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La decrescita sulle orme di Tiziano Terzani

di Gloria Germani - 26/03/2011


(Ovvero come svalutare il mito del progresso
e l’impero dell’economia sulla nostra vita)1

Le Cattedrali del nostro tempo sono i centri commerciali. Sono le Chiese del credo
moderno.
I migliori architetti, le più grandi risorse economiche, le maggiori energie lavorative, i più
brillanti menti “creative” dei pubblicitari sono convogliate in queste enormi edifici che si
innalzano la dove poche anni prima c’erano solo umili campi. Imprigionati nelle nostre
macchinette che camminano a petrolio, siamo inesorabilmente sospinti verso queste
cattedrali.
In una regione governata ininterrottamente dal centro-sinistra da 50 anni, la Toscana, ho
visto con i miei occhi verificarsi matematicamente questa equazione: ad ogni apertura di
un centro commerciale Coop, l’amministrazione locale ha modificato la viabilità e prima o
poi le grandi arterie stradali ci hanno condotto davanti alle Coop. L’ho visto succedere
vicino a dove abito:a San Casciano, a Tavarnelle, a Venturina, a Firenze dove la famosa
tranvia si ferma davanti al centro commerciale e non davanti all’Ospedale! L’ho visto ad
Empoli dove l’uscita della superstrada è stata spostata ed allontanata dal centro storico e
alle sue chiese, per passare davanti al nuovo ipermercato Coop.
Niente di più normale. E a Nord? Con le amministrazioni di centro destra? Esattamente la
stessa cosa, con la solo differenza che il marchio Coop è magari sostituito da altri gruppi.
Più consumi. Più crescita. Più Pil. Più benessere per tutti. E questo l’assioma del nostro
credo moderno che, dopo la caduta degli esperimenti comunisti, è diventato il Monoteismo
del mondo, la monocultura del villaggio globale.
Ogni povero cristo ormai pensa che se può comprare l’ultimo modello di telefonino, abiti
alla moda ogni anno, se va il palestra e dall’estetista, se magari va in vacanza alle
Maldive, sarà più felice. Spende, acquista, è felice.
Milioni di persone lavorano a più non posso per comprare cose, per la maggior parte
superflue e senza senso, che milioni di persone si affannano spasmodicamente a
produrre.
Per quanto ancora ostico per molti, le nostre categorie politiche, Destra e Sinistra, sono
solo due varianti di una medesima visione del mondo che plasma i paesi occidentali da
almeno 250 anni: lo sviluppo materiale ed economico come base del benessere e della
felicità, collettiva e individuale.2
1 Gloria Germani è filosofa, autrice del saggio Tiziano Terzani : la rivoluzione dentro di noi. Milano, Longanesi 2008 e
di Teresa di Calcutta, una mistica tra Oriente e Occidente, Milano, Paoline, 2003 con Prefazione di Tiziano Terzani.
2 Come afferma molto incisivamente M. Pallante,”Senza il contributo della Sinistra la spinta verso il nuovo non avrebbe
avuto la stessa forza, l’identificazione di cambiamento con migloramento e di vecchio con sorpassato non sarebbero
diventate ovvietà che non necessita di verifica… La sinistra ha contribuito ad introdurre nel patrimonio genetico delle
classi subalterne il sistema di valori su cui si fonda il meccanismo della crescita economica”(La Decrescita Felice,
p.81) .
2
Siamo talmente immersi in questa monovisione che ci risulta ovvia ed indiscutibile. In altre
parole, crediamo così intensamente a questa determinata visione della realtà , che non ne
siamo affatto consapevoli.
Occorre una buona dose di distanza per metterla in questione. Tiziano Terzani che aveva
vissuto 30 anni in Asia, lontano dall’Occidente, aveva la lucidità per scrivere: «Anni di
sfrenato materialismo, hanno ridotto e marginalizzato il ruolo della morale nel vita della
gente, facendo di valori come il denaro, il successo e il tornaconto personale, l’unico metro
di giudizio»:” Tutto il mondo funziona ormai così: il mercato è tutto quello che conta, la sola
moralità è quella del profitto e ognuno arranca come può per sopravvivere in questa
giungla”.
