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I Vegetariani nelle tradizioni spirituali

di Claudio Lanzi - 18/03/2011


altEcco un libro interessante, che si fa strada tra le tante banalità “alimentari” che si scrivono sul vegetarianesimo. E’ interessante perché la prospettiva con cui viene affrontato il tema è squisitamente spirituale. Con parole semplici ma efficaci p. Guidalberto transita dalle tradizioni arcaiche occidentali a quelle orientali, dagli stoici ai pitagorici, agli egizi agli indiani. Il testo si fa particolarmente interessante quando presenta una quantità incredibile di Padri della Chiesa che raccomandano con vigore la dieta vegetariana, distinguendo in modo assai efficace l’automortificazione gratuita dall’ascesi, praticata in modo razionalmente coerente e utilissima per la valorizzazione dello spirito. Dice Bormolini: “Il vegetarianesimo, in vista della vita spirituale, non è grigia mortificazione ma un entusiasmante mezzo per riconoscere il proprio corpo come tempio dello spirito, attraverso il quale favorire la meditazione e l’incontro con l’infinito”. Ovviamente il testo parla anche dell’utilità pratica nel mantenere il corpo in salute, usufruendo delle sostanze messe a disposizione dalla natura.
Particolarmente significative sono le citazioni estratte dai Padri dell’esichia, nei quali troviamo numerosissimi paralleli con i pitagorici e le scuole da essi derivate. Ci è particolarmente piaciuta una citazione di Basilio di Poiana, monaco moldavo del XVI secolo, densa di significati metastorici e teologici: “I cibi carnei dei vecchi monaci non erano volontà di Dio ma un abbassamento. Se i monaci cercano l’antico ordine, e non quello di Noè, devono volere i cibi che Dio ha dato ad Adamo nel paradiso e non quelli di Noè dopo il diluvio”. E’ un libro da leggere, non per diventare necessariamente vegetariani, ma per comprendere quanto l’elemento animale possa turbare un corretto cammino spirituale e come uno squilibrato rapporto con il cibo non sia affatto secondario rispetto ad altri fattori di distrazione dell’anima.