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Clara Schumann, la pianista che non volle arrendersi al dolore

di Alice Vigna - 27/03/2011

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Molti artisti spinti dalla passione per la musica ignorano i segnali di fatica


Nel 1857, Clara Wieck-Schumann scriveva al violinista Joseph Joachim: «Ho dovuto cancellare il concerto. I dolori alle braccia sono tornati, ho passato una notte terribile» . Clara componeva musica, come il marito Robert Schumann, ed era una pianista: fu una delle prime donne a tenere concerti in giro per l'Europa, ma la sua vita di musicista fu minata dal dolore cronico. Un dolore contro cui divette combattere per anni e che derivava proprio dalla passione per il pianoforte, instillata dal padre fin da piccolissima. Papà Friedrich Wieck nel 1815, quattro anni prima che Clara nascesse, aveva aperto a Lipsia una scuola per musicisti; quando si rese conto che Clara aveva un talento musicale innato (a quattro anni già sapeva suonare a orecchio alcune melodie) iniziò a insegnarle il pianoforte. Friedrich era un maestro inflessibile, ma illuminato: profondo conoscitore delle teorie pedagogiche di Pestalozzi e Rousseau, non voleva che Clara si stancasse, per cui ogni giorno la bimba suonava per tre ore, poi per altre tre ore doveva fare esercizio fisico all'aria aperta. Perché non accumulasse tensioni, Friedrich insegnò a Clara a suonare mantenendo gomiti e polsi rilassati, con la massima economia dei movimenti; la sottoponeva a esercizi di stretching per le dita, le insegnava la postura migliore al piano. Clara suonò per la prima volta in pubblico a dieci anni: già allora chi la ascoltava restava incantato dalla perfezione della tecnica, dalla creatività e dalla dolcezza di giovanissima pianista. L a sua vita cambiò nel 1830, quando il ventenne Robert Schumann iniziò a prendere lezioni di pianoforte in casa Wieck. Clara si innamorò ben presto di Robert, ma la relazione fu osteggiata dal padre di lei, che forse si era accorto delle fragilità psicologiche dell'uomo. Clara e Robert riuscirono a sposarsi nel 1940, quando lei compì 21 anni. Per i primi anni tutto andò bene, poi le frequenti amnesie di Robert, i suoi disturbi nervosi e la sua instabilità si aggravarono finché, nel 1954, il musicista fu ricoverato nel manicomio di Endenich, a Bonn, dove morì due anni dopo. È dal ricovero di Robert che cominciano i guai di Clara. Rimasta sola a dover mantenere i 7 figli, si accollò un'enorme quantità di lavoro. Nel 1854 inanellò ben 22 concerti europei in appena due mesi, negli anni successivi non si risparmiò. E ben presto il suo corpo le chiese un conto salato: Clara cominciò ad accusare dolori fortissimi soprattutto al braccio sinistro. Spesso non riusciva a dormire, annullò diversi concerti, le cure a base di oppio e l'immobilità non le giovarono, perché dopo poco tempo i dolori ritornavano. M a Clara non volle fermarsi e anzi decise di impegnarsi in performance sempre più difficili: nel 1861 suonò l'impervio concerto N. 1 in re minore di Brahms, che le richiese uno sforzo fisico immenso. «La Wieck-Schumann soffriva di quella che oggi chiamiamo "sindrome da sovraccarico — spiega Rosa Maria Converti, responsabile dell'ambulatorio "Sol Diesis"dedicato ai musicisti, dell'Istituto don Gnocchi di Milano —. È una delle patologie più frequenti dei pianisti e dipende dal fatto che il musicista suona pezzi che sono al di sopra delle sue possibilità, senza un'adeguata preparazione fisica, oppure suona troppo: c'è chi va avanti anche 15 ore, magari senza pause, senza stretching» . Clara, grazie alla forza di volontà, alla ferrea disciplina e alle buone regole di postura apprese fin da piccola non cedette, anche se le capitava di non riuscire a muovere altro che le dita. Poi, fra il 1873 e il 1875, il crollo: annullò tutti i concerti in Inghilterra e negli Stati Uniti per trovare finalmente una soluzione al suo dolore cronico e rischiò di cadere in depressione mentre tentava i curarsi in ogni modo, facendosi visitare da innumerevoli medici. N el gennaio del 1875 andò a Kiel, dal famoso medico Friedrich von Esmarch. E lui la curò con un approccio che precorreva di cento anni le moderne teorie di medicina del dolore, in un modo che oggi si chiamerebbe «multidisciplinare» : la sottopose a massaggi e fisioterapia per sciogliere le tensioni muscolari, parlò molto con lei in una sorta di psicoterapia che mirava a restituirle fiducia e toglierle l'ansia. Soprattutto, non le proibì il piano come avevano fatto tutti gli altri: la spronò a suonare ritrovando il piacere di farlo, all'inizio dieci minuti per volta, ignorando il dolore. Oggi sappiamo che servì per restituire a Clara un rapporto positivo con lo strumento e soprattutto per «cancellarle» dal cervello l'associazione negativa fra il pianoforte e il dolore, associazione ormai automatica che contribuiva a innescare i sintomi. «Anche oggi la multidisciplinarità è fondamentale per guarire i musicisti con sindrome da sovraccarico — interviene Converti —. Purtroppo nel nostro Paese non ci sono molti centri che possano seguire in questo modo gli artisti, in più quando il dolore cronico è grave e compromette la vita quotidiana è difficile tornare come prima. Anche per questo è indispensabile la prevenzione attraverso abitudini corrette: una vita regolare, l'esercizio ritmato dalle pause, il controllo della postura e dello strumento. Se compare il dolore non bisogna ignorarlo, ma individuarne la causa: può bastare un cambio di tecnica o di impostazione posturale per risolvere il problema» . Fu così anche per Clara: già nel marzo del 1875 tornò sul palcoscenico. Aveva imparato a dosare le forze, a scegliere un repertorio che non la stremasse (non suonò più i concerti per piano di Brahms); il dolore ogni tanto tornava, ma lei non lo temeva più perché sapeva come affrontarlo. Clara continuò a comporre e a suonare fino alla morte, nel 1896.