E ancora più radicalmente, nel suo ultimo testamento spirituale, sosteneva:”La grande
battaglia del futuro sarà la battaglia contro l’economia che domina le nostre vite”; “Perché
c’è da riflettere:cos’è questa civiltà moderna? E’ la ragione diventata matta, diventata
matta per colpa dell’economia. L’economia è diventata il criterio principale di tutto, non ci
sono altri valori”3
Il Dio Denaro
Terzani ci ha lasciato il 28 luglio del 2004, troppo presto per vedere l’espandersi dei
movimenti per la decrescita, il diffondersi degli indicatori di benessere diversi dal PIL, gli
esisti delle guerre in Medio Oriente. Le sue profonde intuizioni rimangono in ogni caso
veramente profetiche e rappresentano la necessaria premessa di queste mie
considerazioni.4 In questi ultimi 6 anni, abbiamo visto infatti una debacle della politica
nazionale guidata dalla maggioranza di centrodestra, mentre il senso stesso della
giustizia è stato spesso brutalmente asservito ai grandi interessi economici. Franco
Battiato, un altro personaggio di frontiera-, è riuscito a afferrare il nocciolo del problema
e cantava :” Cosa possono le leggi dove regna solo il dio denaro?”5
Oggi occorre svegliarsi e porsi la domanda:perché è avvenuto questo? Perché l’economia
e il dio denaro sono diventati il nostro dio e la nostra fede? Perché l’economia e la
crescita sono diventati quel assioma indiscusso per cui sono passate in retroguardia
tutte le altre sfere della nostra vita? L’etica, l’educazione dei figli, il rapporto disinteressato
con le persone, il rapporto con la nostra morte, il rapporto con la Natura?
Poniamoci il problema. Se solo facciamo un piccolo sforzo di memoria, ciascuno di noi
ricorderà un nonno, una nonna, un parente, che ragionavano con tutt’altre idee: sprecare,
buttare via era un peccato, ogni più piccola cosa era conservata e riciclata in casa, la
moderazione era una virtù insieme a quel senso del dovere, di rettitudine, di onestà, che
ciascuno doveva incarnare per essere a sua volta un esempio per gli altri. Negli ultimi
40/50 anni la maniera di pensare è cambiata con una velocità vorticosa sotto il vessillo
della modernità e del motto:”. Avanti, avanti, dobbiamo andare avanti!”
La modernità è progresso, per cui ogni cosa moderna è stata vista come positiva. Ogni
cosa nuova, ogni marchingegno tecnologico è stato visto come un inequivocabile segno
della nostra evoluzione.
Questo paradigma culturale moderno, o più in generale, la nostra attuale maniera di
pensare, affonda senz’altro le sue radici 300 anni fa, in quel possente movimento di
pensiero che a partire da Galileo, Newton, Cartesio ha dato poi origine a quella che
Terzani chiama l “autostrada del sapere scientifico”, così come sostengono, da varie
angolature, Fritz Schumacher, Fritjof Capra, Latouche, Pallante e molti altri.
3 Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, p.118; Un altro giro di giostra, p.42; La Fine è il mio inizio, p. 400 e p 283.
4 Per i necessari approfondimenti , mi permetto di rimandare alla mia biografia intellettuale di Terzani: Tiziano terzani:
la rivoluzione dentro di noi, cit.
5 Franco Battiato, 2009, Inneres Auge.
3
L’idea di crescita e quella correlata di crescita economica sono infatti inseparabili
dall’idea di progresso e di sviluppo secondo un concetto lineare del tempo, e in ultima
analisi sono inseparabili dall’idea della linea evolutiva del progresso umano che culmina
nella Nostra Superiore Civiltà Occidentale Moderna.6
Tutta la cultura e la politica della seconda metà del Novecento sono state alimentate da
questo insieme di idee dominanti e - complice primaria l’informazione – le hanno profuse,
in ogni loro declinazione, a tutti gli strati della popolazione.
Dovremmo renderci conto, infatti, che le idee acquistano davvero potere - non quando
sono formulate intellettualmente, per esempio, da Kant, da Hegel, da Marx, da Darwin, o
da Keneys- ma quando, dopo varie generazioni, entrano a far parte di quella massa di
schematismi mentali con cui inconsciamente interpretiamo il mondo in cui viviamo.7
La crescita e lo sviluppo sono diventati senz’altro due dei nostri più potenti
schematismi insieme alla grande idea dell’Evoluzione Moderna. Ma quanto si fondano su
un’idea vera o piuttosto non sono nient’altro che un gigantesco mito?
La Pubblicità e la Seconda Nobile verità del Buddismo
La nostra idea di sviluppo è crescita, crescita, crescita.
