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Emissioni in Turchia: quasi raddoppiate negli ultimi venti anni

di Angela Lamboglia - 02/09/2011


Quanto più cresce la popolazione, e con essa il fabbisogno energetico, tanto più aumentano le emissioni di gas a effetto serra. Una ricerca dell’università di Bahçeşehir denuncia la mancanza di risposte politiche da parte del governo turco e avverte: pagheremo poi i costi del cambiamento climatico.


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Emissioni: una ricerca dell’università di Bahçeşehir denuncia la mancanza di risposte politiche da parte del governo turco

La crescita dei Paesi emergenti si sta accompagnando ad un’ascesa vertiginosa delle emissioni di gas serra: in Cina si è assistito ad un incremento del 186 per cento in venti anni, in India del 152 per cento e in Iran del 137 per cento.

La Turchia sta percorrendo la stessa strada e secondo uno studio condotto dal Centro per la ricerca economica e sociale della Bahçeşehir university (BETAM) ha sperimentato un aumento delle emissioni pari al 98 per cento tra il 1990 e il 2009, da 187 milioni a 370 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

L’incremento delle emissioni ha preso avvio nella metà degli anni Ottanta e non si è mai interrotto con l’unica eccezione di un calo del 2 per cento nel 2008, a causa del primo impatto della crisi economica globale. Il maggior contributo viene dal settore energetico, a cui si deve il 75 per cento delle emissioni.

La correlazione tra scelte economiche e emissioni è, secondo gli studiosi di Istanbul, fin troppo evidente: gli stessi membri del governo utilizzano la minaccia di un rallentamento della crescita per giustificare la mancata adozione di impegni ambientali che - in linea con quanto professato da altre economie emergenti e dagli stessi Stati Uniti - ostacolerebbero la loro competitività.

Quel che però la ricerca del BETAM si propone di evidenziare è che scelte oggi considerate competitive potrebbero provocare effetti irreversibili sull'ambiente e riflettersi comunque in futuro in nuovi costi, a cominciare da quelli per l’adeguamento ai cambiamenti climatici.

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La Turchia prevede entro il 2023 la costruzione di ulteriori centrali a gas e a carbone e di tre nuove centrali nucleari

Per i ricercatori la Turchia dovrebbe iniziare ad analizzare le conseguenze a lungo termine della sua politica e introdurre dei piani di incentivazione per le fonti energetiche rinnovabili, il cui sviluppo è stato affidato finora solo all’iniziativa privata.

Al contrario di quanto auspicato dallo studio, invece, il recente Piano d'azione sui cambiamenti climatici adottato dal Ministero dell'Ambiente e delle Foreste turco non ha posto alcun obiettivo per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e prevede anzi la costruzione, entro il 2023, di ulteriori centrali a gas e a carbone e di tre nuove centrali nucleari.

Propositi che la collocano lontano dalla tendenza alla diminuzione delle emissioni manifestata dall’Unione europea, cui pure aspira a far parte, e più in generale dal dibattito globale sul cambiamento climatico.

L’adesione al Protocollo di Kyoto, decisa solo due anni fa, non ha prodotto alcuna conseguenza, in quanto il Paese è stato esonerato dal conseguimento degli obiettivi per il 2012.

Per quanto riguarda il prossimo appuntamento sul clima delle Nazioni Unite a Durban, dal 28 novembre al 9 dicembre 2011, i ricercatori non confidano nell’assunzione di maggiori impegni da parte del governo, a meno che non vengano introdotti target legalmente vincolanti, e non solo volontari.

Per la Turchia, avverte il rapporto, potrebbe essere l’ultima occasione.