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Icone d'oggi

di Simone Olla - 24/06/2011


 
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Lo specifico del mito, afferma Michel Maffessoli, è saper cogliere la vita nella sua totalità: esso è parte dell'inconscio collettivo. Il mito è origine, è verità detta dai poeti (Gusdorf); il mito non è sorto dal popolo, ma al contrario ha creato per primo il popolo (Walter F. Otto).  «Un mito creato dall'uomo, o perfino un mito autentico di cui l'uomo si impadronisca per fini strumentali, cioè per fini, in ultima analisi, utilitaristici, non può mai agire veramente, poiché non manifesta più la volontà stessa dell'Essere, ma si limita a tradurre la volontà soggettiva di chi ne fa uso. (Alain de Benoist)
Se il mito – narrazione oggettiva – si realizza in assenza di tempo, l'icona – nonostante la medesima capacità del mito di creare isterie collettive o adesioni tribali – è uno specchio del quotidiano: è qui; è ora.

Dalla modernità alla postmodernità
Nel volume Icone d'oggi di Michel Maffessoli, la ragione – essenza della modernità – è costretta a cadere sotto i colpi dell'irrazionale, e ciò si manifesta in diversi campi della vita sociale; la teatralizzazione ne è un esempio: partendo dall'osservazione di quanto accade, da quella che Maffessoli chiama presentazione (erede della rappresentazione), ci accorgiamo di quanto il sensoriale sia in gioco: «Il passaggio dalla rappresentazione alla presentazione è una questione tutt'altro che teorica; anzi, ha innegabili riflessi sulla vita quotidiana.»  La rappresentazione è soprattutto cerebrale, disincarnata, intellettuale. In una parola è figlia della modernità. La presentazione – in linea coi tempi che stiamo vivendo – solletica i sensi, ammicca con il corpo e ristabilisce un rapporto con le radici terrene dell'uomo.
La fine della modernità – oltre che in termini di teatralizzazione – è letta anche in chiave ludica: dal fuoco alla festa, dal fuoco come tecnica al fuoco come focolare festoso, momento di ritrovo: il regno di Dioniso è solo all'inizio: «Il mito di Prometeo – scrive Maffessoli –, il titano che rapisce il fuoco agli dei per farne dono agli uomini, dopo aver trionfato per tutta la modernità, è ormai logoro; perciò il festoso e chiassoso Dioniso tende a soppiantarlo.»

