Le dieci peggiori multinazionali del 2005 (parte II)
di Russell Mokhiber Robert Weissman - 08/06/2006
KPMG [10] E’ tutta questione di percezione, vero? Ad agosto, la KPMG è stata accusata di cospirazione. Il procuratore generale ha detto che la KPMG “ha ammesso il suo coinvolgimento nella più grande frode fiscale di tutti i tempi.” Quando i giornalisti sono entrati nella sala conferenze al settimo piano del Dipartimento di Giustizia, per la conferenza stampa che annunciava l’accordo con la KPMG, hanno ricevuto dei documenti. Eppure non c’è stata una condanna, e neanche un patteggiamento. Invece per le persone, collaboratori o dirigenti, che commettono crimini importanti, si. Se c’è un crimine, ci deve essere un capo d’accusa, e ci deve essere un processo. O almeno un patteggiamento. Ma quando le grandi multinazionali statunitensi, o le grandi aziende come la KPMG, commettono un crimine, possono tranquillamente ottenere procedimenti giudiziari differiti. E’ una cosa quasi automatica. Chiedete a Robert Bennett, socio dello studio legale Skadden Arps. Lui è il re dei procedimenti giudiziari differiti. Grazie a Robert Bennett, la KPMG ha ottenuto un accordo di questo tipo. Perché? Perché se accusi la KPMG, rischi seriamente di essere estromesso dagli affari, come nel caso Arthur Andersen. Ma non importa, puoi anche decidere di accusare la compagnia di qualche crimine. Poi il Procuratore Generale apparirà alla televisione nazionale e dirà che la KPMG ha ammesso le sue colpe. Il Procuratore Distrettuale di New York avrebbe voluto aprire un procedimento giudiziario, ma è stato scavalcato dai suoi superiori al Dipartimento di Giustizia. Non ci sono dubbi che la KPMG sia stata coinvolta in attività criminose. Lo ha ammesso anche il procuratore generale Alberto Gonzales, ma a causa di possibili “conseguenze collaterali”, non c’è stata alcuna condanna. I crimini delle multinazionali sono ormai crimini impuniti. E’ tutta questione di percezione. Quali conseguenze collaterali? In quale legge è scritto che se vieni giudicato colpevole per qualche crimine, esci dal giro degli affari? Quei documenti erano i comunicati stampa del Dipartimento di Giustizia, che ci informavano del fatto che la KPMG aveva ammesso le sue colpe e, come parte dell’accordo di procedimento giudiziario differito, aveva accettato di pagare 456 milioni di dollari fra multa, risarcimenti e penali. I comunicati informavano anche che “nel più importante caso di evasione fiscale mai registrato, la KPMG ha ammesso di aver partecipato ad una frode che ha generato almeno 11 miliardi di dollari di falsi disavanzi fiscali, che secondo i calcoli del tribunale sono costati agli Stati Uniti circa 2,5 miliardi di dollari in tasse evase.” I giornalisti hanno anche ottenuto una dura dichiarazione da parte di Mark Everson, commissario della IRS[11]: “In parole povere, se voi aveste un debito multimilionario col fisco, la KPMG troverebbe il modo di cancellarlo, perfino nel caso in cui gli esperti della ditta stessa ritengano che la transazione non passerebbe il controllo da parte della IRS.” Aggiunge Everson: “L’unico scopo di questo comportamento oltraggioso è quello di arricchire ulteriormente chi è già ricco, e di riempire le tasche dei soci della KPMG.” Continua Everson: “Da quando, durante la Guerra Civile, il presidente Lincoln ha introdotto le imposte sul reddito, il ricco ha sempre pagato più del cittadino medio, ma evidentemente la KPMG non è d’accordo. Le sue azioni sono un attacco diretto al nostro sistema di tassazione progressiva, e se lasciata senza controllo, eroderebbe seriamente la fiducia nella giustizia del loro governo da parte degli Americani che lavorano duramente e pagano le tasse.” “Ad un certo punto, una condotta di questo genere passa dall’essere un’abile contabilità e un furbo aggiramento delle leggi, ad un vero e proprio furto ai danni della gente. Semplicemente, non possiamo tollerare flagranti infrazioni delle leggi e degli obblighi professionali da parte dei fiscalisti, in particolare quelli associati alle cosiddette aziende “blue-chip”[12] come la KPMG, le quali, in virtù