La tragedia dei palestinesi: la fine della ragione e il trionfo della ingiustizia
di Enrico Galoppini - 15/06/2006
Di fronte all'ennesimo delitto commesso in nome di una valanga di retorica non si sa effettivamente più che cosa scrivere. Anche gli "argomenti" sembrano non aver più importanza: a chi ha una posizione non conviene ascoltarli. Resta solo la capacità di scandalizzarsi, per non finire abbrutiti e annullati come esseri umani.
Quando nel settembre 2005 le autorità israeliane ultimarono il ritiro da Gaza, mentre i soliti media-pappagallo indugiavano sulla (prevedibile) distruzione da parte dei palestinesi di ciò che rimaneva dei (comprensibilmente odiati) centri israeliani evacuati (guardate come sono feroci i palestinesi!), su internet circolava unimmagine molto significativa, che ritraeva dei ragazzini che, finalmente, forse per la prima volta nella loro vita, potevano lanciarsi in una corsa sulla spiaggia e tuffarsi nel mare.
La loro spiaggia e il loro mare
ma questo lavevano realizzato solo in quel momento dincontenibile liberazione, mandando nella disperazione chi sostiene, agitando indimostrabili sacre promesse, che quella spiaggia e quel mare apparterrebbero agli Ebrei (i quali che provengano dalla Siberia o dalla Patagonia, dove vivono indisturbati - sostengono di discendere dai Profeti biblici e da non meglio precisate tribù senza incorrere nellilarità generale, mentre io, non si sa perché, se dico di discendere e neanche in linea di sangue! - dai Sette Re di Roma o dai Latini mi prendono per matto).
Che la spiaggia e il mare fossero loro lo devono aver pensato anche i membri di quella modesta famiglia palestinese che il 9 giugno 2006, mentre faceva un normalissimo picnic è stata annientata dai razzi sparati da un mezzo della marina militare israeliana. Solo Huda, di dieci anni, si è salvata, ma la mamma, il babbo e tutti gli altri cinque fratelli e sorelle (da 1 anno a 17 anni) sono finiti impastati nella sabbia. E anche degno di nota segnalare che la famiglia Ghaliya aveva già dato: quattro i morti ammazzati tra i suoi membri per mano dellunica democrazia del Medio Oriente.
Attenzione ora: se da un mezzo della marina militare sparano dei razzi che massacrano una famiglia che fa un picnic, ha buon gioco chi sostiene che si tratta di un errore. Perché altrimenti si dovrebbe concludere di aver a che fare con dei mostri assetati di sangue. Che è invece la realtà: il 18 maggio 2004 è stato raggiunto il record ineguagliato di un bombardamento di persone che partecipavano ad un funerale. Ma è solo un esempio tratto da una galleria degli orrori che si spiega solo con lodio verso chi ha la sola colpa di non togliere il disturbo. Così va avanti la storiella degli errori e delle relative scuse
Anche oggi, 13 giugno 2006, devono aver ammazzato per errore due bambini palestinesi, colpevoli di trovarsi nella stessa strada in cui è stato compiuto un omicidio mirato: e meno male che è mirato, sennò quanti ne avrebbero ammazzati?
Anchio ieri ero sulla spiaggia. Pensiamo un po a quale tragedia poteva accadermi. Sbattere in una medusa? Una capocciata in uno scoglio? Al massimo una pallonata sugli occhiali: roba da metter mano allavvocato, come minimo. Rischio di morte, decisamente basso: colpo di calore, congestione se ho appena mangiato e faccio il bagno o annegamento in caso di mare agitato.
In Palestina, invece, si può andare al mare ed essere assassinati in massa (ma democraticamente, il che dà una soddisfazione postuma) per iniziativa di uno Stato. Che per giunta, poi, per bocca delle schiere di scribacchini che ha a libro paga, metterà in giro lidea che è proprio da incoscienti portare i figli al mare in un posto pericoloso come quello. Certo, se la mettiamo così, tutto è permesso, e se un posto è pericoloso va da sé che devesser abbandonato in fretta. Ovviamente dai palestinesi. Non nomino chi ha esposto il raffinato ragionamento perché provo vergogna per lui.
Del resto, lo stesso ribaltamento della logica di chi è ancora sano di mente è sotteso al modo in cui hanno presentato, in un tg, il suicidio di tre detenuti musulmani a Guantanamo: Bush si è detto costernato. E il Pentagono: Un atto di guerra da parte dei detenuti, non un atto di disperazione. E come se avessero titolato: Si suicidano tre ebrei ad Auschwitz. Costernazione di Hitler e delle SS[1].
Nel mondo globalizzato, la parola è diventata unarma nelle mani di chi detiene il controllo di un apparato propagandistico che non ammette repliche decisive, ma solo utili variazioni sul tema presentate come pluralismo dellinformazione. Dichiarazioni di guerra quotidiane in forma di parole nei confronti di chi non si è bevuto il cervello e non ha ottenebrato la propria coscienza.