La mitologia giudaico-cristiana elabora un continuo disprezzo dell'origine e del contemporaneo, proiettando i suoi sguardi nel radioso giorno che verrà, quello della resurrezione. Da teologico, il disprezzo per questo mondo, diviene nei secoli prima filosofico e poi politico: «Quello che la religione intendeva  fare nel paradiso celeste, la politica (rivoluzionaria) lo realizzerà nel paradiso terrestre. In entrambi i casi, però, si tratta di qualcosa di là da venire.» La modernità si è quindi caratterizzata come epoca di futuro, di attesa di qualcosa; la postmodernità, al contrario, è tale perché non prevede più attese nelle nostre vite, non v'è più progetto, aspettativa; la nostra immaginazione si spinge fino al tramonto quotidiano: «È interessante notare – sottolinea Maffessoli – che la tematica stessa del quotidiano era del tutto assente dal pensiero sociologico moderno e che vi è comparsa – per esempio nell'opera dei filosofi – solo perché si potesse farne la “critica”, ossia cercare un modo di superare le diverse forme di alienazione gravanti su di essa. Ancora un volta occorreva emancipare quella povera esistenza da tutte le tare mondane che la opprimevano per rendere possibile, più tardi, l'accesso alla società perfetta.»
Nelle società postmoderne – secondo Maffessoli – tende a prevalere l'eterogeneità e, per dettagliare questi sintomi plurali, l'autore francese fa l'esempio del postmodernismo architettonico e dal richiamo di radici di questa in opposizione ai dettami dell'architettura moderna, il cui modello più compiuto è la scuola del Bauhaus di Ulm: l'abitare non è la riduzione ad un unico valido in ogni spazio e in ogni tempo; non vi può essere un solo modello d'abitare che non tenga in considerazione il territorio e chi abiterà quel territorio. Per esplodere questo unico, secondo Maffessoli, l'architettura postmoderna ricorre ad una serie di citazioni architettoniche prese dal passato: il risultato è «un patchwork nel quale i diversi elementi si fondono armoniosamente in un insieme fortemente organico.» Tuttavia non ci è dato di sapere né come questi elementi si fondino armoniosamente né la caratterizzazione dell'insieme fortemente organico, e di conseguenza quali relazioni vi siano fra postmodernismo architettonico e architettura organicista; quello che il sociologo francese ancora una volta sottolinea è quel sintomo plurale che caratterizzerebbe la postmodernità: Maffessoli fotografa, elenca, sottolinea un dato di fatto, perfettamente coerente con la sua ricerca di ideale comunitario che caratterizzerebbe la postmodernità; a noi il compito di interpretare un simile approccio: può davvero l'edonismo rafforzare il corpo collettivo? Le Cose di Hermès possono per davvero rinsaldare un sentire comune? Il legante è materiale o immateriale, merce o simbolo?
Secondo Maffessoli, l'oggetto-icona nella mitologia postmoderna ha una funzione di mediazione tra il microcosmo personale ed il macrocosmo collettivo; l'oggetto-icona serve il mito nel suo ricreare l'origine, è una reliance, stabilisce un legame di sensi con l'uomo volto alla seduzione: se l'oggetto-icona è in vendita, la seduzione non è fine a se stessa, non esaurisce la sua funzione con la seduzione, ma con la vendita. Esiste certamente una funzione-segno dell'oggetto-icona al di là della merce, ma è oscura, invisibile, e diviene essenza visibile quando l'oggetto-icona si fa merce attraverso il prezzo.
Quando l'emozionale non esaurisce la sua funzione dentro uno schema di reciprocità, perde completamente quello che Maffessoli definisce principio vitale: il ricorso al senso comune, a l'emozionale che rivela, «al di là del mortifero razionalismo moderno, il ritorno di un principio vitale», è ridotto a mezzo di seduzione: consuma e sarai parte di un tutto più vasto.

Individui e tribù
Nell'individuo tribalizzato quegli elementi di (auto)esclusione razionale che hanno caratterizzato l'individuo della modernità, permangono anche se corrotti dal necessario darsi, parti di un tutto – anche virtuale. Quello che Michel Maffessoli definisce come radicamento dinamico è certamente adesione, ma di facile rimozione: l'individuo della postmodernità si manifesta in relazione: le tribù a cui appartiene, le reti e i nodi che frequenta, il ponte la porta la finestra che sono prospettive di identità, la ricerca di una mitologia fondante, sono elementi decisivi nell'analisi del sociologo francese. Maffessoli parte dall'uomo e ritorna all'uomo passando in rassegna le icone dell'immaginario postmoderno, scandagliando quanto accade al nostro agire quotidiano: Harry Potter, MySpace, Hermès, Google, Second Life, Zidane sono forme caratterizzanti la postmodernità, sottolineature di quello che l'autore definisce un «nuovo legame sociale più flessibile e più effimero. […] Si sta costituendo un nuovo spirito del tempo, nel senso forte del termine. […] Infatti il nomadismo postmoderno parla veramente di una realtà sotterranea, e anche di una vita intensa che sembra avere la meglio quasi insensibilmente, a dispetto dell'esistenza sclerotizzata e istituzionalizzata.»
Nell'epoca in cui viviamo – la postmodernità – la socializzazione si pluralizza anche (se non soprattutto) attraverso le icone; ma il legame sociale che ne deriva è definito come reazione, quindi è circostanziato, fragile, facile.

Autore: Michel Maffessoli
Titolo: Icone d'oggi
Edizioni: Sellerio, Palermo 2009
Pagine: 235