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UBI ricapitalizza, ed è subito panico

di Davide Stasi - 31/03/2011

 


Il quinto gruppo bancario italiano annuncia un consolidamento da un miliardo di euro e la Borsa reagisce malissimo, coinvolgendo anche gli altri titoli del settore. Un nuovo colpo al mito della solidità dei nostri istituti di credito, alle prese con le restrizioni di Basilea 3 e con le sopravvalutazioni di una bolla immobiliare occulta


Ieri c’è stato un calo generalizzato delle quotazioni di quasi tutte le maggiori banche italiane sul mercato azionario. Perdite medie che vanno dal 3 al 6 per cento, con punte anche del 10, come nel caso dell’Unione Banche Italiane. Pare che il patatrac sia stato creato proprio da quest’ultima, un’alleanza di istituti di credito, quinto gruppo bancario del paese, e dal suo annuncio di voler aumentare il proprio capitale fino a un miliardo di euro entro l’estate. L’aumento di capitale, si sa, non è un buon segno. Di solito è la reazione a una situazione debitoria preoccupante, alla concreta previsione di attivi tutt’altro che consistenti o al pericolo di un dissesto.

Finora le banche italiane sono state considerate immuni, per la loro stessa struttura, alla speculazione che ha abbattuto quelle irlandesi, portoghesi, spagnole o greche, e i rispettivi conti pubblici. Per questo la notizia di un aumento di capitale in uno dei principali istituti nazionali ha creato un tam tam che si è portato dietro un’ondata di sfiducia, rafforzata dalla voce che altre banche potrebbero avere l’esigenza di ricapitalizzare. E non si parla di banchette di provincia, ma di soggetti come la Popolare di Milano, il Banco Popolare, la Monte Paschi di Siena, e altre.

Secondo gli analisti, accorsi a dare una spiegazione, «le vendite sono state provocate dall'aumento inaspettato di UBI, che ha alzato i livelli di “capital ratio” nazionale. Probabilmente ci si aspetta che anche altre banche facciano lo stesso». Ossia: è solo un fatto tecnico legato al tasso di comparazione di capitale. Balle: in realtà è la fuga in avanti di una delle componenti di maggior spicco del cartello bancario italiano. Una fuga dettata dal panico. E come succede tra gli esseri umani, se uno improvvisamente inizia a scappare, altri istintivamente gli vanno dietro. La paura è contagiosa. Se ricapitalizza UBI, probabilmente altre banche seguiranno a ruota.

Ma perché le banche prevedono di aumentare il capitale? La ragione ufficiale è quella di rimborsare in anticipo iTremonti Bond, la furbesca trovata del ministro del Tesoro che venne presentata come un colpo di genio e che finì in un flop colossale. La ragione vera è l’incombere delle strettissime regole di Basilea 3, che misurano la solidità bancaria anche dal livello di liquidità reale che un istituto detiene. E le banche italiane, esattamente come tutte le altre, hanno dotazioni che per la gran parte sono solo numeri su un monitor.

Serve liquidità, dunque, e alla svelta. Un rating basato sulle nuove norme, allo stato attuale potrebbe essere fatale al sistema bancario italiano, e aprire la strada a quella speculazione che già ha falciato diversi paesi in Europa. Senza contare l’aspetto patrimoniale: i vari board bancari stanno correndo a riesaminare le condizioni del proprio real estate, il comparto delle proprietà immobiliari, dove si annida una bella fregatura. Quella bolla immobiliare che si aggira da anni nascosta negli anfratti carsici dei bilanci dell’intero sistema creditizio nazionale, determinata da una sopravvalutazione speculativa sia dei prezzi di vendita che dei canoni di locazione. E però minata, come un vizio congenito, dall’eccesso di nuove costruzioni rispetto alle effettive necessità: un divario che gli analisti quantificano in 47 vani per ogni nuovo nato e che fatalmente, o prima o dopo, verrà alla luce innescando una poderosa svalutazione a catena.

Ma i costi di questa corsa al riparo su chi ricadranno? Domanda retorica. Alla quale hanno risposto Adusbef e Federconsumatori, con una rilevazione riguardante proprio i costi immobiliari. Gli oneri, dall’affitto al mutuo e alla manutenzione, sono cresciuti in dieci anni dal 30 all’80%. Seguiti a ruota dalle spese collaterali: elettricità (+64%), acqua (+81), riscaldamento (+83), tassa sui rifiuti (+50). Il tutto con una disoccupazione giovanile al 29%, laddove dovrebbero essere proprio i giovani che mettono su famiglia il motore dell’immobiliare. E giusto ieri, a completare il quadro, l’Autorità per l’Energia ha annunciato nuovi rincari per gas, luce e acqua, con un aggravio complessivo di circa 38 euro annui.

Mentre tutto questo avviene, Standard & Poor’s ha tagliato ulteriormente il rating di Grecia e Portogallo, i cui titoli sovrani sono ormai a pochi passi dal livello junk, “spazzatura”. Un segnale che mette le ali ai piedi anche alle banche italiane, ben consce dello stato delle finanze statali, e dunque pronte a scappare in ordine sparso, cercando un riparo nella ricapitalizzazione. Siamo vicini al si salvi chi può, dunque, possibilmente portando con sé più bottino possibile. In situazioni di panico, chi ha la prontezza e la forza per farlo tenta di scappare e mettersi in salvo, e chi non ce l’ha, soccombe. Le banche ci provano e ci proveranno. Noialtri tutti, ovviamente, resteremo a guardare. E a pagare, anche per loro.