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Guarigioni imprevedibili, in cerca delle risposte

di Mario Pappagallo - 24/06/2011

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Una pastiglia finta può ridurre i dolori cronici, l’asma, la pressione alta, il mal di cuore? Sì. È l’effetto placebo. Un miracolo laico, giusto per non confondere troppo le idee in un momento di beatificazioni. L’efficacia è nel credere in un farmaco, non sapendo che in realtà farmaco non è. E, se i risultati ci sono, non si può certo parlare di suggestione. Visto che nelle sperimentazioni nemmeno i medici sanno che cosa stanno somministrando. E se il segreto delle guarigioni inspiegabili fosse proprio nell’organismo umano? Nel suo Dna, nei suoi meccanismi cellulari, nella funzione ancora da scoprire delle cellule staminali, nel potere ancora ignoto del cervello? In fin dei conti il miracolo è l’uomo, i suoi meccanismi biologici. Creato a immagine e somiglianza... Anche il segreto delle guarigioni inspiegabili potrebbe essere lì. A parte l’effetto placebo, non è raro che la prognosi infausta di un male incurabile si riveli, inspiegabilmente, errata nei modi e nei tempi. Nei racconti di importanti oncologi si sente ancora lo stupore di loro pazienti che dopo anni ancora convivono con il loro tumore mentre non sarebbero dovuti vivere più di qualche mese. Casi di remissioni spontanee, inspiegabili di fronte alla scienza perché non ancora interpretabili in base alle attuali conoscenze. Un miracolo nella mia vita (Sperling &Kupfer, pp. 204, e 17,50) di Margherita Enrico esamina proprio le testimonianze di «condannati dalla scienza, salvati dalla fede: storie di guarigioni impossibili» . Un omaggio alla beatificazione di Giovanni Paolo II. Margherita Enrico, giornalista e scrittrice, ha avuto modo di conoscere il Papa polacco insieme al Nobel della medicina Luc Montagnier, ateo. Una coincidenza? Forse no. Commenta Montagnier: «Il libro della Enrico parla di guarigioni straordinarie non spiegate dalla scienza. Guarigioni dalla natura misteriosa come i miracoli che avvengono a Lourdes e dei quali mi sono sempre interessato, fino a studiarli. A questo proposito ritengo che quando un fenomeno è inspiegabile, ed è accertata la buona fede, non serva a nulla negarlo. Molti scienziati fanno l’errore di rifiutare ciò che non comprendono, ma io non condivido questo atteggiamento e cito spesso le parole dell’astrofisico Carl Sagan: l’assenza di evidenza non è l’evidenza dell’assenza» . Molti scienziati che non credono alle guarigioni prodigiose sono soliti ripetere una frase di Felix Michaud: «Crederei ai miracoli solo se mi dimostrassero che una gamba tagliata è ricresciuta. Ma questo non è avvenuto e non avverrà mai» . Ma a Michaud risponde Vittorio Messori nel suo libro Il miracolo. Messori riporta nei minimi dettagli l’eccezionale ricrescita di un arto amputato a un giovane contadino. «Ricrescita» avvenuta in un villaggio dell’Aragona nel 1640. A Calanda, racconta Messori, nella notte del 29 marzo 1640, al giovane Miguel Juan Pellicer rispuntò di colpo la gamba destra, amputata più di due anni prima nell’ospedale di Saragozza in seguito a un incidente. Il fatto avvenne per intercessione della Madonna del Pilar, venerata appunto a Saragozza. Il prodigio della gamba sarebbe stato attestato dopo soli tre giorni da un protocollo notarile, e poi da un processo ecclesiastico con decine di testimoni oculari. Conoscenti, medici, sacerdoti, tutti confermano che sì, si tratta proprio di Miguel, che prima aveva una gamba tagliata, e ora ce l’aveva di nuovo attaccata: un po’ rattrappita, per i primi giorni, ma poi uguale a quella di prima. Perfino con le stesse cicatrici, e un segno rosso circolare sotto il ginocchio dove era stata operata la «saldatura» miracolosa. L’evento era noto in tutta Europa, e Pellicer si recò addirittura in udienza a Madrid, da re Filippo IV, che volle baciargli la gamba restituita. Poi, sull’evento, calò il silenzio. Interrotto solo da Messori. Ma i miracoli non sono appannaggio del solo mondo cattolico. Nel libro della Enrico ne sono raccontati di accaduti a fedeli islamici, a quelli ortodossi, ai non credenti. O presunti tali. E si parla dell’effetto placebo. Anche in questo caso parte dei medici mostra scetticismo, dubita della diagnosi iniziale. Eppure il «non farmaco» a volte è efficace quasi quanto il «vero» farmaco. E, ulteriore confusione per gli scettici, si può avere un effetto placebo perfino in chi non crede nella terapia alla quale si sta sottoponendo. Non solo, nelle sperimentazioni chi prende il placebo spesso può anche accusare effetti collaterali spiacevoli (nausea, capogiri, eczemi). Si parla allora di effetto «nocebo» , e addirittura di un «effetto stregone» . Come quando si pensa di essere colpiti da una maledizione, dal «malocchio» o da una «fattura» : ci si sente davvero male, fino a conseguenze tragiche dettate dall’ansia e dalla paura. Difficile non stupirsi di fronte a ciò che sembra un meccanismo di auto-cura. Un pulsante di reset da usare al momento opportuno. Da scoprire come attivare. A proposito di acque miracolose, di suggestioni terapeutiche. Agli inizi del XVII secolo un indio peruviano, in preda a una fortissima febbre malarica, cercava di raggiungere il suo villaggio attraversando una zona impervia delle Ande. Le forze lo stavano abbandonando, la febbre e la sete lo martoriavano. Era convinto di non farcela, quando trovò una pozza d’acqua. Si gettò a bere, ma si accorse che nell’acqua c’era un grosso ramo dell’albero quina-quina, ritenuto all’epoca velenoso. Rischiò, tanto ormai non aveva più niente da perdere. L’acqua era amarissima perché il ramo, marcendo, rilasciava una sostanza amara, ma non velenosa. Anzi antimalarica: il chinino. Ma l’indio non sapeva che aveva, per puro caso, sperimentato una cura per la malaria. Svenne, stremato dalla fatica. Al risveglio, la febbre era scomparsa e stava bene. Al villaggio raccontò le magiche virtù di quella pozza d’acqua. La notizia arrivò ai gesuiti di Lima, che scoprirono il chinino. E non pensarono certo ad un miracolo...