della loro importanza, stabiliscono gli standard comportamentali per tutti gli altri. Contabili e legali dovrebbero costituire le colonne del nostro sistema di tassazione, non gli strateghi della sua frode.” Non possono tollerare questi giganteschi furti, ma lo fanno. Se davvero non li tollerassero, avrebbero incriminato la KPMG e costretta ad una dichiarazione di colpevolezza. I giornalisti hanno ricevuto i documenti dell’incriminazione per otto soci della KPMG e per un avvocato fiscalista esterno. Secondo l’accusa, erano i nove uomini che stavano dietro alla faccenda. La ditta ha ottenuto il procedimento differito per le sue attività criminali, e ha pagato 456 milioni di dollari, ma non c’è stata alcuna limitazione nella sua libertà d’azione. Le nove persone, invece, sono in prigione e hanno perso la loro libertà. Perché usare due pesi e due misure? Ora la ditta deve assumere un controllore. In questo caso, un ex membro della Commissione di Vigilanza della Borsa Americana, Richard Breeden. Ma chi paga Breeden? La KPMG. Quanto lo paga? Decide la KPMG. La risposta pubblica della KPMG al procedimento differito, dimostra chiaramente che la ditta non giudica l’accordo una punizione seria, né tantomeno un deterrente. E’ come se gli avessero imposto di rimanere al doposcuola per un giorno. “La KPMG è lieta di annunciare il raggiungimento di un accordo con il Dipartimento di Giustizia. Siamo molto spiacenti per la questione delle tasse che è stata l’oggetto dell’inchiesta. Oggi la KPMG è una compagnia migliore e più forte, perché ha imparato molto da questa esperienza.” ha dichiarato Timothy P. Flynn, presidente e amministratore delegato della KPMG. “La conclusione di questa vicenda consente alla KPMG di affrontare con serenità il futuro, e di fornire revisioni contabili e consulenze finanziarie e fiscali di alta qualità alle multinazionali e ai governi che sono i nostri clienti.” Quali documenti non sono stati consegnati ai giornalisti durante quella conferenza stampa al Dipartimento di Giustizia? Per esempio un documento di 10 pagine: l’enunciazione dei fatti che esponeva nel dettaglio l’attività criminale della KPMG. E nemmeno le informazioni che incriminavano la KPMG. Questi documenti sono comparsi più tardi, dopo che è stato esplicitamente chiesto al procuratore generale: “Che fine hanno fatto i documenti che accusano la KPMG?”. Roche Fino a poco tempo fa, le vendite di Tamiflu da parte della ditta farmaceutica svizzera Roche erano deprimenti (la Roche fabbrica il medicinale su licenza del titolare del brevetto, la Gilead, una ditta di San Francisco). Nel 2001, le vendite di Tamiflu, un antivirale che dovrebbe alleviare i sintomi dell’influenza, hanno fruttato 76 milioni di dollari. Gli esperti sanitari criticavano il medicinale, sostenendo che portasse ben pochi benefici, ed esortavano la gente a proteggersi dall’influenza, invece di cercare di curarla. Poi è arrivata l’influenza aviaria, e con essa il pericolo che si potesse trasmettere fra gli esseri umani. Non esiste nessun vaccino contro l’aviaria, e il Tamiflu sembra essere la migliore difesa farmacologia disponibile per chi è esposto alla malattia. Per ora l’aviaria non si trasmette da un essere umano all’altro. Dal 2003, cioè da quando è stata registrata per la prima volta la trasmissione da volatile a uomo, più di 150 persone sono state contagiate, e più della metà di esse sono morte. Molti virologi sostengono che un’epidemia fra gli esseri umani sia virtualmente inevitabile. L’epidemia potrebbe avere conseguenze estremamente gravi. Negli USA, il Centro di Controllo per le Malattie Infettive calcola che una pandemia di “livello medio” potrebbe provocare da 89.000 a 207.000 morti, da 314.000 a 734.000 ricoveri in ospedale, da 18 a 42 milioni di visite ambulatoriali, e dai 20 ai 47 milioni di persone ammalate. Una pandemia di questo tipo colpirebbe dal 15 al 35 per cento dell’intera popolazione degli Stati Uniti, e le perdite economiche oscillerebbero fra i 71,3 e i 166,5 miliardi di dollari. Nei paesi in via di sviluppo, l’impatto e il numero di vittime sarebbero ancora più