Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le ricerche sulla complessità espandono i confini della scienza

Le ricerche sulla complessità espandono i confini della scienza

di Gianfranco Bologna - 02/09/2011


 

 

Siamo nel cuore di una straordinaria avventura: l'avanzamento della nostra conoscenza ci sta portando, in questi ultimi tempi, oltre i confini di quelle che, sino ad ora, abbiamo individuato come "frontiere" acquisite. E questo deriva certamente da diversi approcci innovativi che si basano su intuizioni, riflessioni e prove che stanno dando i loro frutti, anche se, ad oggi, non possono essere proprio dichiarati maturi. In questa situazione la separazione concettuale tra le diverse discipline nelle quali noi suddividiamo la nostra conoscenza del "reale" si fanno sempre più sfumate ed incerte, sfidando le nostre capacità di comprensione.

Le consapevolezze relative all'incertezza, alla complessità, alla probabilità, alla casualità, alle nostre distorsioni cognitive si fanno sempre più consistenti nell'affascinante panorama della ricerca interdisciplinare attuale.

E in questa ricerca interdisciplinare attuale la scienza della sostenibilità costituisce una sfida straordinaria e di grande fascino. Se come più volte ho suggerito nelle pagine di questa rubrica, siete diventati frequentatori abituali del sito del Santa Fe Institute, fondato nel 1984 per organizzare e promuovere le ricerche sulla complessità, non può esservi sfuggita la bellissima frase che è nell'homepage "Complexity research expanding the boundaries of science", le ricerche sulla complessità che espandono i confini della scienza (www.santafe.edu).

Le moderne ricerche sulla complessità, l'incertezza, la casualità, la probabilità, sono di grande importanza per dare corpo e sostanza alla scienza della sostenibilità.

Il fisico Leonard Mlodinow (professore al California Institute of Technology CALTECH) scrive nel suo bel volume "La passeggiata dell'ubriaco. Le leggi scientifiche del caso" (2009, Rizzoli Editore) :" Negli ultimi decenni è emerso un nuovo ambito di studi che cerca di capire in che modo esprimiamo giudizi e prendiamo decisioni di fronte a informazioni imprecise o incomplete; si è scoperto che nelle situazioni che coinvolgono il caso, i nostri processi mentali sono spesso molto fallaci. Queste ricerche riuniscono discipline diverse: oltre alla matematica e alle scienze esatte coinvolgono la psicologia cognitiva, l'economia comportamentale e le moderne neuroscienze. Ma benché questi studi sono stati coronati da un recente premio Nobel (per l'economia) sono rimasti appannaggio dei circoli accademici e non si sono diffusi presso il grande pubblico".

Il Nobel per l'economia di cui parla Mlodinov è quello del 2002 attribuito a Daniel Kahneman, che insieme a Amos Tverski (1937 - 1966) si è dedicato a scoprire le aree nelle quali gli esseri umani non fanno uso del pensiero razionale e non seguono, ad esempio per quanto riguarda l'economia, il comportamento economico ottimale, fornendo così contributi fondamentali per la psicologia cognitiva. I due grandi psicologi ci hanno insegnato molto sul modo in cui percepiamo e gestiamo l'incertezza. Le loro ricerche, condotte nei primi anni settanta su una popolazione di studenti e professori, hanno mostrato che non comprendiamo correttamente le probabilità. Hanno inoltre evidenziato che, nei rari casi in cui le comprendiamo, non sembriamo tenerne conto nei nostri comportamenti.

Come ho già scritto nelle pagine di questa rubrica su questi temi sono veramente straordinari i libri di Nassim Nicholas Taleb (2003, " Giocati dal caso. Il ruolo della fortuna nella finanza e nella vita", 2009," Il Cigno nero. Come l'improbabile governa la nostra vita", 2010, "Robustezza e fragilità. Che fare ? Il Cigno nero tre anni dopo" e "Il letto di Procuste" tutti editi da il Saggiatore, vedasi il sito di Taleb www.fooledbyrandomness.com ).