Ma per alimentare questa continua crescita, il nostro sistema di vita deve creare dei
bisogni, ancor prima che dei prodotti. C’è bisogno di inventare prima dei desideri, e solo
allora si possono vendere dei prodotti. Ecco la ragione per cui la nostra economia
moderna è sempre legata al marketing, alla pubblicità. Il principio base del marketing è
infatti quello di indurre, creare un desiderio che prima non c’era.
Ma questa creazione del desiderio e del bisogno è l’antitesi della saggezza. Praticamente
tutte le tradizioni spirituali dell’umanità hanno sottolineato i pericoli insiti nel meccanismo
del desiderio che si riflettono nella bramosia, nell’avidità, nell’invidia.
In particolare, però, dovremmo renderci conto che il principio del marketing che regge
tutta la nostra economia e che vediamo espresso ovunque nella nostra vita quotidiana, è
l’esatto contrario della seconda Nobile Verità del Buddismo. Indurre un desiderio è
l’esatto contrario di quello che il Buddha 2.600 anni fa venne ad insegnarci.
Il giovane principe Siddhartha Gautama, dopo essersi sposato e aver avuto un figlio, una
notte lasciò in gran segreto il magnifico palazzo e il regno di suo padre e per molti anni si
dedicò all’ascetismo per sondare il mistero della vita umana: quello della malattia, la
vecchiaia, la morte. Alla fine di questa lunga e faticosa ricerca, seduto sotto l’albero Bo,
sperimentò l’illuminazione, tanto che da quel momento fu chiamato “il Risvegliato”: il
Buddha. Assorto in quella straordinaria esperienza comprese che ciò che aveva
sperimentato era difficilmente esprimibile in parole, ma alla fine offrì i suoi consigli come
un medico dello spirito. Fece quattro dichiarazioni che costituiscono il cuore della dottrina
buddista: le cosiddette Quattro Nobili Verità. La prima annuncia che <<Tutta la vita è
sofferenza>>, la seconda che << La causa della sofferenza è il desiderio>>; la terza che
<< E’possibile eliminare la sofferenza >>. La quarta infine concerne le maniere di vivere –
l’Ottuplice sentiero - attraverso cui è possibile estinguere quello stato mentale che è il
desiderio e quindi raggiungere la pace.8
6 Anche a questo proposito la pozione di Pallante è estremamente lucida.” Chi critica il valore della crescita economica
e l’ideologia progressista, rimette in discussioni le categorie concettuali su cui si fonda la modernità” (La Decrescita
Felice, p. 83)
7 Questo importante rilievo è stato fatto da Fritz Schumacher, Small is Beautiful, Economics as people mattered,
London 1973, p-90.
8 L’“ Ottuplice sentiero” raffigura le otto sfaccettature di un unico cammino che ovviamente riguarda anche l’aspetto
economico di ogni vita umana, il quale è indicato come “Il retto sostentamento” o “ I giusti mezzi di sussistenza”.
Inseparabile da questo c’è “ La retta condotta”. Queste sfaccettature, quella “economica” e quella” morale”, vanno
necessariamente insieme ad altri aspetti che noi occidentali siamo portati a considerare come appartenenti alla sfera
4
Secondo la Seconda Nobile Verità, è proprio il desiderio, la sete, la brama, questo
continuo tendere verso qualcosa che è fuori di noi, ciò che ci rende insoddisfatti e provoca
il nostro stato di sofferenza. Dobbiamo renderci conto di quanto la pubblicità e il
marketing che sono entrati così potentemente nella nostra vita appena 40 anni fa,
aumentano ed incrementano a dismisura la tendenza cercare fuori di noi la nostra
soddisfazione.
Il Buddha sosteneva che le attitudini mentali create dal desiderio e dalla bramosia,
destinate a perpetuarsi anche oltre la morte, non possono condurre alla felicità e l’essenza
del suo messaggio consiste nel dimostrare che né il nostro io, né le cose che consideriamo
esterne, hanno un’esistenza isolata, autonoma, indipendente. Così riusciva a scardinare
alla base il meccanismo psicologico del desiderio e quello del rapporto strumentale che
instauriamo tanto con le cose, tanto con le persone.