impressionanti. Lentamente, il messaggio ha iniziato a penetrare nella coscienza delle persone, e i governi hanno iniziato, molto tardivamente, ad accumulare scorte di Tamiflu, per prevenire una potenziale pandemia. Tutto questo ha enormemente arricchito la Roche. Nel 2005 le vendite di Tamiflu hanno prodotto un guadagno di 1 miliardo di dollari. Questo fatto però ha anche costituito un problema, perché la Roche non è in grado di produrre farmaco a sufficienza per soddisfare la domanda. Data l’urgenza sanitaria di accumulare scorte, la Roche avrebbe potuto semplicemente cedere ad altre compagnie la licenza per produrre il medicinale, dietro il pagamento di ragionevoli diritti. Invece ha scelto un’altra strada. Pur non avendo alcuna possibilità di soddisfare la crescente richiesta, la Roche ha annunciato che non avrebbe concesso a nessuno la licenza per produrre il Tamiflu. Inoltre ha dichiarato che nessun altro potrebbe produrlo facilmente, in quanto il processo di lavorazione è estremamente complicato e pericoloso, e l’ingrediente base scarseggia. A conti fatti, tutte queste affermazioni si sono dimostrate profondamente ingannevoli, se non peggio. Fino al 13 ottobre, la Roche insisteva sul fatto che non avrebbe ceduto i diritti della medicina ai suoi concorrenti, e che comunque per loro sarebbe stato troppo difficile produrla. Queste dichiarazioni hanno impedito ai funzionari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di ottenere una cessione obbligatoria dei diritti che permettesse una sufficiente produzione di Tamiflu. “Non c’è alcuna possibilità che nei prossimi due anni un’altra ditta farmaceutica sia in grado di produrre un medicinale simile al Tamiflu” ha detto il 6 ottobre il responsabile del Programma Influenza dell’OMS. Roche “ha la piena intenzione di restare l’unico produttore di Tamiflu” ha detto ai giornalisti Terry Hurley, un portavoce della compagnia. Ha detto anche che la Roche non avrebbe rivelato le cifre della produzione, in quanto queste informazioni sono “commercialmente delicate”. In realtà, tutte le case farmaceutiche sono in grado di controllare le vendite dei concorrenti attraverso banche dati commerciali, ma queste informazioni non sono disponibili per i funzionari pubblici. Hurley ha anche chiarito la posizione della ditta riguardo alla complessità del ciclo produttivo del farmaco. Ha affermato che la produzione del Tamiflu comprende 10 difficili fasi, e che una nuova ditta avrebbe bisogno di due o tre anni per riuscire ad ottenerlo. Il 13 ottobre è stato l’ultimo giorno in cui la Roche ha potuto raccontare queste fandonie. Il 14 ottobre, il New York Times scrive che due settimane prima la casa farmaceutica indiana Cipla è riuscita a ricreare il farmaco, e che potrebbe averne una piccola quantità commercializzabile entro l’inizio del 2006. Spaventati dai rapporti quotidiani sulla diffusione dell’aviaria, i paesi del Sud Est Asiatico, dove l’epidemia ha avuto origine, cominciano a rivendicare a gran voce il diritto di acquisire maggiori quantità di Tamiflu. Subito dopo l’annuncio da parte della Cipla, molte altre ditte dichiarano di essere in grado di produrre il farmaco. L’Istituto Nazionale di Ricerca Sanitaria di Taiwan dichiara che a settembre aveva scoperto il modo di sintetizzare il Tamiflu in soli 18 giorni. A novembre, l’Organizzazione Farmaceutica Nazionale della Tailandia sostiene di avere la possibilità di produrre 1 milione di compresse di Tamiflu in 10 giorni. L’affermazione da parte della Roche che produrre il Tamiflu implichi una fase pericolosa e potenzialmente esplosiva si rivela essere quantomeno esagerata. Scrive il Wall Street Journal: “quella fase, che comporta una reazione chimica con il sodio azide, il cui potenziale esplosivo è conosciuto e usato negli air-bag delle automobili, a detta di alcuni chimici e dirigenti farmaceutici, fa parte della normale routine. Secondo questi scienziati, è un processo certamente pericoloso, ma perfettamente gestibile anche da un laboratorio chimico universitario, e a maggior ragione da una casa farmaceutica di livello mondiale.” Anche la presunta penuria dell’ingrediente