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Il numero come armonia

di Eduardo Zarelli - 18/03/2011


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Appare impresa impossibile, quella di ricostruire nella sua completezza la metafisica pitagorica del numero: inevitabilmente molti dettagli delle dottrine pitagoriche risultano per noi oscuri ed incomprensibili, data anche la parzialità delle informazioni a noi accessibili. Gli storici della filosofia meritano perciò tutte le attenuanti del caso, quando dichiarano apertamente i loro limiti a proposito del Pitagorismo. Proviamo a inoltrarci quindi con umiltà alla cerca del significato profondo del numero nella prospettiva cosmocentrica e animata di Pitagora, sicuri che nell’antico si possa scovare un rapporto non scontato con il superamento qualitativo del moderno.

I "numeri" come principi e l'integrazione degli opposti
Alcmeone di Crotone, medico e filosofo, è uno dei Pitagorici più antichi, essendo allievo diretto di Pitagora quando il caposcuola era in età avanzata. Filolao, probabilmente originario di Taranto, contemporaneo di Socrate, scampato alle persecuzioni antipitagoriche nel meridione italico, rifonda a Tebe un circolo pitagorico di notevole importanza. Le testimonianze ed i frammenti che li riguardano, sono documenti significativi per la comprensione delle dottrine della Scuola; essi ricollegano i "Numeri" alla dottrina cosmologica degli Opposti, mostrando così che anche i Pitagorici aderiscono, per l'essenziale, a tale cosmogonia tradizionale , che quindi non può essere un'invenzione pitagorica. Lo stesso Aristotele, di cui si conosce l'avversione nei confronti di Alcmeone, insinuando che il suo insegnamento non fosse rigoroso e in linea con la scuola, è costretto ad un'importante ammissione: «Questo solo dunque troviamo di comune in lui e in quelli [gli altri Pitagorici]: che i contrari sono i principi delle cose» (Metafisica, libro I, 986 b, cfr. 1-4). Da varie testimonianze, sappiamo anche che, in ultima analisi, tali contrari possono esser ridotti a due soli e costituiscono la struttura di qualsiasi evento, ed anche per questo  «la maggior parte delle cose umane sono dualità» (Alcmeone, framm. 1 bis).
Tale riduzione dei contrari a due, è perfettamente compatibile con la tavola delle opposizioni che Aristotele, attribuisce ai Pitagorici; ed anzi, permette di chiarire un aspetto fondamentale del simbolismo dei Numeri, dato che anche la varietà dei Numeri viene ridotta a due, e quindi all'opposizione tra Dispari e Pari, la quale attraversa tutta la serie numerica.
Per oltrepassare tale incomprensione, occorre preventivamente distinguere due versanti della Matematica pitagorica, quello "quantitativo" e quello "qualitativo-simbolico". In genere, i Pitagorici vengono ricordati per gli studi sulla Matematica quantitativa, che è poi l'unica conosciuta nell'Occidente moderno e applicata nelle varie scienze. Per questo motivo, i Pitagorici vengono spesso elogiati (erroneamente) quali precursori di Galilei e della scienza moderna, dato che questa privilegia il linguaggio matematico-quantitativo. In realtà, per i Pitagorici era molto più importante l'aspetto qualitativo-simbolico, in cui i Numeri non indicano quantità o rapporti di tipo quantitativo, bensì raffigurano simbolicamente contenuti cosmologici e metafisici di tipo qualitativo, come tali irriducibili alla mera quantità.
Non a caso, innumerevoli testimonianze ricordano che Pitagora era solito privilegiare il linguaggio dei simboli: l'incomprensione razionalista delle dottrine pitagoriche nasce anche dall’approccio testardamente letteralistico, tale per cui, cercando di capirne qualcosa, assegna alla terminologia pitagorica dei significati estremamente riduttivi e unilaterali, che portano fuori strada nella misura in cui essi vengono assolutizzati per escludere di fatto dimensioni più profonde e più ampie di significati, che sole qualificano la tradizione pitagorica.
L'opposizione tra Pari e Dispari, cui abbiamo sopra accennato, si inscrive nel contesto della Matematica qualitativa o simbolica: tutti i Numeri (eccetto l'Uno, per motivi che diremo), sono Pari o Dispari:  «Il numero ha due specie sue proprie, il dispari e il pari», ripete Filolao (framm. 5).
L'opposizione Pari-Dispari è la madre di tutte le opposizioni che si danno nel campo dei Numeri. Ma anche l'intera vita cosmica è contrassegnata dai contrasti tra forze contrarie: «limite-illimitato» (Filolao, v. Framm. l e 2), «umido-secco, freddo-caldo, amaro-dolce e così via» (Alcmeone, Framm. 4). Così come avviene nel campo dei numeri, anche le variegate opposizioni cosmologiche possono essere ricondotte ad una Opposizione principiale, matrice di tutte le altre, che possono esser indicate con nomi diversi, come si può ricavare dalle esemplificazioni di Alcmeone e di Aristotele stesso.
Ciò che più importa, è che un unico filo conduttore attraversa e unifica tutte le qualità cosmologiche indicate come: luminose, diurne, maschili, calde, solari, tendenti alla forma (limite) e alla quiete (centripete). Lo stesso dicasi per le qualità contrarie: oscure, notturne, femminili, fredde, lunari, tendenti all'informale (illimite) e al moto espansivo (centrifughe). Perciò dice bene Filolao: «Dell'una e dell'altra ci sono molte forme, che ciascuna col suo proprio essere esprime» (Framm. 5).
In definitiva, la molteplicità degli eventi cosmici porta il contrassegno di due qualità energetiche essenziali e opposte: questa estrema sintesi viene condensata nei Simboli numerici fondamentali, vale a dire il Dispari (che secondo i Pitagorici rappresenta le energie solari, maschili etc.) e il Pari (che rappresenta le potenze lunari, femminili, notturne etc.).
In questo senso, Dispari e Pari e tutti i Numeri che ne sortiscono, sono i Principi di tutte le cose (poiché tutte le cose, quindi l'intera realtà manifesta, sono costituite da una certa integrazione tra forze avverse che in ultima analisi, seguendo il filo delle affinità analogiche, vanno riferite al simbolismo del Dispari e del Pari, e dei Numeri che ne conseguono.
A seguire certe testimonianze, tali forze vengono indicate anche come «bene» e «male»: ciò è accettabile solo a patto di non dare a tale espressione un significato moralistico e assolutizzante che sarebbe del tutto fuorviante. Infatti, se i termini «bene» e «male» avessero un tale significato, si sarebbe tentati di voler scacciare il Male in nome del Bene: in realtà tale linguaggio, nel contesto della dottrina tradizionale di cui stiamo dicendo, comporta un significato del tutto "neutrale", distante dall'opinione comune.
Infatti il Cosmo, che per i Pitagorici è Ordine e Bellezza, non risulta dall'emarginazione della forza "negativa" da parte di quella "positiva", come si potrebbe ingenuamente supporre, bensì proprio dalla loro integrazione: «La natura cosmica risulta dall'accordo di Limite e Illimite», ricorda Filolao (Framm. l), che così continua: «[...] poiché i principi erano essenzialmente dissimili e disomogenei, sarebbe stato impossibile creare con essi un cosmo, se non fosse intervenuta armonia" (Framm. 6). L'Armonia cosmica, precisa l'autorevole esponente del Pitagorismo, non può che nascere necessariamente13 da un certo equilibrio tra i contrari, non dall'impossibile espulsione di uno dei due: «[...] perché Armonia è unificazione di plurimescolati elementi e consenso di dissenzienti» (Framm. 10). Quindi tutte le energie cosmiche e gli enti che ne derivano, benché considerati benefici o malefici secondo i diversi punti di vista, concorrono in qualche modo all'equilibrio del Tutto e a tal fine parimenti necessari, tant'è vero che «tutte le cose sono state racchiuse dal divino come in una custodia» (Framm. 15): questa suggestiva immagine di Filolao, mettendo in evidenza che il divino stesso è scrupoloso custode delle cose tutte, e non solo di alcune, rafforza una volta di più il quadro cosmologico sopra presentato.
Questi orientamenti di fondo, ampiamente diffusi nell'antichità e nel medio evo, costituiscono tra l'altro il retroterra di diverse scienze tradizionali occidentali ed orientali. Di qui anche le particolari applicazioni in medicina, ad opera per esempio di Alcmeone, per il quale «ciò che mantiene la salute è l'equilibrio delle potenze: umido-secco, freddo-caldo, amaro-dolce e così via; invece il predominio d'una di esse genera malattia, perché micidiale è il predominio d'un opposto sull'altro [...]. Invece la salute è la mescolanza proporzionata delle qualità» (Framm. 4).
Ovviamente, compito del medico pitagorico sarà quello di individuare gli squilibri sopra esemplificati, e di favorire il ritorno all'equilibrio salutare, togliendo le energie in eccesso e potenziando quelle in difetto, secondo uno schema operativo che avrà ampio seguito in tutte le tradizioni premoderne.

