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Se bastasse una sola giornata celebrativa per risolvere i problemi dell'acqua...

di Gianfranco Bologna - 25/03/2011


 

Ogni anno il 22 marzo si celebra la giornata mondiale dell'acqua. Dovremmo tutti riflettere molto a fondo e non certo per un solo giorno l'anno, sul modo errato con il quale gestiamo un bene così prezioso e fondamentale per la nostra stessa esistenza e per l'intera presenza del fenomeno vita sulla Terra. I cicli idrici del nostro pianeta sono sempre più a rischio e gli studiosi dell'Earth System Science li stanno studiando ed analizzando nelle loro straordinarie interconnessioni con le varie sfere presenti sulla Terra, idrosfera, pedosfera, atmosfera, biosfera e antroposfera. Da vari anni vi hanno dedicato un intero programma di ricerca internazionale, il Global Water System Project (vedasi il sito www.gwsp.org). Proprio nel secondo Preparatory Meeting  (che ha avuto luogo a New York presso l'ONU ai primi di marzo) della grande conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che avrà luogo a Rio de Janeiro nel 2012, venti anni dopo il famoso Earth Summit (che ebbe luogo sempre a Rio nel 1992), alcuni noti scienziati dell'Earth System Science Partnership (vedasi www.essp.org) hanno dedicato una sessione collaterale della riunione al tema "Planetary Boundaries and the urgent need for societal transformation", dove, nuovamente, studiosi del calibro di Sybil Seitzinger, direttrice esecutiva dell'International Geosphere Biosphere Programme (IGBP) ha illustrato i limiti planetari che l'umanità non deve sorpassare (ricerche che ho più volte illustrato in questa rubrica) toccando ovviamente anche il tema dell'uso dell'acqua e del mantenimento dei cicli idrici. Una gestione insostenibile che dura ormai da decenni sta determinando una preoccupante situazione di  scarsità idrica e di sconvolgimenti degli ecosistemi di acqua dolce che stanno raggiungendo soglie critiche in molte regioni.

Come ci ricordano i "Global Environment Outlook" del Programma Ambiente dell'ONU (United Nations Environment Programme vedasi www.unep.org ) circa 900 milioni di esseri umani non hanno accesso ad acqua potabile sicura e circa 2,6 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base. Inoltre il 12% della popolazione mondiale consuma l'85% dell'acqua disponibile.

Globalmente gli esseri umani si appropriano di oltre il 50% di tutta l'acqua dolce rinnovabile e accessibile a disposizione sul pianeta, e nonostante ciò a miliardi di individui mancano ancora la maggior parte dei servizi idrici di base.

Come ricorda Lester Brown nel suo bel libro "Piano B 4.0. Mobilitarsi per salvare la civiltà" (Edizioni Ambiente) gli individui che vivono nei paesi benestanti si bevono diversi litri di acqua al giorno, direttamente oppure nel caffè, nei succhi, nelle bibite, nei vini e in altre bevande. In realtà sono necessari circa 2.000 litri per produrre il cibo che consumiamo quotidianamente, 500 volte dell'acqua che beviamo. È come se "mangiassimo" mediamente 2.000 litri d'acqua al giorno.

Ogni bene, alimentare e non da noi prodotto ed utilizzato, necessita infatti dell'impiego di una certa quantità d'acqua,  dall'irrigazione dei prodotti vegetali in agricoltura, agli abbeveraggi dei capi di bestiame, dai cicli di produzione o di trasformazione ai sistemi di lavaggio dei prodotti finiti.  Ad esempio, come ci ricorda il Global Water Footprint Network (www.waterfooprint.org) che promuove, diffonde e approfondisce il concetto, il metodo e la pratica dell'impronta idrica, facendo un calcolo di quanto acqua serva per produrre un hamburger di 150 grammi tenendo conto di tutto il ciclo che ci consente di avere poi a disposizione l'hamburger stesso scopriamo che sono necessari 2.400  litri di acqua.