Anche il silenzio, a volte, pesa più delle parole. Tacere una realtà è peggio che stravolgerla (come fa chi la minimizza infilandola come un dettaglio in un tg).
I rappresentanti delle comunità ebraiche di tutto il mondo si sono dati la consegna del silenzio.
Un musulmano, per diventare rispettabile ed allontanare da sé il tintinnio di manette, deve ritualmente prendere le distanze da Bin Laden, da al-Qaida, dai Talebani, da Hamas, dai Fratelli Musulmani, dal burqa, dalla sharia, dal jihad, dalla pena di morte, dalla fatwa del mulla, dai kamikaze, dallinfibulazione e da altre milleduecento cose che sono ragionevolmente al di fuori del suo controllo né hanno (si pensi a Bin Laden) alcun rapporto con lui. Ma questo autodafé del XXI secolo è diventato normale perché i media sono controllati da chi ha interesse ad inculcare il concetto per cui lIslam e i musulmani sono il problema (e si serve anche di qualche palestinese e/o arabo che sta lì giusto a far la parte del negretto di Via col vento).
Ma ammettiamo per un attimo che questa regolare forca caudina abbia un senso. Bisognerebbe allora richiamarsi alla tanto invocata reciprocità di trattamento e chiedere analoghe prese di distanza ai rabbini quando lo Stato di cui hanno la cittadinanza (e che sulla distinzione tra ebrei e non ebrei si basa)[2] commette atti riprovevoli. Se ciascun musulmano che vuol esprimere il suo pensiero deve prendere le distanze da personaggi ed organizzazioni con cui non ha alcun rapporto, a maggior ragione dovrebbero sottostare a questa sceneggiata ministri del culto che sono anche cittadini di uno Stato che commette atti riprovevoli rubricabili nella categoria del terrorismo e le cui organizzazioni hanno per di più rapporti intimi con quello Stato per motivi innanzitutto religiosi[3].
Ma che idiota, non ci avevo pensato: Israele non commette mai atti riprovevoli, e se stermina una famiglia sulla spiaggia lo fa per garantirsi il diritto di esistere, per allontanare l'incubo della soluzione finale, combattere lantisemitismo
La verità è che in tutta questa faccenda (la c.d. questione palestinese, che tutto è tranne che palestinese) tutto è molto chiaro: se ne conoscono le radici ed i risvolti storici, ideologici, economici, politici e strategici. Chi non sa è perché non vuol sapere perché conviene non sapere (o far credere di non sapere, il che è lo stesso).
Fintantoché farà comodo ad un determinato assetto di potere uscito dalla Seconda guerra mondiale assisteremo a questa messinscena atta a garantire un dominio che si nutre della retorica sionista-olocaustica[4].
Gli atti, quindi, non sono riprovevoli in sé, ed è pure ozioso scandalizzarsi ogni volta se si è capito che non si tratta di questioni di principio. Se Israele ammazza avrà sempre le sue razionalissime ragioni, se lo fanno i palestinesi saranno da condannare per la loro furia cieca. Luno è il Bene, la ragione (nel senso di razionalità), gli altri il Male, lirrazionale. E tutto molto semplice, e stupido.
Quando la ragione vien fatta coincidere col Bene (assoluto!), col trionfo dellirrazionalità, è segno che il mondo si è rovesciato. Forse scandalizzarsi serve ancora a qualcosa: a tener desto luso della ragione per reclamare giustizia.
[1] Forse, la costernazione degli uni e degli altri potrebbe ed avrebbe potuto esser dettata dalla perdita di manodopera e/o cavie per esperimenti
quindi, diciamo pure che tale costernazione, in una logica perversa, potrebbe aver un senso!
[2] La legge fondamentale di uno Stato che si guarda bene dal darsi una Costituzione e dei confini definiti è quella detta del ritorno (1950): tutti quelli che possono dimostrare dessere ebrei (noblesse oblige!), possono ritornare dove naturalmente nessun loro avo ha mai vissuto; i palestinesi cacciati, esiliati, fuggiti a più riprese dal
[3] Ma cè anche il fondato sospetto che, visto come si sperticano per difenderlo, costoro vintessano anche rapporti daltro tipo.
[4] Nessuna Huda Ghaliya, dunque, verrà accolta in Italia da quelle stesse Istituzioni dello Stato italiano così solerti nel mostrarsi caritatevoli verso altri casi da strumentalizzare (è stato fatto anche con un bambino iracheno per giustificare la missione umanitaria). Viene da chiedersi se abbia un senso continuare ad organizzare edificanti tournee di sopravvissuti allolocausto affinché non si ripeta più, e quando abbiamo una sopravvissuta dei nostri giorni nessuno se la fila. Un senso, certamente, in tutto questo cè, e lho spiegato in Le amnesie della Giornata della memoria (Rinascita, 29 gennaio 2005).