Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Un lago per amico

Un lago per amico

di Eduardo Zarelli - 23/06/2011

http://www.discoveryalps.it/images/foto/ovest_alpi/campagna_vda/Lago_alpino_-_Archivio_fotografico_Consorzio_Valle_del_Monte_Bianco.jpg/_full.jpg

Lo stupore dell'uomo moderno al contatto con la natura incontaminata deve essere in qualche modo simile a quello dell'uomo di inizio ottocento al fischio del primo treno. Qualcosa di incredibile, che si credeva esistesse soltanto come immagine vaga ed astratta, lontana nel tempo e nello spazio, che d'un tratto si materializza davanti agli occhi. Certo, due stupori di segno opposto: se il treno rappresentava allora la promessa dinamica di un futuro dominio sulla natura, ai tempi in cui essa dettava ancora legge sulle distanze, la natura selvaggia simboleggia oggi un passato irraggiungibile. Ma a questa distanza cognitiva non sempre corrisponde una distanza temporale o geografica reale. Esistono, spesso a pochi chilometri da noi, spazi verdi semi-incontaminati, in cui le stagioni dettano ancora la ciclicità del tempo e l'uomo può provare di nuovo un brivido di sgomento nel sentirsi improvvisamente misero e vulnerabile al cospetto del più perfetto degli organismi di cui – per una volta – non è creatore ma parte empatica.

Di contro, a proposito di meccanismi artificiali perversi, due epidemiologi britannici Richard Wilkinson e Kate Pickett ne La misura dell'anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici illustrano una tesi molto chiara supportandola con numerose evidenze statistiche. Se si considerano i paesi ricchi, situati grosso modo tra il reddito pro capite del Portogallo e degli Stati Uniti, quelli in cui il reddito è distribuito in modo più diseguale, mostrano sistematicamente risultati peggiori per una serie di indicatori sociali di benessere/malessere. Per citare i principali: disagio mentale (inclusa la dipendenza da alcol e droghe); speranza di vita, mortalità infantile e molte malattie; obesità; rendimento scolastico di bambini e ragazzi; gravidanze in adolescenza; omicidi; tassi di incarcerazione; mobilità sociale; fiducia/sfiducia nel prossimo e nelle istituzioni. Secondo Wilkinson e Pickett nelle società moderne si osserva uno straordinario paradosso: pur avendo raggiunto l'apice del progresso tecnico e materiale dell'umanità, siamo affetti da ansia, portati alla depressione, preoccupati di come ci vedono gli altri, insicuri delle nostre amicizie, spinti a consumare in continuazione e privi di una vita comunitaria degna di questo nome. In assenza del contatto sociale rilassato e della gratificazione emotiva di cui abbiamo bisogno, cerchiamo conforto negli eccessi alimentari, negli acquisti ossessivi o in forme di divertimento sincopato, oppure ci lasciamo andare all'abuso di alcol, psicofarmaci e sostanze stupefacenti.

Per giungere a queste conclusioni, Wilkinson e Pickett hanno studiato, su diversi decenni, i dati che mostrano come la crescita economica abbia quasi esaurito i suoi effetti benefici per le nostre società. Per migliaia di anni, il modo più efficace per migliorare la qualità della vita umana è stato quello di innalzare il tenore della vita materiale. Quando c'era appena di che sfamarsi, gli anni buoni erano quelli dell'abbondanza. Ma per la maggior parte degli abitanti dei paesi agiati, le difficoltà della vita ormai non consistono più nel procacciarsi il cibo, cercare acqua potabile e mantenersi al caldo. Molti di noi, al giorno d'oggi, vorrebbero poter mangiare di meno anziché di più, e, per la prima volta nella storia, nei paesi Occidentali i poveri sono (in media) più grassi dei ricchi. Da qui le conclusioni più importanti contenute nel volume e cioè che la crescita economica, a lungo il grande motore del progresso, nei paesi benestanti ha terminato in larga parte il suo lavoro. Gli indicatori del benessere e della felicità non crescono più di pari passo con il reddito nazionale; anzi, all'aumentare della ricchezza materiale, le società opulente hanno visto aumentare l'incidenza di ansia, depressione e numerosi altri problemi sociali. Le popolazioni dei paesi sviluppati sono giunte al termine di un lungo percorso storico. Proprio per questo dovremmo reagire, invece di rassegnarci all'idea di dover convivere con livelli di consumismo, individualismo e materialismo, che vanificano qualsiasi tentativo di sviluppare comunità ed economie sostenibili.