chiave del Tamiflu, si è rivelata una bufala. Il farmaco è fatto con l'acido shichimico, che si trova nella pianta di anice stellato cinese (usata anche come spezia nella cucina cinese). La Roche sostiene che le limitate forniture di anice stellata pongono un limite alla produzione di Tamiflu. In realtà si è saputo che un professore della Michigan State University ha sviluppato una tecnica per sintetizzare artificialmente l’acido shichimico senza utilizzare l’anice stellata, e che la Roche da anni utilizza questa tecnica dietro licenza. Essendo sempre più evidente che decine di ditte avevano la possibilità di produrre il Tamiflu, i paesi del Sud Est Asiatico erano dunque pronte a chiedere la cessione dei diritti obbligatoria affinché le nuove ditte potessero iniziare a produrre il farmaco. Dato che la sua pretesa di “restare l’unico produttore di Tamiflu” era ormai divenuta insostenibile, la Roche annunciava l’intenzione di cedere ad altre compagnie la licenza di produrre la medicina, e prometteva per dicembre l’inizio delle trattative con le ditte concorrenti. In realtà, molti paesi non hanno alcun bisogno di ottenere una licenza, coatta o meno, dalla Roche. Quando molti paesi hanno iniziato a muoversi per ottenere l’autorizzazione obbligatoria, la Roche ha spiegato che in quei paesi il Tamiflu non era coperto da brevetto. Gli stessi governi non sono a conoscenza di cosa sia o no brevettato, e la Roche ha furbamente lasciato che agissero nell’errata convinzione che il brevetto fosse stato concesso. Questo è successo, fra gli altri, nelle Filippine e in Indonesia. Nonostante l’aumento della produzione – oltre all’immissione del farmaco generico sul mercato, la Roche annunciava un incremento di dieci volte della sua capacità produttiva – resta una notevole discrepanza rispetto alle richieste da parte dei ministeri della salute. Per fare un esempio, le scorte in possesso degli Stati Uniti bastano a curare meno del 2 per cento dell’intera popolazione, circa un decimo di quanto consigliato dai funzionari della salute pubblica. “La Roche ha avuto un sacco di tempo per valutare la varie opzioni riguardo alla cessione del brevetto” dice James Love, direttore del Consumer Project on Technology [13]. “I potenziali fornitori sono troppi perché si possa intraprendere trattative individuali con ogni industria farmaceutica. La Roche deve semplicemente studiare i requisiti fondamentali da richiedere ai fabbricanti di generici, e offrire la licenza a chiunque possa soddisfarli.” Continua Love: “Se la Roche rifiuta un approccio di questo tipo, i governi devono costringerla a cedere il brevetto, in modo che altri fabbricanti possano vendere legalmente la versione generica del farmaco.” Suez[14] Una delle sfide costanti del “Big Business” è quella di inventare storie che spieghino perché il settore privato è buono ed efficiente, mentre quello pubblico è cattivo, sprecone e incompetente. Dati gli scandali, i reati e gli sprechi di cui è fatta gran parte dell’attività delle aziende private, è un’impresa piuttosto difficile. Sicuramente è ancora più difficile per Suez, gigante francese, una delle compagnie private di servizi idrici più grandi del mondo. La Suez è stata una dei principali promotori, nonché beneficiari, della tendenza globale alla privatizzazione dell’acqua, cioè la svendita dei sistemi idrici pubblici a compagnie private, oppure l’affidamento del loro controllo e gestione ad aziende come la Suez. Nelle trattative per gli accordi sui servizi del WTO, la Suez si è distinta per il suo impegno nell’assicurarsi che l’Unione Europea favorisse le compagnie private straniere sui mercati mondiali dei servizi idrici. L’azienda ha poi lavorato, in combutta con la Banca Mondiale, per spingere i paesi in via di sviluppo a cedere il controllo dei loro sistemi idrici a compagnie private. Tuttavia, la Suez si muove a cavallo di quella linea sottile che divide il pubblico dal privato. Vuole trarre profitto dall’approvvigionamento dei servizi idrici, ma nello stesso tempo vuole limitare i suoi obblighi di investimento e mantenere una forte identità pubblica, per