Il marketing, la pubblicità, “le scienze della comunicazione” ci bombardano invece con
sempre nuovi bisogni, sempre nuovi desideri; ci seducono con il meccanismo di provare
ogni giorno nuovi desideri, che, una volta soddisfatti, lasciano un vuoto incolmabile che
cerchiamo di arginare di nuovo con nuovi desideri. In questo meccanismo inesorabile, se
quelli che per i nostri padri erano dei lussi, sono diventati per noi necessità, cosa
diventeranno per i nostri nipoti?
Il marketing è una sorta di grande megafono che amplifica le nostre illusioni più puerili: ci
impone di essere giovani e la giovinezza passa, ci impone di essere belli e la bellezza
sfiorisce, ci impone di essere sensuali ma questa sovraesposizione dell’erotismo non fa
che svilire la sana attrazione. E’ un tipo nuovo di linguaggio, inventato non a caso dai
cosiddetti“ creativi”, fatto soprattutto di immagini sfavillanti e di palesi bugie a cui ci
siamo (tristemente) assuefatti e da cui ci lasciamo (infantilmente) cullare.
Si può quantificare che oggi nel mondo vengono spesi oltre 550 miliardi di dollari all’anno
in spese pubblicitarie. E’ una massa enorme di materiale visivo, auditivo - studiato in ogni
più piccolo dettaglio per asservirci a nuovi modelli, a nuove cose da possedere, a desideri
artificiali che nel corso di questi pochi anni si sono enormemente ingigantiti e, allo stesso
tempo, si sono spostati verso le pulsioni più basse.
Vi ricordate la famigliola per benino – gli Incontentabili - che alla fine degli anni 60, a
Carosello, istillava in noi il bisogno di cercare la lavatrice migliore?. O il pulcino nero che,
invece, era solo sporco, perché tutte le massaie non si accontentassero del solito sapone,
ma cercassero il detersivo industriale: Ava come Lava!? Sono immagini quasi innocenti
che appartengono alla preistoria.
Oggi, ogni oggetto lanciato sul mercato, dall’ automobile al caffè, è ammantato da un
richiamo sessuale sempre più marcato, perché nella visione moderna esclusivamente
materialista ed individualistica, l’unica cosa reale è il corpo e gli stimoli sessuali sono gli
impulsi fondamentali ( Freud o non Freud).
Giorna-lismo e il mito del progresso e della “civiltà superiore”
Oramai, non solo alla televisione, ma perfino sulle pagine dei più autorevoli quotidiani, è
scontato per noi doverci sorbire, accanto ad un articolo sulla mafia o sul surriscaldamento
globale, l’immagine ammiccante di una bellona con atteggiamenti da prostituta, perché
produce il 90% degli introiti della carta stampata. Alla fine cosa è più importante?
interiore ma che in Oriente formano sempre un tutt’uno:. “La retta visione”, “La retta aspirazione”, “La retta parola” e
infine “Il retto sforzo” “La retta concentrazione” e “La retta meditazione”.
5
Lo sanno bene i bambini che afferrano, senza ipocrisie, il messaggio: la cosa più
importante è la prostituta. C’è stato bisogno perfino di legge per vietare alle minorenni di
rifarsi chirurgicamente il seno, perché volevano assomigliare ad ogni costo a quel modello!
Accanto alla mole di per sé enorme della pubblicità, bisogna considerare però anche tutto
l’impatto del comparto dell’informazione e dei mass media ,che come dice lo stesso
nome, diffondono la visione del mondo moderna dominante, la Monovisione alle masse
planetarie. I giorna-listi hanno una fede “sperticata” nel nuovo, nel moderno e nel
progresso e dal momento che sono loro - e non più i preti o i saggi o i maestri – i grandi
interpreti del nostro mondo, effondono continuamente immagini dorate di nuovi modelli e
del nuovo che “irresistibilmente” avanza. In realtà, si tratta di un circolo vizioso: l’industria
prima produce nuovi desideri per poi vendere prodotti, i mass media registrano con
esaltazione la novità e a loro volta producono modelli che diventano essi stessi esempi
che la gente si sforza di emulare.
Noi siamo quel che pensiamo, siamo quel che l’immagine ci fa credere di dover essere.