Taleb in "Giocati dal caso" ci ricorda che gli studiosi di psicologia evoluzionistica documentano che non abbiamo avuto, nell'arco della nostra storia come specie, l'incentivo a sviluppare la capacità di comprendere la probabilità perché non ne abbiamo avuto bisogno, ma la ragione più profonda è che non siamo progettati per capire le cose. Siamo fatti solo per sopravvivere e procreare. Per sopravvivere, dobbiamo sovrastimare alcune probabilità, come quelle che possono mettere a repentaglio la nostra sopravvivenza. Il nostro cervello è stato cablato con distorsioni che possono ostacolarci in ambienti più complessi, ambienti che richiedono una più accurata valutazione delle probabilità.

Diverse discipline concorrono quindi a giustificare le nostre distorsioni cognitive, la cui rilevanza diminuisce la nostra razionalità, intesa come insieme coerente di valutazioni (libero cioè da contraddizioni logiche) sia come comportamenti che con queste valutazioni sono incompatibili.
Riferendosi alle affascinanti ricerche del Santa Fe Institute, Taleb ci ricorda che questi scienziati ci stanno provando seriamente nella comprensione dei sistemi complessi e ci hanno fornito indicazioni e soluzioni meravigliose nelle scienze fisiche e modelli migliori (anche se non ancora soddisfacenti) nelle scienze sociali. Taleb scrive : "E se alla fine non avranno successo, sarà semplicemente perché la matematica potrebbe non essere affatto di grande aiuto nel nostro mondo reale."


Dopo aver pubblicato il bel volume del 2003 "Non linearità, caos, complessità" (pubblicato da Bollati Boringhieri e pubblicato poi in inglese nel 2005 dalla prestigiosa Oxford University Press), due noti studiosi italiani della complessità, l'analista dei sistemi Cristoforo Sergio Bertuglia e il fisico Franco Vaio dell'Università di Torino, hanno pubblicato recentemente un altro interessantissimo volume (2011," Complessità e modelli", Bollati Boringhieri). In questo ricco volume Bertuglia e Vaio forniscono un interessante affresco del concetto di complessità, approfondendo poi in maniera molto ampia la modellistica della complessità oggi esistente, sia nel campo delle scienze fisiche e naturali che in quelle sociali.

Bertuglia e Vaio ci ricordano che in un sistema complesso si manifesta una fenomenologia caratterizzata dalla molteplicità dei possibili esiti che il sistema, potremmo dire così, è capace di esplorare nella sua evoluzione, e a cui è capace di adattarsi. Ciò si concretizza in alcune modalità dinamiche generali e in alcuni elementi caratterizzanti. Di particolare rilievo è la cosidetta "emergenza" dei tratti caratteristici che si estendono al sistema come un tutto e che non possono essere ricondotti alle proprietà delle singole parti prese separatamente le une dalle altre.

Le proprietà emergenti si manifestano nella creazione di stati aut organizzati di tipo gerarchico, la cui reciproca coerenza è assicurata dal meccanismo che agisce dal basso, di tipo bottom up: dalle parti costituenti al tutto. I cosidetti Social Ecological System (SES), i sistemi socio-ecologici costituiti dai sistemi naturali e dai nostri sistemi sociali, sono sistemi complessi e la loro analisi è oggetto delle ricerche della scienza della sostenibilità.

Nonostante gli stimolanti ed interessantissimi avanzamenti nel campo delle scienze della complessità, Bertuglia e Vaio tengono molto correttamente a ricordare che, malgrado l'importanza e l'ubiquità del concetto di complessità nella scienza contemporanea, non esiste al momento attuale un modo generale e universalmente accettato per definire la complessità di un sistema come una vera e propria grandezza, in termini quantitativi appropriati. Non vi è ancora un modo generale, non specifico di un particolare contesto e di un particolare punto di vista, per tradurre il concetto di complessità da espressioni qualitative a precise e rigorose formulazioni quantitative.

La mancanza generale di un metodo di misurazione può essere la conseguenza del fatto che la nostra stessa comprensione dei sistemi complessi è solo agli inizi e che il quadro unificatore in cui collocare le scienze naturali e le scienze sociali, che la complessità sembra promettere, è ancora frammentario.

