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BCE: moniti a getto continuo

di Massimo Frattin - 11/02/2011


Basta qualsiasi variazione statistica, o qualunque notizia economica da un singolo Stato, e Trichet & C. si affrettano a elargire consigli e raccomandazioni. Leitmotiv: intervenire sui bilanci pubblici «con misure correttive»


Ha un sapore di dejà vu l’ennesimo monito della BCE agli Stati dell’Unione. L’invito a risanare i conti anche «con misure correttive» si è ripetuto infatti nel bollettino di febbraio diffuso da Eurotower. Un “warning”, cioè un avvertimento, rivolto in particolare ad alcuni Paesi tra cui l’Italia, e che arriva dopo tutta una serie di analisi e stime sul Pil continentale, sull’occupazione e, nodo dolente, sull’inflazione. 

Se da un lato, infatti, si rivedono al rialzo, all’1,7%, per il 2011 le attese per il Pil e si valuta addirittura con un sospiro il dato – stabile – della disoccupazione al 9,9%, dall’altro si manifestano timori per la possibile ripresa dell’inflazione, che «potrebbe registrare nuovi temporanei rialzi, collocandosi verosimilmente poco al di sopra del 2% per gran parte del 2011, per poi tornare a moderarsi al volgere dell'anno»; come ulteriore tessera del puzzle, si lamenta anche la crescita dei salari ai minimi storici, a causa soprattutto di Italia e Germania.

Ora, l’interesse della BCE per le vicende europee è certamente inevitabile, ma rimane una qual certa perplessità nella sostanza, e anche nel merito. Per il primo aspetto è quantomeno curioso che si riduca sempre a mero valore numerico la vita quotidiana  e le attese future di parecchie generazioni, emozionandosi per qualchezerovirgola in più nei conti economici e sostanzialmente glissando sulle decine di migliaia di senza lavoro che evidentemente fanno solo statistica; ancora più significativo il balletto sull’inflazione, che solo il 20 gennaio veniva prevista in aumento «verosimilmente poco sopra il 2%», mentre ieri secondo Eurotower si «stima un tasso d'inflazione all'1,9% nel 2011 e all'1,8% nel 2012». Ma il problema non è il variare delle previsioni. È il mutare dei giudizi. Il 20 gennaio si commentava che «i rischi per le prospettive di inflazione di medio periodo rimangono bilanciati, ma potrebbero orientarsi verso l'alto», ieri invece si è sottolineato che è aumentato il livello di allerta.

Lasciando tuttavia questi piccoli misteri agli economisti, il dato che più fa riflettere è legato al significato, e alla frequenza, di questi moniti della BCE. Ne arrivano a getto continuo. Con una vera e propria invasione di campo che va al di là delle competenze, già opinabili di per se stesse, della superbanca di Francoforte. L’esortazione a mettere in atto misure correttive risulta molto simile all’ingerenza indebita, con la BCE che si muove come una sorta di Fondo Monetario Europeo. A proposito: proprio ieri l’Fmi ha subito un duro attacco, peraltro proveniente dall’interno. L’ufficio di valutazione indipendente ha stigmatizzato non solo la sudditanza nei confronti degli Stati maggiormente industrializzati, ma anche la sostanziale incapacità di analizzare i dati che preludevano alla crisi.

Come non pensare ad un a comparazione con la BCE, visti i pesi diversi, in ambito decisionale, degli Stati appartenenti all’UE e viste certe coincidenze? Anche il percorso italiano sulla modifica dell’art.41 della Costituzione assume una luce particolare se lo inquadriamo dopo queste righe: «L’eliminazione delle rigidità dal mercato del lavoro - spiega l'Eurotower nel bollettino mensile – favorirebbe ulteriormente il processo di aggiustamento di tali economie [“nei paesi che in passato hanno subito una perdita di competitività o che al momento risentono di disavanzi di bilancio e disavanzi esterni elevati", ibid.]. Inoltre, una maggiore concorrenza nei mercati dei beni e soprattutto dei servizi agevolerebbe la ristrutturazione dell'economia e incoraggerebbe l'innovazione».

Suggerimenti che rasentano l’intromissione nelle vicende interne. Così come sembra un po’schizofrenico l’atteggiamento verso le retribuzioni. Da un lato, s’è detto, si recrimina sul ristagno dei consumi dovuto a politiche salariali complessivamente di segno negativo specie in Italia e in Germania; dall’altro, non appena in Germania si perviene al rinnovo del contratto per gli operai della Volkswagen, sottoscritto appena qualche giorno fa, si manifestano timori che gli aumenti concessi possano risultare controproducenti e agevolare la ripresa dell’inflazione.

L’impressione globale che se ne ricava è che la BCE, come al solito, si preoccupi solo di far quadrare i propri conti, disconoscendo di fatto la sovranità delle singole nazioni e ignorando che l’economia non è fatta solo di cifre ma di persone. Prima che alla tranquillità e ai profitti del sistema bancario, il sistema produttivo deve servire ad assicurare la sussistenza della generalità dei cittadini. La gestione dei diversi Stati deve tenere conto delle differenze sostanziali e ineludibili che si sono determinate, e che rappresentano dati di fatto che si possono magari modificare nel medio e nel lungo periodo ma non cancellare con un colpo di spugna dall’oggi al domani. E, soprattutto, la BCE deve attenersi esclusivamente al suo ruolo, che ha già fin troppe competenze ma che non è e non deve diventare quello del governo ombra della Ue. Sempre lì a dare consigli – e ad esercitare pressioni – per indirizzare, o conculcare, ogni Paese d’Europa.