Ormai ci stiamo omologando ad immagini e desideri artificiali con cui siamo bombardati
dal marketing, dalla pubblicità, dai mass media e dall’industria dello spettacolo. Quale
immagine dell’uomo, dell’antropos, ne risulta? E senz’altro un’ “antropologia fasulla” non
studiata, non valutata , ma potentissima. Essa non ha casa solo in Occidente ma è
esportata ovunque a livello planetario. Come dice, con il consueto acume, Arundhati Roy, il
modo di vivere moderno ed americano ha la sua più potente agenzia pubblicitaria
nientemeno che in Hollywood!9
Sinceramente, possiamo ancora credere che il nostro stato mentale sia naturale?
Possiamo credere che la fede diffusa nel nuovo come segno di progresso, nella crescita
economica illimitata, che caratterizzano oggi la mente umana a livello globale, siano frutto
della linea evolutiva naturale dell’uomo e non siano piuttosto il prodotto di un’idea
indotta?10
Oggi il mito del Progresso, dell’evoluzione umana secondo la linea del tempo che culmina
nella nostra Superiore Civiltà Scientifica Tecnologica e Industriale, è duramente
contraddetto da almeno quattro grandi fattori.
1. La gravissima crisi ambientale che, nonostante i tentativi politici per occultarla, si rivela
ogni giorno più pericolosa. Gli equilibri naturali e climatici della Madre Terra sono stati
compromessi da meno di 50 anni di industrializzazione. La “scomoda verità” dimostrata
dagli studi dei 2,500 scienziati del IPCC nel 2006,11 nel 2009 è ulteriormente aggravata
perché il consumo sempre più massiccio dei combustibili fossili e delle risorse naturali
determina un global warming molto più veloce di quanto pronosticato. Al vertice di
Copenaghen del dicembre 2009 è stata ammessa la “catastrofe ambientale” imminente
ma i vecchi paradigmi mentali e le logiche del consenso hanno impedito che fossero
raggiunte reali intese politiche. Come se non bastasse, in Italia il problema viene del tutto
ignorato dal nostro Primo Ministro..
2. La contraddizione intrinseca al paradigma di pensiero moderno materialista ed
economicista. . La monovisone moderna infatti presuppone che la crescita economica
illimitata soddisfi i bisogni dell’uomo considerati come esclusiva mente materiali. Si
presuppone , dunque,che ogni persona sia mossa dall’interesse personale ed egoistico
9 Arundhati Roy, Guerra è pace. Guida all’impero per la gente comune, Milano, Guanda. M.Pallante afferma
giustamente che” l’arte contemporanea e la letteratura d’avanguardia hanno svolto un ruolo decisivo valorizzando
l’innovazione in quanto tale e utilizzandola come una clava per demolire a livello culturale il passato e il valore della
conservazione ( La Felicità sostenibile, p-75)
10 Nessuno mette in dubbio l’evoluzione dalla scimmia all’uomo sapiens, ma questa linea evolutiva si è completata più
o meno 50.000 anni fa. Bisogna considerare che da allora il divenire dell’uomo precede secondo modelli culturali,
non Naturali.
11 Cfr l’importante video-denuncia di Al Gore: An Inconvient Truth. A Global Warning, Paramount Classics, 2006.
Insieme agli scienziati dell IPCC ha ottenuto il Nobel per la Pace nel 2007.
6
ma che poi una “mano invisibile” trasformerà le azioni egoiste degli individui in benefici per
la società intera, nel bene comune. Questa credenza nella cosiddetta “armonia naturale
degli interessi” non solo non torna , ma è raccapricciante dal punto di vista etico. Infatti
oggigiorno, su 6,5 miliardi di esseri umani sulla terra, solo uno vive in maniera agiata, due
se la cavano e gli altri tre e mezzo sono considerati esuberi. Nonostante i proclami della
FAO di debellare la fame nel mondo, nel 2009 il numero di poveri che soffrono la fame ha
superato per la prima volta il miliardo (un sesto dell’umanità!).