Oltre la dualità
Diversi autori contemporanei, sulla base di una confusa percezione della dottrina degli opposti, hanno ricavato la conclusione che quindi la filosofia pitagorica è dualista. Tale errata valutazione, per coerenza nell'errare, dovrebbe essere allora applicata a quasi tutte le filosofie premoderne, in cui è di norma presente una dottrina cosmologica degli opposti. Ma, appunto, tale dottrina "dualistica" riguarda solo la cosmologia, e non l'intera filosofia pitagorica: l'errore degli autori in questione consiste nello scambiare la parte cosmologica della filosofia pitagorica con l'intera filosofia, che invece è ben direzionata verso il superamento della "dualità", cioè verso una Metafisica della non-dualità (questa risulta essere la dizione più corretta, per esprimere nella sua essenzialità la visione pitagorica).
Infatti, e ben vero che «quasi tutte le cose umane sono dualità», come ben recita un detto di Alcmeone. In effetti, la vita umana ordinaria (non solo umana) sembra confinata nella dualità dovuta a vario titolo alle forze opposte e limitative che qualificano l'intera esistenza cosmica. Tuttavia tali forze, simbolizzate dal Tre e dal Due, cioè dal primo numero dispari e pari, non sono principi assoluti, ma solo "cosmologici": in altre parole, non esauriscono il reale in modo assoluto ma sono compresi, cioè ospitati, in una dimensione ulteriore e più ampia, che nel simbolismo pitagorico prende il nome di Uno, il quale quindi è al di là di tutte le opposizioni dualistiche, e proprio per questo simbolizza la dimensione assoluta e onnicomprensiva della Non-Dualità. Infatti le forze cosmiche del Dispari (o del Tre) non possono essere principi assoluti, proprio perché si contendono il reale con le potenze avversarie del Pari (o del Due), che sono parimenti necessarie ed incancellabili; invece l'Uno, trascendendo ed includendo tutte le opposizioni, non può avere oppositori e a nulla si oppone; corrisponde perciò al Divino, ricordato da Filolao, che nel suo illimitato e premuroso custodire si prende cura di tutte le cose senza eccezione, senza rifiutare alcuna.
Che la dimensione quantitativa, dissipativa e sproporzionata del pragmatismo contemporaneo debba superarsi proprio nell’appropriatezza e nelle misure cosmico naturali pitagoriche, per un nuovo fondamento culturale del nostro vivere e dimorare?