Peter Handke e il Corriere della Sera. Come funziona la disinformazione
di Carlo Gambescia - 30/05/2006
Che cosa significa disinformare? Vuol dire fornire informazioni inesatte, scarse o carenti su una particolare situazione. Oppure per giustificare una certa tesi. Se "non informare" significa nascondere tutte le informazioni su un certo evento, allora "disinformare", vuol dire fornirle ma in maniera inesatta e poco attendibile. Come dire, "accentarle" in un certo modo...Dietro la disinformazione, che funziona come una specie di filtro, c'è sempre un movente ideologico-utilitaristico: si disinforma per difendere determinate ideologie e interessi. I "disinformatori", nelle democrazie occidentali, in genere sono giornalisti o comunque operatori mediatici. Non tutti i giornalisti e gli operatori fortunatamente....
La disinformazione di regola gioca un ruolo fondamentale durante le guerre, e nel corso di qualsiasi forma di conflitto (sociale, economico, culturale): in teoria dovrebbe vincere sempre la verità ma in realtà non sempre è così.
Attualmente l' Occidente euro-americano è in "guerra" con tutto quello che non è occidentale : la definizione è piuttosto ampia, ma rende bene l'idea di conflitto.
In questo contesto la "disinformazione" ha assunto il ruolo di una vera e propria strategia politico-culturale. I maggiori giornali euro-americani esercitano quotidianamente una pressione fortissima sulla pubblica opinione, anche se apparentemente indiretta e non sempre chiaramente visibile.
In Italia, il "Corriere della Sera" è in prima linea. Ecco un piccolo ma significativo esempio.
Ieri l'altro, domenica 28 maggio, nelle sue pagine culturali è uscito un verbosissimo articolo di Bernard-Henri Lévy sul caso Handke (censurato dalla Comédie-Française per il suo appoggio a Milosevic), dove si dice "non si doveva mettere in programma Handke, ecco la verità (...). Ma una volta fatto l'errore e messo nel programma della casa di Molìere l'incensatore del fascismo serbo, non si doveva correre il rischio di un annullamento, che (...) equivale a una censura". Il che il significa che il "libertario" Lévy, non è in linea di principio contrario alla censura: ne fa solo problema di opportunità. Censurare Handke è stato un errore solo perché non lo si è censurato prima...
Ieri, lunedì 29 maggio, Pierluigi Battista, nella sua rubrica "Particelle Elementari", ha subito rilanciato, indicando Levy come esempio encomiabile di intellettuale liberale che difende il diritto dell'avversario di parlare. Scrive Battista: "La rarità della posizione di Bernard-Henri Lévy si segnala perché non accade quasi mai che i principi sbandierati per la propria parte vengano agitati per difendere un nemico e per tutelare il suo diritto alla parola". Come per dire: sono cose che possono accadere solo nel libero Occidente... Quanto siamo fortunati...
In realtà l'articolo di Battista è un ottimo esempio di disinformazione: si presenta, riferendone parzialmente le tesi (in questo caso il contenuto di un articolo), come liberale "integrale", un intellettuale, Bernard-Henri Lévy, che è soprattutto uno strenuo occidentalista. E che, come si è visto, è favorevole, o comunque non contrario, alla censura preventiva. Veramente un bel liberale...
Tecnicamente, dal punto di vista logico-argomentativo, Battista, incorre in una fallacia di ambiguità, detta di accento, tipica del giornalismo disinformativo: che si ha quando le tesi di altri sono riferite, a supporto delle proprie, senza contenere quelle esplicite precisazioni, a causa delle quali (guarda caso) le tesi riportate, assumerebbero un significato completamente diverso.
Insomma, si pone l' accento su quel che fa più comodo.
Ecco, questa, è disinformazione.