3. Non ultima per importanza, va considerata la crisi esistenziale che il mondo moderno
ha prodotto nelle giovani generazioni. Essa si manifesta nello spaesamento, nella perdita
di senso della vita, nel nichilismo, nella ricerca dello sballo nell’alcool e nella droghe,
in atteggiamenti violenti. Questo malessere dei giovani è talmente diffuso che non
possiamo più imputarlo sbrigativamente a cause psicologiche, al caso singolo e dunque a
livello individuale. Come ha sostenuto Galimberti, bisogna riconoscerlo come un
malessere collettivo, come “ una crisi che coinvolge i fondamenti stessi della nostra
civiltà”. Occorre dunque fare piazza pulita dei tanti rimedi inutili e magari nocivi che sono
stati escogitati nel tempo senza che sia mai stata colta la vera natura del malessere. I
giovani vivono un disagio non più psicologico ma culturale e quindi bisogna interrogarsi ed
agire sulla cultura collettiva.12
4. La crisi economico- finanziaria che dal 2007 mina la base stessa del sistema di sviluppo
che l’Occidente ha inventato. Più produzione, più consumi, per avere più profitti.. Alla
radice stessa di questa crisi c’è il dio- denaro, dio assoluto, al di sopra di qualsiasi altro
valore. La ricerca esclusiva del profitto economico ha prodotto prima l’economia finanziaria
drogata e poi le famose bolle speculative americane. Ma non è sempre lo stesso
principio – quello della ricerca del profitto – che sta alla base di qualsiasi agire
imprenditoriale, di ogni più banale rapporto commerciale? Non è questo principio ciò che
tesse tutto il nostro sistema di vivere?
Ormai produciamo molte più merci di quante se ne riescano a vendere. Nonostante tutti gli
sforzi dei governi occidentali democratici ( sempre incatenati al consenso della
maggioranza) e dei media per tranquillizzarci e farci credere che sia solo una crisi
momentanea, quale potrebbe essere il motivo che dovrebbe invertire l’attuale tendenza
decrescente dell’economia capitalistica e consumistica ?
Uscire dal mito guardando al altre civiltà
E allora? Si tratta di riconoscere che il mito è quella griglia interpretativa che ci fa
leggere la realtà, ma che diventa essa stessa invisibile. “Il nostro mito ci è sempre
nascosto. Sono coloro che vivono in un orizzonte diverso a svelarcelo”.13
Facciamoci aiutare dunque da chi ha vissuto in orizzonti diversi. Per esempio da Fritz
Schumacher che visse per qualche tempo in Birmania e studiò attentamente l’economia
buddista , cioè quell’ aspetto dell’Ottuplice sentiero che Buddha considerava essenziale al
fine di sradicare il desiderio. La Nobile Verità lo definisce come “Il giusto sostentamento” o
“I giusti mezzi di sussistenza”.
Iniziamo dall’idea di lavoro che è uno dei pilastri dell’economia moderna ( a partire dal
materialismo storico l’uomo si emancipa attraverso il lavoro) Secondo la visione
buddista della vita, invece, il lavoro assolve ad una triplice funzione: quella di dare
all’uomo la capacità di utilizzare e di sviluppare le sue facoltà, di renderlo capace di
superare il suo egoismo collaborando con altri per uno scopo comune e, infine, di produrre
12 Umberto Galimberti, L’Ospite inquietante, Il nichilismo e i giovani, Milano, Feltrinelli. Ancora meglio delle
numerose indagini condotte sui giovani, si vedano gli agghiaccianti articoli di Marco Lodoli su Repubblica.-
13 Così si esprime un grande sacerdote, Achille Rossi, Il Mito del Mercato, Città di Castello, L’altra pagine, 2002.
7
beni e servizi che servono per la sussistenza. Nelle società buddiste, la cesura tra lavoro e
svago non è concepibile e siccome ciò che conta sono le persone e non la produzione,
l’obbiettivo diventa quello che tutti lavorino con piacere, senza che ciò significhi che tutti
debbano avere un lavoro esterno. Questo ha conseguenze importanti: il fatto che le
donne, e in particolare le madri, siano impegnate in lavori esterni mentre i figli crescono
senza la loro cura ed attenzione, sarebbe considerato altamente antieconomico dal punto
di vista buddista.14
Questa visione del mondo - ma anche quella islamica, indù, o persino cristiana-medievale
- concepiscono la soddisfazione dei bisogni primari dell’uomo come il cibarsi, il vestirsi, il
lavorare, in maniera del tutto diversa da quella che impera oggi. Lo scopo
dell’abbigliamento è in verità quello di ottenere un certo livello di comfort e di calore,
conciliando questi elementi con un aspetto attraente. Attraverso design semplici, abbinati
spesso ad una grande abilità a drappeggiare tessuti non cuciti, si sono sempre realizzati in
Oriente, come in Medio Oriente o in altre società tradizionali, vestiti bellissimi riducendo
al minimo lo spreco di stoffe e, quindi, di materie prime come cotone e lana.
