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La fusione autostrade sarà pagata dagli italiani

di Diana Pugliese - 11/06/2006



L’accordo tra il governo e Autostrade si farà. Nonostante contraddizioni e critiche al progetto, attuato strategicamente nella fase di passaggio tra il governo Berlusconi e quello Prodi, il nuovo esecutivo ha deciso di trovare un ‘compromesso’ tra le necessità dello Stato e quelle dell’azienda, a cui si aggiunge l’esigenza non meno pressante di ‘accontentare’ l’euroburocrazia liberista capeggiata da José Manuel Barroso. L’ipotesi di revocare la concessione è ormai chiaramente tramontata anche se governo e Anas si sono allineati sull’ipotesi di imporre all’azienda nascitura un ‘atto aggiuntivo’ che impegni i vertici sul fronte degli investimenti e della governance. “Le aperture vanno bene - ha detto ieri il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, - ma con i sorrisi non si fanno gli interessi del Paese”. Per l’inquilino di piazzale di Porta Pia la scelta di convocare per il 30 giugno l’assemblea che sancirà l’operazione italo-spagnola è “unilaterale”; il governo non ha partecipato a decidere le sue tempistiche, motivo per cui il gruppo se ne assumerà le responsabilità, “nel bene e nel male”. “Se le società vanno fuori tempo o anti tempo - ha proseguito Di Pietro lanciando un chiaro messaggio ai vertici aziendali - è una scelta che fanno a loro rischio e pericolo. So per certo che fino a quando non ci sono garanzie certe che abbiano la stessa validità formale di una garanzia reale, non c’è una scadenza di tempi che tenga”.
Tre i punti cruciali che l’ex magistrato di Manipulite intende definire prima di procedere con il via libera politico: la governance della futura società, gli investimenti e “la possibilità di stabilire la congruità del prezzo in relazione ai pedaggi”. Il guaio è che tale scelta rischia di costare cara agli italiani che rischiano anche di subire “mini” aumenti dei pedaggi motivati strategicamente con la necessità di reperire le risorse per gli investimenti infrastrutturali. Una ipotesi che Di Pietro ha definito “salvadanaio di scopo” con “mini pedaggi” aggiuntivi di 10-20 centesimi da pagare ad ogni passaggio.
Come ha dichiarato due giorni fa Vincenzo Pozzi, infatti, è necessario (e sufficiente) che Autostrade sottoscriva con l’Anas questo ‘nuovo atto aggiuntivo all’attuale contratto di concessione’ per procedere all’aggregazione e mantenere la concessione pubblica, un piatto succulento su cui la famiglia Benetton ha già lautamente guadagnato senza peraltro rispettare appieno gli accordi sottoscritti.
La ‘contrattazione’ tra il mondo politico e Autostrade d’Italia S.p.A., insomma, porterà forse maggiori infrastrutture viarie ma il loro costo, che gli italiani hanno già pagato cedendo a basso prezzo alla concessionaria della famiglia Benetton la gestione della maggior parte delle autostrade a pedaggio, rischia di ricadere sugli utenti e sulle imprese, sia direttamente sia indirettamente. Come ha sottolineato infatti l’Ugl, i trasporti sono un settore chiave le cui modifiche possono riflettersi sui costi di distribuzione delle merci con ricadute inflazionistiche.
Non è detto che “a pagare debbano essere gli utenti”, ha risposto Di Pietro, aggiungendo però che si sta “valutando se” far pagare una parte al contribuente oppure prevedere una quota di investimenti ‘anche’ da parte della società, da destinare “a opere anche diverse negli ambiti previsti dalle concessioni”. “E io pago!”, direbbe Totò, consapevole che agli italiani il tanto invocato ‘progresso’ costerà davvero caro.