poter imporre ai consumatori prezzi alti e obbligare a pagarli. Oltretutto, se e quando le cose andassero male, potrebbe gettare la colpa sugli enti pubblici. Infatti Gerard Mestrallet, presidente e a.d. della Suez, non parla mai di privatizzazione, ma di “società pubbliche-private”. “Il successo delle società pubbliche-private risiede innanzitutto nella suddivisione dei ruoli fra le parti, le cui competenze vengono perfettamente adattate all’adempimento dei compiti” dice Mestrallet. “E’ chiaro che in un accordo di questo tipo, sono le autorità pubbliche a prendere le decisioni, e la scelta se avvalersi oppure no delle competenze del settore privato dipende solo da loro.” A coloro che fanno notare l’incapacità della Suez, e di altre aziende simili, di espandersi nei paesi poveri e di fornire i loro servizi anche alla povera gente, Mestrallet risponde molto semplicemente: prendetevela con il settore pubblico. “Attualmente, il 95 per cento dei servizi idrici mondiali sono forniti dai governi, quindi è difficile incolpare le aziende private se 1,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua e 2 miliardi non dispongono di servizi sanitari.” Tuttavia, le cose prendono un aspetto un po’ diverso se si considerano le municipalità e le regioni in cui la Suez ha avuto la responsabilità delle forniture idriche. Come dimostra un profilo della multinazionale pubblicato nell’aprile del 2005 dal sito Water for All Campaign di Public Citizen[15] (che ora fa parte di una nuova associazione, Food and Water Watch), la Suez ha aumentato i costi del servizio, diminuito gli investimenti e male amministrato progetti idrici in tutto il mondo. Una città dopo l’altra ha scoperto a proprie spese cosa esattamente intende la Suez quando parla di “società pubbliche-private”. - Nel gennaio 2005 a El Alto, in Bolivia, una dimostrazione di massa ha costretto il governo boliviano ad annullare un contratto di privatizzazione dell’acqua stipulato con la Aguas del Illimani, una società di cui la Suez è la maggiore azionista. “Quel contratto era un classico esempio di ‘restrizione operativa’, visto che obbligava a fornire il servizio solo in specifiche aree della città.” spiega il sito nel suo rapporto. “Quella che nel contratto con la Suez viene definita ‘area servita’ è una zona circoscritta solo ai clienti redditizi, ed elimina qualunque obbligo di estendere il servizio agli insediamenti nuovi e più periferici, proprio le zone maggiormente bisognose di sviluppo.” Per chi vuole altri particolari, il prezzo era di 445 dollari, vale a dire più di otto volte superiore al salario minimo mensile. A causa dell’annullamento del contratto, la Suez ha minacciato di citare in giudizio il governo della Bolivia per 90 milioni di dollari in investimenti perduti e mancati futuri profitti. - Nel 2000, ad Atlanta, la United Water, una consociata della Suez, firmò un accordo ventennale per gestire il sistema idrico della città. Erano stati accumulati arretrati di manutenzione, con tratti di acquedotto danneggiati che in alcuni casi richiedevano fino a due mesi per essere rimessi in funzione. La United Water, in modo quantomeno sconveniente, mandò il conto al comune. Nonostante la privatizzazione debba in teoria evitare l’aumento dei prezzi, i conti delle spese idriche e fognarie salirono del 25 per cento. Dopo soli cinque anni, la città di Atlanta scelse di rescindere il contratto[16]. - Nel 1997 A Manila, capitale della Filippine, le pressioni da parte della Banca Mondiale spinsero il governo a privatizzare il sistema idrico, a beneficio di due consorzi, uno dei quali guidato dalla Suez. Nel giro di cinque anni, il prezzo dell’acqua triplicò. Sia la Suez che l’altra concessionaria avevano ottenuto di inserire nel contratto alcuni emendamenti che abbassavano il livello del rendimento richiesto. Inoltre, poiché il valore del peso (la valuta filippina n.d.t.) era crollato in seguito alla crisi finanziaria asiatica di fine anni novanta, la Suez chiese un esorbitante aumento dei prezzi. Quando le autorità di Manila rifiutarono – il crollo del peso non significava che gli abitanti avessero più