Dal punto di vista dell’economia buddista, l’industria della moda occidentale, con l’enorme
quantità di energia finalizzata ad inventare tutti gli anni vestiti diversi per buttare via quelli
vecchi, e sprecando una grandissima quantità di stoffe per confezionare abiti complessi,
sarebbe considerata completamente antieconomica. In Birmania, come nel Piccolo Tibet,15
l’obbiettivo è sempre stato quello di ottenere il massimo benessere dell’uomo con il
minimo consumo. I beni non rinnovabili, cioè di derivazione naturale come l’acqua e i
combustibili, sono stati sempre trattati con grande cura e dando meticolosa attenzione alla
loro conservazione.
Proprio a partire da questi orizzonti radicalmente diversi, Schumacher può lanciare la sua
critica radicale all'economia moderna che con il suo mito della crescita e della
produzione, si sta “mangiando” il Capitale, cioè la Natura nelle sua forma di energie non
rinnovabili.
L’autore di Piccolo è Bello non limita però la sua argomentazione a queste sia pur
importantissime considerazioni ecologiche. Egli prende in esame le teorie del più influente
economista del nostro tempo: Lord Kenyes - di cui, da giovane, era stato uno dei più
promettenti allievi - e lascia che siano le sue stesse parole a mettere a nudo l’essenza
dell’economia moderna.
Nel pieno della Grande Depressione degli anni 1930, Keneys scriveva “che arriverà il
giorno, non troppo lontano, in cui tutti saremo ricchi. Ma non è ancora il tempo. Almeno
per altri 100 anni dovremmo pretendere da noi stessi e da ciascuno che ciò che giusto è
cattivo, e che ciò che è cattivo è giusto, perché il cattivo è utile, mentre il giusto non lo è.
Ancora per un po’ di tempo, ingordigia, usura e precauzione dovranno essere i nostri
dei”.16
Queste parole così loquaci, mettono ben in chiaro l’essenza dell’economia moderna: essa
è il contrario dell’etica.
”Il progresso economico è ottenibile solo se facciamo leva su quei potenti impulsi
dell’egoismo che le religioni e le tradizioni spirituali ci impongono universalmente di
reprimere” sintetizza Schumacher e conclude con un giudizio che oggi, purtroppo,
possiamo verificare ogni giorno:”L’economia moderna è sospinta dalla frenesia di
14 Cfr, F. Schumacher, Small is Beautiful, in particolare cap.II, “Buddhist Economics”.
15 Interessantissime sono anche le osservazioni sul Piccolo Tibet di Helena Norbert Hodgedge, Il Futuro nel passato,
Arianna Ed. 1993.
16 L.Keynes, Prospettive economiche per i nostri nipoti, 1930 citato in Small is Beautiful, Economics as people mattered, London, 1973,
p.24.
8
ingordigia ed asseconda un’ orgia di invidia. Queste non sono caratteristiche accidentali,
ma le reali cause del suo successo espansionistico.”17.
In maniera molto simile si era espresso il Mahatma Gandhi, che nato in una tradizione
induista e giainista, proveniva anch’egli da una visione davvero diversa del mondo. Agli
occhi di Gandhi, “La moderna civiltà materialista nasce, alla radice, da un atteggiamento
di massima indulgenza verso se stessi e ai propri bisogni. La sua insensata adorazione
della materia ha dato origine ad una mentalità che guada al progresso materiale come alla
meta ultima e che ha perso la nozione dei veri fini del vivere”.18
Gandhi ricordava la frase di Gesù “ Non si può servire Dio e Mammona allo stesso tempo”,
e con lucidità avvertiva che “L’Europa, o più ingenerale l’Occidente, sono ormai del tutto
dediti al culto di Mammona. Ma la sola dottrina morale coerente corrispondente a questa
visione della vita è l’utilitarismo, per cui la vita morale resta del tutto soffocata”.
Gandhi parlava così nella prima metà nel 1900. Eppure le sue forti posizioni, compresa
quella contro la”follia” delle macchine, sono molto più dense di significato oggi, piuttosto
che allora. Adesso che stanno andando in frantumi le certezze e delle persuasioni di cui
si ammantava l’incedere della Superiore Civiltà Moderna Occidentale nel resto del
mondo.
La finanza islamica
Per concludere, manca ancora un ultimo sprazzo di cielo diverso su quella che è la base
della nostra economia: la finanza.
