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Dio? No, grazie. (O forse sì)

di Francesco Arduini - 06/06/2011

Fonte: antidarwin


 

“La creazione dell’universo non necessita di Dio”. Questi e altri titoli simili hanno introdotto articoli su ogni giornale e rivista che si è occupato dell’ultimo libro di Stephen Hawking: “Il Grande Disegno. Perché non serve Dio per spiegare l’universo” edito da Mondadori a marzo di quest’anno.

E’ evidente come, dinanzi a scienziati del calibro di Hawking, molti si siano fermati al solo titolo dell’opera dando aprioristicamente per sensata e comprovata ogni affermazione di colui che è considerato l’erede di Isaac Newton.

Non ho certo la statura accademica né intellettuale per confrontarmi con Hawking o con il suo co-autore, ma, nel mio piccolo, dal basso della mia ignoranza, vorrei modestamente far presente alcune perplessità nate dalla lettura di questo testo.

Riassumendo quella che è l’ipotesi presentata dagli autori, l’origine dell’Universo sarebbe scientificamente spiegabile per mezzo delle stesse leggi che lo caratterizzano. La materia nasce dal nulla per mezzo di fluttuazioni quantistiche. Il principio antropico forte sarebbe giustificato dalla teoria del Multiverso. Secondo questa teoria, le dimensioni quantistiche dell’Universo primordiale lo avrebbero reso soggetto al principio di Feynman; in accordo a tale principio, l’Universo avrebbe “contemporaneamente” assunto ogni stato possibile, compreso quello che a noi risulta finemente regolato per il sostentamento della vita. Non si tratta quindi di un miracoloso intervento divino, ma solo di una “configurazione” fra le tante molteplici effettivamente assunte. Cioè quella in grado di sostenere la vita di persone abbastanza intelligenti da interrogarsi sulle ragioni del tutto.

Secondo Hawking, quando il “credente” risponde “Dio” alla domanda “chi ha dato origine all’Universo?”, commette l’errore di spostare semplicemente la domanda di un “gradino”. L’uomo di Scienza porrebbe subito la successiva domanda: “Chi ha dato origine a Dio?”.

Perplessità numero uno: il nulla teologico

Un’attenta lettura di questo nuovo libro di Hawking, mi convince dell’idea che il nostro autore non sia pienamente consapevole della differenza fra il “nulla fisico” e il “nulla teologico”.

Il “nulla”, in fisica, non esiste. Quando, impropriamente, si parla di “nulla fisico” si intende il “vuoto”. Ma il vuoto non può avere un livello energetico pari a zero altrimenti verrebbe meno il principio di indeterminazione di Heisenberg e quindi non avrebbero luogo nemmeno le fluttuazioni quantistiche all’origine dell’ipotesi Hawkingiana (mi si consenta l’aggettivizzazione). Il concetto di “creatio ex nihilo” insegnato dai testi biblici trasmette invece l’idea di un Dio che crea senza essere in alcun modo limitato da qualsivoglia realtà altra, sia essa materiale e/o energetica. Il “nulla teologico” appartiene al reame metafisico e non si capisce come, qualsiasi considerazione si formuli sul vuoto fisico, possa essa inficiare o invalidare un atto metafisico. Non voglio però dilungarmi su questioni teologiche. Preferisco rimanere sul “campo” battuto da Hawking ed evidenziare altre due perplessità che, dal mio modesto punto di vista, lasciano pensare ad errori di approccio alla problematica.

Perplessità numero due: il limite di Planck

A pag. 127, Hawking scrive: “l’inizio fu governato dalle leggi della scienza e non presuppone un atto di avvio da parte di una qualche divinità”. Quello che non è chiaro ad Hawking è il fatto che, per l’uomo di fede, Dio “abita” oltre il muro di Planck. Per dirla con le parole del Prof. Rondinara, “questo baluardo conoscitivo collocato alla 10-43 sec richiede per la descrizione dello stato dell’universo in quel momento… una teoria quantistica della gravità, che oggi non siamo in grado di costituire e che quindi non possediamo… Da qui l’insuperabilità conoscitiva del tempo di Planck secondo la razionalità scientifica”.

E fintantoché la Scienza avrà un limite, per quanto indietro lo si possa spostare, Dio avrà sempre uno “spazio” a sé riservato.

Perplessità numero tre: l’origine della vita

Anche ammesso che l’Universo abbia avuto origine da fluttuazioni quantistiche, e che il principio di Feynman spieghi perché l’Universo sia così finemente calibrato nelle sue leggi da permettere la nostra esistenza, tutto ciò non spiegherebbe comunque il perché la vita abbia avuto origine.

Il fatto che le leggi dell’Universo permettano l’esistenza di vita cosciente, non significa che tale presenza sia una conditio sine qua non. E’ noto infatti che il cosmo non pullula propriamente di esseri umani in ogni suo angolo. L’abiogenesi è a tutt’oggi indimostrata e rimane un “miracolo” scientificamente irriproducibile. Non si capisce proprio come le elucubrazioni di Hawking possano rendere “nullo” l’intervento di Dio nel nostro Universo o addirittura rendere nullo Dio stesso.

Per concludere, se il “credente” commette l’errore di spostare solamente il problema da “chi ha dato origine all’Universo?” a “chi ha dato origine a Dio?”, certamente Hawking commette un uguale errore limitandosi solo a spostare il problema da “chi ha dato origine all’Universo?” a “chi ha dato origine alle Leggi che regolano l’Universo?”

O dobbiamo credere che una legge compaia dal “nulla” senza la necessità di un Legislatore?

Attendo con ansia il prossimo libro di Hawking sperando in una sua risposta a tale quesito.

Un ultimo appunto: spero anche che il suo prossimo libro contenga un po’ più di informazioni inedite, visto che questo è “scopiazzato” per un buon 80% dalla sua precedente opera intitolata “Dal Big Bang ai Buchi Neri”.