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Torino addio!

di Paolo De Gregorio - 12/02/2011



So di chiedere l’impossibile, ma mi piacerebbe tanto che la politica parlasse
dei fatti, con la serietà di chi conosce i problemi, senza menzogne e
omissioni, senza ottimismo, né pessimismo, con l’obiettivo di risolverli nell’
interesse generale e, soprattutto, rapidamente.
Scusandomi per l’ardito sogno indotto dalla positività di un bel piatto di
bucatini all’amatriciana consumato con un bel bicchiere di vino rosso,
circoscrivo la mia riflessione a due fatti economici, tra loro collegati (di
cui naturalmente non si parla al “popolo sovrano” nei notiziari Tv) che ci
dicono che gli Agnelli trasferiscono da Torino a Hong Kong la EXOR (la
cassaforte di famiglia), visto che l’Asia viene considerata l’area migliore per
i propri investimenti.
Il secondo episodio, di qualche giorno fa, riguarda la dichiarazione di
Marchionne sul trasferimento in USA della direzione generale della Fiat,
facendo capire che è probabile che la azienda torinese sarà presto assorbita e
digerita dalla Chrysler.

Quello che mi domando e vi domando è: come si può parlare di crescita, di
rilancio della economia e dei consumi se i soldi prodotti nel nostro paese
vengono investiti in altre economie e lasciano senza lavoro migliaia di
persone?
E ancora: che ci sta a fare un governo se non interviene nel cuore e nel vivo
dei problemi della economia?
E che alternativa sarebbe un centro-sinistra, che vincesse le elezioni, che è
d’accordo con Marchionne e gli Agnelli?

Nessuno si prende la responsabilità di sostenere che siamo in bancarotta. Con
un debito pubblico stratosferico (il 120% del PIL), che la crisi è strutturale
e non ciclica in quanto interi settori produttivi sono stati conquistati dai
paesi emergenti e sono perdite definitive, che l’Italia non investe in ricerca
e quindi è destinata al declino mentre i nostri cervelli emigrano e rinforzano
altre economie, che presto ci sarà il “picco” del petrolio e i prezzi del
greggio aumenteranno, che i cambiamenti climatici sono seri e le emissioni di
Co2, da Kyoto a oggi, sono enormemente aumentate invece di diminuire
drasticamente, e sullo sfondo lo scricchiolio delle false democrazie
mediorientali corrotte, armate e guidate dall’Occidente.

Questa “globalizzazione” non mi sembra un grande affare per l’Italia. L’euro
ha fatto raddoppiare i prezzi, non ci consente più manovre monetarie autonome,
l’Europa non si è integrata e siamo ancora pieni di basi Usa e Nato, spendiamo
enormità per interventi militari che ci danneggiano, siamo soffocati da
immigrazione e merci di importazione che significano altra disoccupazione e
disperazione.
Parte consistente del nostro debito è nelle mani di banche tedesche e francesi
(paghiamo 85 miliardi l’anno di interessi), e, se per qualche ragione questi
paesi decidessero di non rinnovare l’acquisto dei titoli, la crisi di oggi
sembrerebbe una vacanza dorata.

Sarebbe molto saggio considerare fallito il modello di sviluppo della
globalizzazione, del governo mondiale della economia, e tornare a politiche
nazionali, sostenibili, con il consolidamento dei debiti, la difesa dei propri
prodotti con dazi, la strategia di arrivare ed una autosufficienza energetica
ed alimentare, la trasformazione delle spese militari in incentivi alla
agricoltura, alle energie rinnovabili e alla ricerca.
L’attuale CASTA politica di governo e di opposizione è lontana anni luce dal
comprendere la natura della crisi e dunque è inadeguata a prescrivere qualsiasi
cura, dobbiamo mandarli tutti a casa, ne va del nostro incerto futuro.
Paolo De Gregorio