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Il mercato nero dell’oro nero

di Naoki Tomasini - 05/06/2006

Stato di emergenza a Bassora per contrastare anarchia e traffici di petrolio
Mercoledì il premier iracheno Al Maliki si è recato nella provincia meridionale di Bassora nel tentativo di riportare la città sotto il controllo del governo di Baghdad. Maliki ha imposto lo stato di emergenza per un mese e ha annunciato che userà il pugno di ferro per contrastare il fenomeno delle squadre della morte, dei contrabbandieri di petrolio e, in generale, dell’infiltrazione delle varie milizie sciite nella polizia locale. Nel frattempo, per evitare che la situazione della sicurezza nel sud del Paese precipiti definitivamente, il comando Usa ha deciso di trasferire in Iraq 1500 militari riservisti di stanza in Kuwait.
 
Oil gangs. Maliki sa che le cosiddette “oil gangs” sono composte da quelle stesse milizie - legate ai partiti sciiti al governo ma anche alle formazioni religiose locali, come le milizie Badr o l’esercito del Mahdi - che controllano ufficiosamente il sud del paese. E sa anche che questi legami sono la ragione per cui la polizia non è in grado di contrastare i loro traffici. L’esistenza di una consistente rete di contrabbandieri di petrolio è venuta alla luce al termine di un’inchiesta condotta da ex generali statunitensi che, a fine aprile, scrivevano nel loro rapporto: “I miliziani sciiti dedicano più tempo ai traffici di petrolio che a combattere”. I generali hanno scoperto che la maggior parte degli ufficiali della sicurezza locale integrano gli stipendi e le attrezzature proprio grazie al contrabbando di petrolio. Una rete che controlla il mercato nero dell’oro nero, dagli oleodotti nel sud del Paese fino agli acquirenti oltre confine: in Iran, Siria, Giordania, Kuwait e Arabia Saudita. Un traffico enorme che riguarda il 20-30 percento della produzione totale dell’Iraq. Secondo i generali, infine, il commercio clandestino del petrolio, pur essendo in mani sciite, è legato a doppio filo con le forniture di armi destinate all’insorgenza sunnita, come a indicare una convergenza sottobanco tra gli interessi delle fazioni in lotta. “Questa tratta a doppio senso – scrivevano ad aprile, nelle conclusioni dell’inchiesta – sarà la peggiore delle minacce per le truppe Usa a partire dall’estate del 2006”.
 
Bassora, tra Baghdad e Teheran. A Bassora è in corso un conflitto tra le milizie locali e il nuovo governo di Maliki, che pur essendo sciita non pare intenzionato a seguire le orme del predecessore, Al Jaafari, che aveva consegnato il ministero dell’Interno a Bayan Jabr: uomo legato alle milizie del Badr e all’Iran. Maliki è riuscito a rimuovere Jabr dall’Interno, ma ha dovuto assumere l’interim del dicastero in mancanza di un accordo sul suo sostituto. Recentemente anche una fazione sciita minore, il partito Fadhila, ha iniziato un braccio di ferro con il governo centrale minacciando di bloccare le esportazioni petrolifere di Bassora se l’Alleanza Irachena Unita (Aui) non affiderà a loro il ministero del Petrolio, oggi nelle mani del politico indipendente Al Shahristani. “Fadhila ha il controllo della città. Chi la controlla possiede le riserve petrolifere – ha spiegato un esponente del Fadhila – Bassora è la città più ricca del mondo e ha una posizione strategica, perché dovremmo rinunciarvi?”. Bassora è la città da cui proviene la gran parte delle attuali esportazioni petrolifere, pari a un milione e mezzo di barili al giorno. La visita e le minacce di al Maliki mostrano che il controllo del sud è un elemento chiave della strategia, sia per il governo che per le milizie sciite. Mentre a Baghdad i politici sciiti tentano di far passare un governo regionale al sud (simile a quanto fatto nel kurdistan iracheno con l’aggiunta della città petrolifera di Kirkuk) le milizie sciite del Badr e del Mahdi hanno ormai creato un governo di fatto nell’area. A Bassora e dintorni, le squadre della morte infiltrate nella polizia uccidono e corrompono indisturbate, e nel frattempo cercano di imporre alla popolazione la legge islamica: i negozi di alcolici sono stati banditi, le donne sono quasi tutte velate, i negozi di musica sono stati rimpiazzati da rivendite di registrazioni coraniche. Pare che siano stati banditi anche i giochi come gli scacchi e il backgammon. Nelle dichiarazioni ufficiali dei politici sciiti l’intenzione sarebbe quella di creare un'autonomia politico-economica sciita al sud, senza con ciò negare il legame col governo di Baghdad. Ma l’influenza del vicino Iran è forte e tutt’altro che discreta. Gli ufficiali britannici di stanza nell’area sono convinti che le milizie sciite siano sostenute dall’intelligence iraniana, che fornisce loro armi e addestramento. Un legame che fino a qualche mese fa passava anche per le mani dell’ex ministro dell’Interno Jabr, responsabile dell’infiltrazione massiccia delle milizie nella polizia locale. “Jabr stava tentando di rafforzare la presenza iraniana nei gangli del potere – ha dichiarato Rob Yuill, un ufficiale britannico -, probabilmente con lo scopo di creare uno stato separato, quasi iraniano, in Iraq”. Ipotesi che viene confermata anche dal capo del Consiglio di Bassora Furat al Shara, secondo cui “la via per la pace a Bassora è semplice: accettare che ci sarà un governo islamista vicino alla teocrazia iraniana, del tutto diverso da una democrazia occidentale”.
 
Pescatori contrabbandieri. La provincia di Bassora è l’unico sbocco sul mare dell’Iraq e attraverso i suoi porti passa gran parte del petrolio che viene contrabbandato all’estero, verso Iran, Kuwait e Arabia Saudita. Gran parte di questo traffico avviene per opera dei pescatori locali, che si stanno gettando in massa in questa lucrosa attività, con cui riescono a ovviare alla povertà diffusa. A Bassora, chiunque possieda un battello o una licenza di pesca riceve dallo stato dei contributi per il carburante, che pagano circa cento dollari alla tonnellata (mezzo centesimo di dollaro al litro) rispetto ai settecento dollari, che è il normale prezzo di importazione. I pescatori rivendono carburante sottocosto, prevalentemente alle navi cargo iraniane, guadagnando 4/500 dollari a tonnellata, un affare che alla lunga minaccia di distruggere l’economia locale. Mutasam Akram, ministro del petrolio uscente, ha dichiarato che questo tipo di contrabbando, insieme agli attacchi contro gli oleodotti, nel 2004 è costato allo stato una cifra tra i cinque e i sette miliardi di dollari. Secondo alcune inchieste in questi traffici sono coinvolti anche i proprietari delle stazioni di rifornimento, oltre a elementi delle forze di sicurezza e funzionari del ministero del Petrolio. Ma questi traffici sono favoriti soprattutto dalla povertà della popolazione e dal clima di illegalità diffusa. Uno dei capi della polizia di Bassora, Abdul Hadi Abdullah, ha dichiarato di essere stato minacciato dalle famiglie dei pescatori che aveva arrestato per contrabbando, mentre il maggiore Ahmed Assan, della guardia costiera irachena, ha confessato di non essere in grado di contrastare i pescatori contrabbandieri per mancanza di uomini, e soprattutto, di benzina per le motovedette.