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Piaccia o no, l’integralismo di Salgado fu il primo movimento di massa della storia brasiliana

di Francesco Lamendola - 16/08/2011




Il movimento brasiliano dell’integralismo, il cui leader carismatico fu Plinio Salgado e che, negli anni Trenta del XX secolo, si caratterizzò come il più importante movimento politico di massa di ispirazione fascista, anzi, come il primo movimento di massa, in senso assoluto, dell’intera storia brasiliana, presenta un notevole interesse storico soprattutto per le connessioni, che in esso si verificarono, fra nazionalismo, populismo, corporativismo e spirito religioso.
In effetti, Plinio Salgado è stato anche un notevole scrittore e pensatore religioso, un fervido cattolico che vedeva nel proprio movimento una sorta di avvento di una nuova età dello spirito, in cui ai falsi idoli del materialismo, del denaro e della tecnica, sarebbe subentrata una aristocrazia radicale, tale da instaurare l’amore di Dio in Terra; e questo aspetto del suo pensiero richiama esplicitamente le grandi utopie medievali, specialmente quella gioachimita.
D’altra parte, senza risalire così lontano nel tempo, una analogia non meno vistosa è quella che si presenta con il movimento romeno fondato da Corneliu Zelea Codreanu, la Legione dell’Arcangelo Michele, poi divenuta (dal 1927) Guardia di Ferro, che uno storico del calibro di Ernst Nolte ha definito come il più interessante fra tutti i movimenti fascisti europei, per le sue caratteristiche di assoluta originalità, accanto a quelle comuni ad altri movimenti analoghi sorti, fra le due guerre mondiali, in varie parti del mondo.
Tralasciamo qui il duplice problema, perché non ci sembra la sede idonea e anche per lo scarso interesse di una discussione puramente teorica, se si possa continuare a definire il fascismo, come hanno sempre fatto sia la storiografia liberaldemocratica, sia quella marxista, come una ideologia puramente e semplicemente di destra; e se si possa parlare del fascismo solo al singolare, considerando gli altri movimenti affini come delle semplici imitazioni del modello italiano, o se non si debba invece parlare di esso al plurale, ciò che implica la necessità storiografica di analizzare i singoli fascismi uno per uno, accentuandone gli aspetti di autonomia nazionale.
Premettiamo solo, per chiarezza espositiva, che noi propendiamo a rispondere negativamente alla prima questione, rivendicando la matrice di sinistra del primo fascismo, quello di Piazza San Sepolcro, e, in parte, anche dell’ultimo, quello di Salò, nonché dello stesso Mussolini e della sua concezione politica generale; e negativamente anche alla seconda, perché, analizzando bene l’Action Française di Maurras, la Guardia di Ferro di Codreanu, le Croci Frecciate di Szálasi, gli Ustascia di Pavelic, per non parlare del franchismo o dell’Estado Novo di Salazar, ci si rende conto ben presto che ciascuno di essi nacque e si sviluppò in condizioni profondamente originali ed ebbe nel fascismo italiano solo un punto di riferimento più o meno generico.
Sia nell’ideologia di Salgado, sia in quella di Codreanu, si trovano dei tratti caratteristici, che sono praticamente assenti negli altri fascismi, a cominciare da quello italiano, che pure è considerato il capostipite ed il modello classico di riferimento per tutti gli altri, nazionalsocialismo compreso (ed è noto come Hitler si sia sempre professato un semplice discepolo di Mussolini), il più vistoso dei quali è, appunto, il primato della concezione religiosa su quella politica, economica e sociale; al punto che entrambi potrebbero essere obiettivamente definiti piuttosto dei movimenti spirituali e mistici con delle implicazioni politiche, piuttosto che il contrario.