Cambiamenti globali e climatici e sbagliata gestione del suolo costituiscono un mix perverso per i cicli idrici. L'erosione dei suoli inizialmente riduce la produttività, e successivamente, oltrepassato un certo punto, porta all'abbandono dei terreni agricoli. Entrambi questi effetti stanno minando la sicurezza alimentare mondiale. La combinazione della crescita demografica e dell'erosione dei suoli ha portato molte nazioni, un tempo autosufficienti, a diventare pesantemente dipendenti dalle importazioni di cereali.

Il livello delle falde acquifere è in discesa in quasi tutte le nazioni che utilizzano acque sotterranee nell'irrigazione. In molti di questi paesi, quando gli acquiferi si esauriscono e i pozzi si prosciugano, la perdita dell'acqua per usi irrigui conduce inesorabilmente alla fame. Il fenomeno dell'overpumping, lo sfruttamento che eccede la capacità naturale di ricarica della falda, rappresenta un classico caso di "sorpasso ecologico" e conseguente collasso. È un modo di soddisfare le attuali necessità alimentari che comporterà un crollo sicuro della produzione futura, quando le falde saranno esaurite. In effetti, ricorda Lester Brown, abbiamo creato una "bolla economica alimentare". Sia l'erosione dei suoli che l'esaurimento delle falde acquifere riflettono l'enfasi sui consumi attuali a spese delle generazioni future.

Anche nel nostro paese abbiamo una gestione non corretta della risorsa idrica. L'Istat in un'apposita nota realizzata apposta per la giornata mondiale dell'acqua rileva che in Italia nel 2008 il prelievo dell'acqua a uso potabile ammontava a 9,1 miliardi di metri cubi , l'1,7% in più rispetto al 2005 e il 2,6% in più rispetto al 1999. Sono stati erogati una media 92,5 metri cubi di acqua potabile annui per abitante con un incremento dell'1,2% negli ultimi dieci anni. In realtà i dati dell'erogazione sono molto differenti da Regione in Regione e si passa dai 127,4 metri cubi per ogni abitante della Provincia Autonoma di Trento ai 63,5 metri cubi per ogni cittadino pugliese.

Nel 2008 il 32,2% dell'acqua prelevata è stata sottoposta a trattamenti di potabilizzazione.  Ciò nonostante,  secondo l'Istat, nel 2009 il 63,4% delle famiglie italiane ha acquistato acqua minerale, percentuale che risulta in calo rispetto agli anni precedenti (67,6% nel 2000, 64,2% nel 2008). La distribuzione territoriale è piuttosto uniforme: si passa dal 65,2% di famiglie del Mezzogiorno, al 62,5% di quelle del Nord e al 62,8% di quelle del Centro. La spesa media delle famiglie per l'acquisto di acqua minerale è pari a 19,71 euro mensili e, anche in questo caso, mostra un'alta omogeneità territoriale: si passa, infatti, da un massimo di 20,34 euro nel Nord a un minimo di 18,75 nel Mezzogiorno.

Come ricorda il Wwf, secondo il Comitato per la Vigilanza sull'Uso delle Risorse Idriche, istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, gli acquedotti italiani hanno una perdita pari complessivamente al 30% dell'acqua immessa, cioè pari a circa 2,61 miliardi metri cubi sui 8,72 miliardi di metri cubi immessi nella rete idrica. Una perdita questa che percentualmente aumenta soprattutto al Sud dove in alcuni casi le perdite addirittura superano il 50%. Se si considera che portare l'acqua da una falda ad un acquedotto costa,  anche in termini energetici per l'uso delle pompe, stando alle stime di Federutility  con l'acqua persa dagli acquedotti in Italia ogni anno si buttano letteralmente via anche 226 milioni di euro.

L'acqua è un bene straordinariamente prezioso e di grande valore. L'attenzione attorno al tema della privatizzazione dell'acqua, oggetto dell'importante referendum di giugno deve costituire anche l'occasione per riflettere a fondo ed agire concretamente per la massima cura da attribuire ad un bene così fondamentale per la vita di tutti noi.