Una gita al lago potrebbe essere fonte di ispirazione in merito e la riserva del Lago di Penne è uno dei tanti luoghi "veri" - in controtendenza ai non-luoghi dell'urbanizzazione selvaggia - ed "evocativi" del nostro Paese: un'oasi di 150 ettari, situata fra il Gran Sasso e la Majella, nel nord dell'Abruzzo. La sua storia ha inizio negli anni ottanta, quando un gruppo di ambientalisti decise di occuparsi della tutela naturalistica del bacino, costruito artificialmente nel restringimento della valle del Fiume Tavo, ma divenuto ben presto habitat ideale per centinaia di specie animali e vegetali. A trasformarlo definitivamente in riserva ci pensarono pochi anni dopo due leggi regionali, la prima del 1987 e la seconda del 1989, che istituirono anche una fascia di protezione esterna di 1000 ettari in cui è vietata la caccia.

Oggi il Lago di Penne ospita ben 190 specie di uccelli, 11 specie ittiche, svariati mammiferi e micromammiferi, numerosi rettili, ben 190 specie di uccelli – una di queste, la nitticora è il simbolo della riserva – ed è considerato un esempio di sostenibilità a livello europeo. Il motivo sta nella bravura dei gestori, una cooperativa composta da Comune di Penne, Consorzio di Bonifica Centro e WWF Italia, che sono riusciti a creare, all'interno di questo micro-sistema, un modello economico funzionante nel totale rispetto dell'ambiente.

Ma come hanno fatto? Dal punto di vista energetico seguendo due semplici criteri: il risparmio e l'utilizzo di energie rinnovabili. Il primo perseguito con la costruzione di edifici e sistemi ad alta efficienza energetica e l'educazione al consumo consapevole: l’oasi si presta alle attività didattiche di educazione ambientale con le scolaresche. Il secondo con l'utilizzo di più fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idrogeno e biomasse) integrate fra loro nel progetto “Energia per la terra”, che dovrebbe garantire entro breve la totale autosufficienza energetica dell'intero complesso.

Dal lato economico/organizzativo, si seguono i dettami del turismo responsabile, dunque si riconosce la centralità delle comunità locali ospitanti ed il loro diritto ad essere protagoniste nella sostenibilità del modello economico. Si organizzano attività coinvolgenti – visite guidate, tematiche, campi scuola, campi avventura per ragazzi, famiglie e adolescenti, corsi di formazione, mountain-bike, scuola di volo, cavallo, arrampicata – nel totale rispetto dell'ecosistema circostante, e i visitatori sembrano gradire. Dal 1989 ad oggi l'incremento dei visitatori è stato di oltre il mille per cento: neanche 1.500 furono le visite nell'anno di istituzione del parco, quasi 16 mila sono state nel 2001, ultimo anno di cui sono disponibili i dati. Il flusso positivo si estende alle zone limitrofe e anche l'antico borgo di Penne sembra beneficiarne, con un incoraggiante indotto nelle attività artigiane e di servizi in loco. La riserva naturale del Lago di Penne è un esempio brillante di come sia possibile integrare lo sviluppo tecnologico con il rispetto per l'ambiente, facendo quadrare i bilanci delle economie territoriali, sottraendole alla dipendenza assistenziale, nella partecipazione degli abitanti alla vitalità delle relazioni e del tessuto sociale. È quindi uno spunto per riflettere sul nostro ruolo – quello che vorremo scegliere – nel grande ecosistema chiamato Terra: pensare globalmente, agire localmente.