Ha scritto lo storico americano Stanley G. Paine nel suo ormai classico studio «A History of Fascism», 1914-1945University of Wisconsin, 1995; traduzione italiana di M. Tamburi e revisione scientifica di W. Mauro con il titolo: «Il Fascismo», Roma, Newton & Compton, 1999, 2006, pp. 350-51):

«Nel corso degli anni Trenta, in Argentina e in Brasile erano estremamente diffusi diversi gruppi della destra radicale, specialmente proto fascisti. Uno storico brasiliano ha individuato la “Legião do Cruzeiro do Sul”, fondata nel 1922, seguita nello stesso decennio dalla “Legião de Outubro”, dal “Partido Nacional Sindicalista”, dal “Partido Fascista Nacional”, dalla “Legião Cearense do Trabalho”, dal “Partido Nascionalista do São Paulo”, dal “Partido Nacional regenerador”, dal “Partido Socialista Brasileiro” e dal “Partido Fascista Brasileiro”. L’unico a raggiungere un’ampia rispondenza e a divenire, in effetti, l’unico grande partito latino-americano che, per molti aspetti, si avvicinasse al fascismo europeo, fu l’”Acão Integralista Brasileira” (AIB, Azione integralista brasiliana) di Plinio Salgado, fondata nel 1932. Il suo nome mostrava origini della destra radicale della dottrina cattolico-monarchica francese e portoghese, ma in qualche misura si ispirava anche al fascismo italiano. Gli integralisti tentarono di raggiungere uno Stato corporativo e autoritario (uno “Stato integrale”) in grado di promuovere una nuova “brasilidade” multietnica, seppure antisemita, una nuova “razza” brasiliana definita in termini culturali e storici più che etnico-biologici. I membri del movimento indossavano camicie verdi e accompagnavano il saluto fascista al termine “Anauê”, tipico degli Indios brasiliani. Salgado stesso era semi-mistico e identificava il movimento con la religione e la santità della famiglia. Diversi vescovi cattolici si mostrarono favorevoli all’AIB e numerosi preti si impegnarono a livello di dirigenti, compreso Helder Cámara, divenuto poi famoso. Vi era un’ampia minoranza protestante tra i membri, i capi regionali e locali, soprattutto tra i tedeschi del Brasile meridionale. Salgado riteneva che l’umanità avesse attraversato tre grandi fasi culturali e che la “Brasilidade”, procedendo in parallelo con i movimenti fascisti europei, avrebbe sviluppato la creatività delle nazioni e avrebbe creato un nuovo impero, anche soltanto spirituale e dottrinale, non appena i principi della “quarta umanità” si fossero diffusi nel’emisfero occidentale.  Il movimento fu decisamente gerarchico e centralizzato sotto la guida carismatica di Salgado. La maggior parte dei membri come dei dirigenti provinciali e locali era al di sotto dei trenta anni. L’élite dell’AIB veniva dall’alta e media borghesia, anche se i dirigenti, a livello locale, provenivano dalla piccola borghesia e da classi sociali inferiori. Il contingente più ampio degli aderenti veniva dalla piccola borghesia urbana, ma era presente anche una parte di operai e Artigiani, insieme a piccoli agricoltori e braccianti, soprattutto delle aree nelle quali era più estesa la proprietà terriera.
Sebbene il termine “totalitario fosse usato dagli integralisti, i loro capi erano in difficoltà di fronte al paganesimo e allo statalismo estremo della maggior parte dei movimenti fascisti europei. Salgado evitò tale definizione ed esaltò sempre l’originalità e l’identità strettamente brasiliane del suo movimento, mentre Miguel Reale, il segretario nazionale dell’AIB per la dottrina, sottolineava che lo “Stato integrale” brasiliano differiva dal fascismo europeo nel maggior rispetto per i “diritti della persona umana”. Mentre il fascismo tendeva al “vitalismo”, l’integralismo poneva l’accento sulla “spiritualità”. Tra il 1935 e il 1938 quello degli integralisti divenne il primo movimento di massa della storia brasiliana e produsse un’adesione maggiore di qualsiasi altro movimento proto fascista dell’America Latina, con almeno 200.000 membri e, presumibilmente, più del doppio. L’AIB non era una semplice copia di un fenomeno europeo, ma esibiva la maggior parte dei tratti più caratteristici del fascismo europeo, anche se più marcatamente dei fascismi europei occidentali che non centrali o orientali. I suoi membri erano cittadini di uno Stato territorialmente soddisfatto, per cui il movimento era più vicino ai “fascismi di pace” dell’Occidente che alle ideologie militariste estreme e ultraviolente.
In quel periodo il Brasile, come molti altri Paesi dell’America Latina e dell’Europa orientale e meridionale. Era governato da un regime autoritario moderato, guidato da Getulio Vargas. Nel novembre 1937 questi annunciò la costituzione di un “Estado Novo”, “Nuovo Stato”, ispirato più all’omonimo regime portoghese che non all’Italia. Sotto il potere di Vargas gli integralisti ebbero lo stesso destino dei nazionalsindacalisti portoghesi con Salazar. Nel dicembre Vargas sciolse ufficialmente il movimento. La prima cospirazione insurrezionale dell’AIB, nel marzo 1938, fallì e il colpo di Stato tentato due mesi più tardi fu schiacciato, e condusse all’eliminazione del movimento.»