pesos da spendere – la Suez cercò di rinegoziare o di rescindere il contratto. La compagnia dichiara oggi di essere in credito di centinaia di milioni di dollari col governo di Manila, il quale ovviamente afferma il contrario. “La Suez, la più grande multinazionale idrica al mondo, pone il profitto al di sopra del diritto degli esseri umani all’acqua.”, dice Wenonah Hauter di Food and Water Watch. W.R. Grace[17] Che cosa ci vuole perchè i procuratori federali accusino un’azienda che produce amianto di mettere in pericolo la salute pubblica? Ci vogliono i cittadini attivisti che convincano i politici da loro eletti affinché “facciano qualcosa” per ristabilire la giustizia. Ci vogliono funzionari federali coscienziosi che si liberino dalle pastoie della burocrazia e pretendano che si faccia giustizia. E soprattutto ci vogliono direttori e giornalisti che abbiano il coraggio di raccontare le storie. Uno di loro è Andrew Schneider, ora vice-direttore editoriale del St. Louis Post-Dispatch. Prima di spostarsi a St. Louis, Schneider era un cronista del Seattle Post-Intelligencer, dove nel 1999 rivelò la storia di come la miniera di vermiculite della W.R. Grace stesse uccidendo i minatori e i residenti. Da allora ha scritto circa duecento articoli sulla Grace, e quando a febbraio la Grace è stata messa sotto accusa si trovava a Billings, nel Montana. Insieme a David McCumber è l’autore del libroL’Aria Che Uccide: Come l’Avvelenamento da Asbesto a Libby ha Svelato uno Scandalo Nazionale. Schneider ci ha raccontato di come procuratori federali e testimoni fossero “terrorizzati” dalla possibilità che i legami della compagnia con l’amministrazione Bush potessero far cadere le accuse. “Avevano paura di ingerenze da parte del vicepresidente Dick Cheney, del quale sono ben noti i legami con la Halliburton, e la Halliburton ha dovuto sborsare 4,3 miliardi di dollari a causa dell' asbesto[18].” Continua Schneider: “Temevano che con la sua influenza potesse cancellare il procedimento giudiziario. Temevano le nuove leggi sull’amianto che il presidente Bush andava strombazzando. Bush vince le elezioni, va sul podio e blatera di povere multinazionali messe sul lastrico da cause basate su accuse fasulle. Questo terrorizzava a morte gli investigatori e i procuratori.” Le accuse nei confronti della Grace e di sette dei suoi attuali o ex dirigenti rappresentano il primo caso nella storia dell’industria in cui viene perseguito un produttore di amianto per aver messo in pericolo la vita della popolazione. Schneider dice che il processo alla Grace potrebbe fungere da precedente, e spingere i procuratori della altre aree del paese sotto la loro giurisdizione a citare in giudizio la Grace per gli stessi reati. “Non so quanto vaste le proporzioni possano essere, ma so che c’è molto interesse per da parte dei procuratori. Me ne accorgo dal numero di telefonate che ricevo dai vari stati.” Il procedimento giudiziario iniziato contro la Grace a Billings, accusa la compagnia di aver intenzionalmente messo in pericolo gli abitanti di Libby, e di aver occultato informazioni sugli effetti nocivi per la salute delle sue operazioni di estrazione dei minerali a base di amianto. I funzionari federali sostengono che la Grace e i suoi dirigenti, fin dagli anni settanta hanno tentato di tenere nascoste informazioni sugli effetti dell’estrazione della vermiculite[19], effetti nocivi che hanno rovinato la salute della comunità di Libby. Le sette persone e l’azienda sono anche accusate di aver ostacolato le indagini governative, e di frode. Stime ufficiali parlano di almeno 1.200 residenti nell’area di Libby colpiti da malattie collegate al contatto con l’amianto. [ATTENZIONE - Materiale contenente amianto. Rischio di cancro e malattie gravi. Non toccare senza adeguate protezioni e addestramento] Schneider dice che più di 200 persone in quella zona sono morte a causa di queste malattie. “Non è tollerabile una condotta criminale dannosa per l’ambiente e per la salute dei cittadini.” ha dichiarato Thomas Sansonetti, vice procuratore generale alla Divisione Ambiente e Risorse Naturali del