Sul fatto che negli ultimi 30 anni l’economia finanziaria sia divenuta il nocciolo della
nostra economia non ci sono dubbi. Basta sapere che alla fine degli anni 90 i profitti
prodotti in un anno nel modo equivalevano allo scambio finanziario di soli quattro giorni.
Peccato che questa” cuccagna” sia finita e che la ricerca esclusiva del profitto si sia
ingrippata!!
L’orizzonte diverso proviene questa volta dal mondo islamico. Quello stesso Islam che
dopo 11 Settembre si configura come il maggior nemico dell’Occidente (almeno a
giudicare dalle nostre guerre effettive o annunciate, in Afganistan, in Irak, in Iran ) ed è
generalmente da noi considerato come un residuo medievale! La dove religione e vita
civile non sono ancora separati, dove la legge coranica ( la Sharia) è anche legge dello
Stato!
Anche la finanza islamica segue le leggi della Sharia e gli uomini la praticano
attenendosi fedelmente ai principi della Sharia. Ecco come i mussulmani stessi la
definiscono: “ La variante islamica della finanza è antica come la religione dell’Islam. E’
centrata sul fatto che il denaro in sé stesso non ha alcun valore intrinseco.
La ricchezza può essere generata solo attraverso un legittimo commercio e l’investimento
in attività concrete. Il denaro deve essere usato in un modo produttivo. Il rischio deve
essere condiviso tra la persona che provvede il capitale e la persona che fornisce il parere
tecnico sull’investimento. Altrimenti è usura.”
Questa visione islamica del mondo - che con sufficienza consideriamo “medievale”- si
attiene al versetto 275 della seconda sura del Corano che recita: “Dio ha reso lecito il
commercio e illecito l'interesse”. A differenza del cristianesimo che ha dimenticato le
indicazioni di Cristo su Mammona, l’islam ci insegna che non si può guadagnare
chiedendo interessi sui prestiti (riba) perché questa non è altro che una forma di usura.
Pertanto ci deve essere una completa condivisione dei rischi da parte del creditore e del
17 Ibidem, p. 31. Sempre Schumacher fa notare che fa notare che solo nel 1830, l’istituzione all’Università di Oxford
della prima cattedra di Ecomonia politica, suscitò non pochi imbarazzi, in quanto all’epoca era ancora viva la sensibilità
di quanto i principi economici fossero la completa antitesi dei principi morali.
18 M.Gandhi, Satyagraha days in Madras.
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debitore e tutte le transazioni finanziarie devono poggiare su un attivo reale, e quindi
escludere il ricorso a quei prodotti “derivati” che da noi hanno fatto esplodere la crisi del
2007. L’altro pilastro della finanza islamica insegna che non bisogna effettuare
investimenti che non siano socialmente responsabili e dunque essi non possono
riguardare la pornografia, l'alcol, il tabacco o le armi - tutti generi di grande esportazione a
casa nostra!.
Nei freddi mattini dell’inizio del 2010, proviamo a tenere presenti questi orizzonti diversi,
mentre guardiamo al nostro mondo di oggi o semplicemente leggiamo i giornali. La
Decrescita allora non ci sembrerà più uno spauracchio terribile, ma piuttosto una
benefica cura, una sorta di dieta per ritornare in salute.
Pensavamo di crescere e invece crescevano delle masse tumorali. Le abbiamo scambiate
per "sviluppo" e "progresso"! Ma oggi non è difficile fare un esame istologico sulle masse
di crescita tumorali: le diagnosi balzano agli occhi senza bisogno di troppi strumenti
sofisticati.
E allora? Iniziamo con la Decrescita! E’ chiaro che sarà felice! Inventiamoci un altro
futuro! Inventiamoci altri lavori! Inventiamoci un altro modo di vivere in cui sia possibile
riconoscersi! E’ facile!. Basta iniziare da un piccolo gesto ma così importante e così nonviolento!
Il gesto di spegnere il bottoncino della televisione, per esempio! Basta iniziare
con una cosa che non costa nulla: digiunare! Digiunare da tutte quello cose che il
marketing ci vuole convincere di aver bisogno e di cui non abbiamo bisogno affatto!
Soprattutto torniamo ad essere semplici, e molte cose si chiariranno da sole!
Anche questo non è difficile: basta tornare a guardare con i nostri occhi la Natura, la
grande Maestra!19
19 Non c’è dubbio che Decrescita ed Ecologia sono intimamente connesse, al proposito si veda il mio Tiziano Terzani:
la Natura grande maestra in questo sito.