 6,4 gradi della scala Richter, i terremoti restano la seconda calamità naturale per numero di vittime e la prima per danni.
 
Frane
I costi più elevati provocati dal dissesto idrogeologico, neanche a dirlo, sono stati pagati dall’Italia. Negli ultimi dieci anni «i vari database presenti in Europa hanno registrato circa 70 grandi frane che hanno causato 312 morti, distruggendo importanti infrastrutture». Lo studio dell’Agenzia europea per l’ambiente ci tiene però a precisare che questi disastri sono «fenomeni locali», causati dalla «mancata cura del territorio» e aggravati da una «urbanizzazione incontrollata». I due maggiori eventi «in termini di morti e potere distruttivo» sono avvenuti proprio nel nostro Paese: a Sarno nel 1998, con 160 morti e centinaia di edifici danneggiati, e a Messina dove nel 2009 sono rimaste uccise 31 persone. Nessun altro evento di questo genere ha interessato il resto d’Europa.
 
Alluvioni
«Assieme alle tempeste, sono i disastri naturali che provocano i maggiori danni economici». Nell’ultimo decennio sono in crescita, anche se «le misure di prevenzione e l’evacuazione della popolazione stanno contribuendo a ridurne l’impatto». La più devastante è avvenuta in Germania e in Repubblica Ceca (2002, danni per oltre 20 miliardi), quelle con il maggior numero di morti in Romania nel 2005 (85 vittime) e in Slovacchia nel 1998 (54 persone uccise).  
 
Uragani
Le tempeste che arrivano in Europa dall’Atlantico sono i più pericolosi disastri naturali in termini di vite umane. Difficilmente interessano il nostro Paese ma nel Vecchio continente «dopo le ondate di calore, i terremoti e le inondazioni, sono al quarto posto per numero delle vittime, tanto che nel periodo in esame hanno provocato ben 729 decessi». I maggiori sono stati gli uragani Lothar e Martin, del dicembre 1999, e Kyrill del gennaio 2007. Soltanto i primi due hanno colpito circa 3,5 milioni di persone in nove Paesi, causando 151 morti e danni per 15,5 miliardi di euro. Anche Kyrill è stato molto distruttivo: 46 morti, undici nazioni interessate e danni per 7,7 miliardi di euro.
 
Temperature estreme
Prima causa di morte tra le calamità naturali d’Europa e maggiore indicatore dei cambiamenti climatici in atto, nell’ultimo decennio hanno provocato quasi 80mila vittime. Dalle calde estati del 2003 (70mila morti), del 2006 e 2007 (3.000 decessi), fino alle ondate di freddo degli inverni del 1998 e del 2009 (1.900 vittime). «Le temperature estreme sono parte dei normali cicli annuali ma la frequenza e l’intensità di questi eventi è aumentata negli ultimi anni». La mortalità stimata «è compresa tra l’1 e il 4 per cento per ogni grado in eccesso, rispetto alla normale temperatura stagionale di una determinata località». Le conseguenze per la salute sono quindi «molto gravi».  
 
Incendi di foreste
Ogni anno in Europa avvengono oltre 70mila incendi che distruggono più di mezzo milione di ettari di foreste, soprattutto nell’area mediterranea dove avviene il 70 per cento dei roghi, pari all’85 per cento del territorio bruciato del Vecchio continente. I più devastanti incendi sono avvenuti in Portogallo (2003 e 2005), Spagna (2006) e Grecia (2007), causando 80 vittime. In totale nell’ultimo decennio le foreste in fiamme hanno ucciso 307 persone.
 
Disastri antropici
Ai disastri naturali bisogna poi aggiungere quelli antropici: «Dagli incidenti delle petroliere Erika (1999) e Prestige (2002)» che hanno disperso in mare rispettivamente 20mila e 63mila tonnelate di greggio, «alla dispersione nell’ambiente di sostanze tossiche» causate dal crollo della discarica mineraria di Aznacollar (Spagna), alle acque al cianuro di Baia Mare (Romania), avvenuti entrambi «nel 2000, provocando enormi danni all’ecosistema e richiendo ingenti investimenti per le bonifiche (circa 377 milioni di euro, solo per Aznacollar)». L’ultimo è avvenuto in Ungheria nell’ottobre 2010 e per l’Agenzia europea per l’ambiente le «conseguenze a lungo termine non sono ancora quantificabili». Il cedimento della diga di un impianto per la produzione dell’alluminio ha disperso nell’ambiente almeno 800mila metri cubi di fanghi alcalini in un’area di oltre mille ettari. Oltre 7.000 gli abitanti dei tre villaggi interessati con decine di morti.