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L'oro di Mosca

di Stefano Vernole - 31/05/2006

 
Dopo aver rimborsato il suo debito con il Fondo Monetario Internazionale e il Club di Parigi, il capo del Cremlino Vladimir Putin sta continuando nella sua azione volta emancipare la Russia dalla tutela atlantista, eredità delle disastrose gestioni di Gorbaciov ed Eltsin.
Le sue ultime disposizioni, simboliche finchè si vuole, ma significative della nuova atmosfera che si respira negli uffici di comando moscoviti, riguardano la moneta statunitense, considerata il simbolo di una colonizzazione occidentale non più accettabile da quella nazione.
Con il primo provvedimento, Putin ha disposto che in occasione del vertice del G8 previsto per metà luglio a San Pietroburgo, tutti i negozi della città russa debbano togliere i listini dei propri prezzi fissati in dollari per sostituirli con indicazioni in rubli.

Con il secondo, un progetto di legge approvato dalla stessa Duma e spinto in particolare da Vladimir Zhirinovsky (384 voti a favore e 1 solo astenuto), si è stabilito che qualsiasi deputato decida di utilizzare la parola “dollari” in Parlamento venga immediatamente multato.
Queste disposizioni, che hanno suscitato le ire dei residui oligarchi russi(1), confermano la strategia sempre più chiara intrapresa negli ultimi anni da Vladimir Putin, cioè quella di far comprendere a Stati Uniti ed Unione Europea che la Russia intende recuperare il suo status di grande potenza.
Non si spiegherebbero altrimenti né le manovre dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (OCS), volte ad espellere le truppe di Washington dall’Asia centrale, né la corsa verso il riarmo nucleare da parte degli apparati militari di Mosca.

L’OCS, in particolare, che già può contare sulla stretta cooperazione tra russi e cinesi e ha ora proposto a Iran e India l’ingresso, può presto diventare il nuovo strumento di sicurezza per un mondo multipolare, non più governato dall’arroganza della Casa Bianca e delle sue lobbies di potere.

In Europa solo alcune singole personalità hanno compreso l’importanza di avere un rapporto strategico con la Russia, che rimane il maggiore e più affidabile rifornitore energetico per il Vecchio Continente, soprattutto ora che Mosca ha stretto rapporti di cooperazione anche con l’Algeria (che con la Libia rappresenta la sola alternativa per l’Italia riguardo l’importazione di petrolio e gas naturale.

Vedremo se qualcuno farà rilevare agli eurocrati di Bruxelles che continuare a sostenere la strategia atlantista di accerchiamento, mediante “rivoluzioni colorate” nei paesi dell’ex Unione Sovietica, rappresenta il suicidio politico dell’Unione Europea.



Note
1) “Dollar is a dirty word for the Duma”, The Moscow Times, 25 may 2006, p. 3.