Dipartimento di Giustizia. “A Libby si è verificata una tragedia ambientale e umana. Questo procedimento cercherà di punire la Grace e i suoi dirigenti per la loro condotta sconsiderata.” ha detto William Mercer, procuratore degli Stati Uniti per la circoscrizione del Montana. A Libby, dal 1963 al 1990, è stata attiva la miniera di vermiculite della W.R. Grace, miniera che faceva parte della sua Divisione Materiali da Costruzione, il cui quartier generale si trova a Cambridge, nel Massachusetts. La vermiculite viene usata in molti comuni prodotti commerciali, per la coibentazione dei soffitti, nei materiali ignifughi, per riempire murature e come materiale di veicolo per pesticidi e fertilizzanti. I giacimenti di vermiculite di Libby contenevano un tipo di amianto chiamato tremolite. Studi hanno dimostrato che l’esposizione all’asbesto può provocare malattie potenzialmente mortali, come l’asbestosi, il cancro ai polmoni e il mesotelioma. Ulteriori studi sulla salute dei residenti di Libby hanno portato alla luce la presenza di molti tipi di patologie legate alla presenza dell’amianto, e soprattutto un’incidenza di cancro ai polmoni superiore del 30 per cento alla media di altre aree del Montana e del resto degli Stati Uniti. Il governo ritiene che gli imputati, fin dagli anni settanta fossero consapevoli della natura tossica della tremolite presente nelle loro miniere di vermiculite, sia grazie a studi epidemiologici, medici e tossicologici interni all’azienda, sia grazie alla sperimentazione dei loro prodotti. Nonostante la Legge sul Controllo delle Sostanze Tossiche[20] obblighi le aziende a fornire all’Ente per la Protezione Ambientale (EPA) tutte le informazioni in loro possesso, “la W.R. Grace e suoi funzionari hanno mancato di farlo in moltissime occasioni.” Oltre al reato di aver nascosto informazioni all’EPA, l’accusa sostiene che l’azienda ha anche ostacolato l’Istituto Nazionale per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (NIOSH), quando negli anni ottanta cercò di indagare sulle condizioni di salute dei minatori di Libby. La Grace conosceva la pericolosità dell’asbesto, ma ciononostante la compagnia “diffondeva vermiculite contaminata in tutta la comunità di Libby”, consentendo ai minatori di lasciare il posto di lavoro con i vestiti coperti di polvere di asbesto, permettendo agli abitanti di usare gli scarti di vermiculite nei loro giardini e distribuendo alle scuole di Libby “mattoni” di vermiculite da usare per la costruzione di piste di atletica e di una pista di pattinaggio sul ghiaccio all’aperto. Quando poi, nel 1990, la Grace chiuse la miniera di Libby, vendette le sue proprietà contaminate a compratori locali, senza premurarsi di rivelare né la natura né la vastità della contaminazione. Una di queste zone venne usata per la costruzione di un residence e di un asilo nido. Come risposta alla serie di articoli scritti sull’argomento da Schneider nel 1999, che documentavano i rischi a cui la Grace aveva esposto la popolazione, “l’azienda continuò a fuorviare e ostacolare il lavoro del governo, rifiutandosi di rivelare, in barba alle leggi federali, le sue informazioni sulla contaminazione da asbesto.” Alla fine, la miniera di Libby e le proprietà collegate della W.R. Grace sono state dichiarate dall’EPA sito “Superfund”[21], e dal 2001 ad oggi, lo stesso ente si è accollato circa 55 milioni di dollari di spese di bonifica. Se le persone imputate venissero condannate, andrebbero incontro ad una pena fino a 15 anni di prigione per ognuna delle accuse di danno pubblico, fino a 5 anni per le accuse di cospirazione e ostruzionismo, e fino a 10 anni per l’accusa di frode. Invece la Grace verrebbe condannata a pagare una multa che ammonterebbe al doppio dei profitti ricavati dalla sua condotta criminale. I funzionari federali sostengono che la Grace ha ricavato almeno 140 milioni di dollari dalle sue operazione minerarie a Libby. Naturalmente sarebbe anche obbligata a pagare i risarcimenti alle vittime. L’azienda rigetta le accuse. Dopo essere stata citata in giudizio, ha emesso un comunicato in cui “nega categoricamente qualsiasi