Il nuovo libro di Bertuglia e Vaio è molto utile per fare il punto sulle conoscenze relative ai sistemi complessi ed anche per considerare i limiti che ancora sono presenti nella comprensione dei fenomeni. Non a caso essi opportunamente scrivono: "Il tema della complessità è vasto ma non sono solamente i suoi dettagli a essere ancora in via di definizione: tuttora manca ancora di una teoria che abbia un adeguato carattere di generalità. Il quadro interpretativo che la complessità propone è tuttavia promettente. Il cammino su cui ci si è avviati verso questo nuovo approccio interpretativo unitario di fenomeni diversi, pur intrapreso da non lungo tempo, è passato attraverso molte fasi, a volte susseguitesi nel tempo, a volte svoltesi contemporaneamente in discipline diverse. Tali fasi non costituiscono solo momenti di sviluppo tecnico bensì anche momenti in cui le nuove concezioni introdotte hanno aperto nuovi orizzonti interpretativi [...] La complessità dunque, vista come nuovo quadro di ampio respiro, comune a molte discipline scientifiche a volte lontane fra loro, si configura come un percorso del pensiero scientifico e non come una nuova costruzione teorica o un nuovo schema logico-formale astratto per reinterpretare gli elementi compresi in un paradigma già esistente.

E' invece un'avventura del pensiero che si sta sviluppando in strettissimo contatto con le osservazioni sperimentali in ambiti svariati che, almeno questo è ciò che ci si attende, porterà verso un nuovo e ampio quadro interpretativo di fenomeni diversi: un percorso diverso da quello che conduce alla costruzione di un nuovo paradigma specifico di una disciplina. E in questo percorso non si potrà prescindere dalle osservazioni dei fatti (le discipline scientifiche non possono esimersi dal continuo confronto con i dati sperimentali, in particolare nel momento della verifica dei modelli e delle teorie). Fondamentale resta, è evidente, qui come altrove, la doverosa cautela per evitare superficiali e frettolosi entusiasmi originati da una sopravvalutazione dei risultati sperimentali o da una loro errata interpretazione. [...] L'affacciarsi della complessità non è stato l'emergere di una risposta nuova a un problema classico, già codificato nella tradizione epistemologica. E' stato, piuttosto, il formarsi della consapevolezza di un nuovo modo di porre problemi, in particolare problemi considerati irrilevanti nel paradigma della scienza classica: per intenderci quello di origine galileiana-cartesiana-newtoniana. E' stato in sostanza l'emergere quasi contemporaneo in svariati ambiti scientifici, di un nuovo quadro interpretativo comune per fenomeni diversi: un nuovo modo di interpretare il mondo. La complessità non possiede, nel pensiero scientifico contemporaneo, uno statuto assimilabile a nozioni come quella di traiettoria nella meccanica, guscio o livello atomico nella fisica quantistica o codice genetico in biologia; non rimanda a una disciplina specializzata né a un insieme di tecniche capaci di risolvere i problemi. In altre parole lo sviluppo della complessità, per come questa si configura, appare essere cosa del tutto diversa dai momenti cha hanno scandito la storia della scienza [...] L'introduzione della complessità appare invece corrispondere a una sorta di risveglio al richiamo posto da un problema, a una presa di coscienza su una diversa e più efficace interpretazione di fenomeni, comuni ad ambiti diversi."

La situazione provocata dai grandi cambiamenti globali causati dalla nostra specie nei sistemi naturali, pone ancor di più una sfida straordinaria alle nostre capacità di decidere in situazioni di grande incertezza. Non è infatti un caso che proprio in questi giorni sia stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica "Trends in Ecology and Evolution" il bel lavoro di alcuni dei grandi studiosi della scienza della sostenibilità (Polasky, Carpenter, Folke e Keeler) dal titolo "Decision-Making under Great Uncertainty : Environmental Management in an Era of Global Change" (vedasi il sito dello Stockholm Resilience Centre www.stockholmresilience.org).