Anche la persecuzione degli integralisti brasiliani da parte del governo di Getulio Vargas ci riconduce alla analogia con il caso romeno e alla persecuzione della Guardia di Ferro da parte del governo di Antonescu: in entrambi i casi, dei regimi fortemente autoritari, e dichiaratamente di destra, colpirono e spazzarono via dei movimenti rivoluzionari di ispirazione fascista, ma con profonde istanze religiose; non certo in difesa della democrazia, ma in difesa di se stessi e dello “status quo” economico e sociale.
Getulio Vargas, del resto, mise fuori legge l’integralismo, così come fece per tutti gli altri partiti politici; e, se non avesse avuto poi l’astuzia, per non dire il cinismo, di dichiarare guerra all’Asse dopo l’intervento degli Sati Uniti (agosto 1942), allineandosi ai desideri di Washington e Londra e rifacendosi così una verginità politica internazionale (ma non interna) in vista del dopoguerra, non vi è dubbio che il suo regime sarebbe stato messo moralmente in quarantena dalle nazioni del futuro Patto atlantico (1949), un po’ come accadde alla Spagna di Franco e al Portogallo di Salazar, rappresentando il lato meno presentabile del cosiddetto “mondo libero” durante la Guerra fredda con l’Unione Sovietica.
Il caso della Guardia di Ferro è ancora più ironico perché Hitler, in nome della Realpolitik, scelse di allearsi con Antonescu, ch’egli riteneva - e a ragione - l’unico interlocutore realmente affidabile nel quadro romeno e pertanto, quando quest’ultimo decise di sbarazzarsi definitivamente dei legionari, nel gennaio del 1941, poté contare non solo sulla benevola neutralità del Führer, ma addirittura sul suo appoggio militare, sotto forma di alcune formazioni di carri armati tedeschi dislocate a Craiova (ma ciò avvenne dopo che Codreanu era già stato assassinato in carcere per ordine del re Carol e del Ministro degli Interni, Calinescu).
Il fatto è che Hitler pensava già, oltre alla protezione dei campi petroliferi romeni, essenziali per il suo sforzo bellico, all’Operazione Barbarossa e, quindi, preferiva contare su un alleato certo e indefettibile per l’imminente campagna contro l’Unione Sovietica, come Antonescu, piuttosto che affidarsi ad un movimento estremista mistico-religioso, che viveva nel culto del suo leader assassinato (e che il giornalista Indro Montanelli aveva intervistato pochi mesi prima della morte, riportandone una forte impressione).
Una cosa è certa, e cioè che l’integralismo brasiliano di Plinio Salgado e la Legione dell’Arcangelo Michele di Codreanu condividevano alcuni aspetti essenziali dei rispettivi programmi, pur non avendo coltivato alcun rapporto diretto l’uno con l’altro: l’antibolscevismo e l’anticapitalismo, considerati due facce della stessa medaglia; la ferma volontà di rinsaldare il legame fra il popolo e la religione cristiana (nella confessione cattolica il primo, in quella ortodossa il secondo); l’assenza di elementi imperialistici verso le altre nazioni, essendo entrambi espressione di un nazionalismo soddisfatto sul piano territoriale; la pregiudiziale antisemita, dovuta alla convinzione che gli Ebrei fossero i principali beneficiari dello sfruttamento delle ricchezze nazionali e dell’impoverimento delle forze sociali “indigene”.
In altre parole, entrambi i movimenti presentano un orientamento complessivo di tipo antimoderno, vedendo nel comunismo e nel capitalismo le due brache di una tenaglia destinata a stritolare il mondo in un generale appiattimento materialistico e ateo e in una distruzione delle radici spirituali e delle identità nazionali; e ciò spiega, almeno nel caso della Guardia di Ferro, l’atteggiamento negativo assunto verso di essa dalla Germania hitleriana, che non gradiva né l’anticapitalismo di Codreanu, né la sua impostazione mistico-religiosa, né, infine, la sua strenua difesa dell’integrità territoriale romena contro le tentazioni separatiste della minoranza tedesca in Transilvania, che richiamavano da vicino quanto accaduto alla Cecoslovacchia con il movimento separatista dei Sudeti di Konrad Heinlein.
Verrà il tempo in cui gli storici di professione oseranno porsi in un atteggiamento più obiettivo verso l’integralismo brasiliano, mettendosi a studiarlo senza pregiudiziali ideologiche o d’altro genere?