condotta criminale.” “Come compagnia e come esseri umani, crediamo fermamente che anche una sola malattia grave o una sola vita persa sia una di troppo. Ecco perché abbiamo sempre tenuto in seria considerazione i nostri obblighi nei confronti dei lavoratori e delle persone che vivono a Libby.” “L’intera squadra della W.R. Grace è dalla parte dei cittadini di Libby. Speriamo che il nostro costante e scrupoloso impegno nei confronti della loro salute, unito alla loro forza e determinazione, li aiutino a superare questi difficili momenti.” Russell Mokhiber è il direttore di Corporate Crime Reporter, con sede a Washington, D.C. Robert Weissman è il direttore di Multinational Monitor, anch’esso di Washington, D.C. Mokhiber e Weissman sono gli autori del libro On the Rampage: Corporate Predators and the Destruction of Democracy Note del traduttore: [10]Una delle maggiori società di consulenza finanziaria al mondo. [11]Internal Revenue Service, l’agenzia governativa che si occupa della riscossione dei tributi. [12] Termine anglosassone per designare azioni di aziende di prim'ordine sotto ogni aspetto [13] Progetto dei Consumatori per la Tecnologia, ente non-profit con sede a Washington, D.C., fondato da Ralph Nader nel 1995, che fra le altre cose promuove un nuovo sistema di regole per facilitare l'accesso ai medicinali per i malati dei paesi più poveri. [14] Multinazionale francese, leader mondiale della gestione dell’acqua e dei servizi all’ambiente. Fornisce energia privata e servizi idrici e igienici a 205 milioni di persone e 485.000 industrie in tutto il mondo. [15] Un’organizzazione per la difesa dei consumatori statunitensi. [16] In realtà, la privatizzazione ad Atlanta fu un disastro sotto tutti i punti di vista (acqua potabile sporca e con livelli di cloro sei volte superiori al normale, violazioni delle leggi federali sui livelli minimi di sicurezza, perdite nelle condutture, rimaste guaste per settimane). Nel gennaio del 2003, dopo indagini durate un mese e minacce da parte del sindaco di annullare il contratto, la United Water, che aveva rilevato l'intero sistema municipale con l'intenzione di trasformarlo in un "esempio internazionale" e inaugurare una nuova epoca in cui l'acqua potabile fosse senza rischi, si era "volontariamente" ritratta da quello che stava diventando una catastrofe internazionale più che un esempio. [17] Fondata nel 1854 da William Russel Grace, é una multinazionale presente in tutto il mondo, leader nel settore dei prodotti chimici speciali per l’industria. [18] Nel 2003, la Halliburton ha accettato di pagare l’esorbitante cifra, in contanti ed azioni, per chiudere gli oltre 400 mila casi di risarcimento per i danni causati dall’amianto ai suoi operai. La compagnia ha “ereditato” le cause dalla Dressler Industries, gruppo acquistato dalla Halliburton quando ne era vicepresidente e amministratore delegato Dick Cheney, attuale vicepresidente del governo Bush. [19] Un tipo di minerale siliceo. L’estrazione dell’amianto è vietata, ma una certa esposizione accidentale può anche avvenire in ambito minerario, poiché è possibile che l’amianto sia presente in quantità più o meno rilevanti come contaminante. Accade spesso, ad esempio, che vi sia dell’amianto nelle miniere di vermiculite o di talco. [20] Il Toxic Substances Control Act obbliga i produttori a comunicare all’Ente Protezione Ambientale quali composti chimici desiderino commercializzare, e l'ente governativo ha il potere di veto su quelli potenzialmente rischiosi. [21] Superfund è il nome di un programma del governo federale, gestito dall’EPA, che si occupa di localizzare, studiare e bonificare i siti contaminati da scorie tossiche; un sito Superfund è un’area che l’EPA ha già destinato alla bonifica. Russel Mokhiber e Robert Weissman Fonte: http://www.commondreams.org/ Link: http://www.commondreams.org/views06/0425-21.htm 25.04.2006 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIUSEPPE SCHIAVONI VEDI ANCHE: LE DIECI PEGGIORI MULTINAZIONALI DEL 2005 (PARTE I) LE PRIME DIECI PEGGIORI SOCIETA' DEL 2004 |
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