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Canguri e giraffe non s’incontreranno mai, ovvero il mistero della biogeografia

di Francesco Lamendola - 07/10/2011







Gli studiosi di quel ramo affascinante della biologia che è la biogeografia, ossia la distribuzione spaziale delle diverse specie animali e vegetali, hanno suddiviso l’intero globo terracqueo in alcune regioni dette, appunto, biogeografiche.
A sua volta, la biogeografia si può suddividere in fitogeografia (oggi più frequentemente denominata geobotanica, e come tale presentata nei corsi universitari), che studia la distribuzione spaziale delle piante, e zoogeografia, che considera la distribuzione degli animali; anche se fra le due mappe che ne risultano non si può dire che esistano sostanziali differenze.
Esistono, invece, delle notevoli differenze nel tempo; perché, proprio come si è modificata notevolmente la distribuzione spaziale dei continenti, dei mari e delle isole, processo che è tuttora in corsa, sebbene quasi impercettibile (teoria della tettonica a zolle), ugualmente si è modificata la distribuzione delle piante e degli animali nel corso delle ere geologiche.
Poiché abbiamo già trattato numerosi aspetti della distribuzione delle piante e degli animali sulla superficie terrestre, ci permettiamo di fare alcuni rimandi ai relativi articoli, pensando di fare cosa utile al lettore.
Delle più antiche regioni floristiche terrestri, quelle del Paleozoico, ci siamo già occupati in un precedente articolo (cfr. «La differenziazione delle flore paleozoiche nei supercontinenti di Laurasia e Gondwana», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 25/08/2010); ora rivolgeremo la nostra attenzione ala situazione attuale; specificando che anch’essa, ovviamente, come ogni cosa sul nostro pianeta, clima compreso, è in lenta, continua evoluzione (assai meno lenta, anzi fin troppo rapida, negli ultimi secoli, a causa della dissennata azione umana).
In questa sede, comunque, parleremo delle grandi regioni biogeografiche soprattutto dal punto di vista della zoogeografia, perché più familiare al lettore non specialista; anche se bisogna pur dire che l’elemento caratterizzante del paesaggio di un determinata regione è in primissimo luogo quello vegetale e solo in un secondo tempo quello zoologico.
Bisogna anzitutto premettere che, benché esista un accordo di massima fra i biogeografi circa i rispettivi confini delle diverse regioni, alcuni di questi ultimi sono tuttora oggetto di accese discussioni: tale è il caso, per esempio, del “confine” tra la regione del Sud-est asiatico e quella australiana, che alcuni vorrebbero porre al di qua, e altri vorrebbero fissare al di là dell’isola di Celebes e delle Piccole Isole della Sonda; e anche di questa controversia ci siamo già occupati (cfr. il nostro articolo «La “linea Wallace” e la “linea Weber” custodi di un enigma affascinante della biogeografia», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 08/01/2009).
Le grandi regioni biogeografiche sono otto: Paleartica, Etiopica, Orientale, Australiana, Neartica e Neotropicale.
La Regione Paleartica (ossia “settentrionale antica”, o, per dir meglio, “settentrionale del Continente Antico: Eurasia e Africa) comprende l’Europa, gran parte dell’Asia fino all’Hindu Kush, all’Himalaya e alla Cina meridionale, nonché la sezione nord-occidentale dell’Africa, la cosiddetta Africa Minore (ossia la regione dell’Atlante), che alcuni studiosi prolungano verso Est, includendovi anche la Libia e l’Egitto.
Nonostante la sua vastità (qualcosa come 50 milioni di kmq.), o forse proprio per questo, ospita meno specie esclusive di qualunque altra regione; i suoi confini sono i meno definiti, in quanto non sono posti in corrispondenza di istmi o coste oceaniche, ma giacciono a contatto con vaste superfici di altre regioni biogeografiche.
In particolare, in essa sono presenti molti animali che vivono anche nella Regione Neartica, posta alle medesime latitudini settentrionali e ad essa collegata dal “ponte” naturale rappresentato dallo Stretto di Bering, che, durante le epoche glaciali, è stato a lungo all’asciutto ed ha permesso abbondanti migrazioni di specie nei due sensi: dalla Siberia in Alaska e viceversa.
Gli animali caratteristici di questa regione sono cervidi, orsi, camelidi ed essa è anche la zona di origine di cavalli (cavallo di Przewalski), asini, anatre e colombi; ma era immensamente più ricca di specie di quanto non lo sia oggi, dato che, qui, l’opera distruttrice dell’uomo si è dispiegata con particolare virulenza (cfr. l’articolo «La fauna selvatica dell’antico Egitto: una vera arca di Noé, degna del Paradiso terrestre», in data 29/06/20010).
Anche il gatto è originario di questa regione o comunque vi si è diffuso sin da tempi relativamente antichi; parliamo del gatto selvatico, ovviamente, e non delle varie specie di gatto domestico che da esso sono derivate; alcune specie di gatto selvatico sono presenti, peraltro, anche nell’Africa sub-sahariana e in India (cfr. l’articolo «Il atto selvatico, elusiva presenza dei nostri boschi», apparso in data 27/02/2008).
La Regione Etiopica comprende l’Africa, ad esclusione della fascia settentrionale mediterranea, dall’Atlantico al Mar Rosso, o - secondo altri – ad esclusione della sola parte nord-occidentale, con le isole Canarie, le Azzorre e Madera; include il Madagascar (nonostante questa grande isola presenti taluni affinità biologiche con l’arcipelago indo-malese) e, in Asia, si prolunga fino ad includere l’estremità meridionale della Penisola Arabica (secondo alcuni, solo la sezione sudoccidentale, corrispondente allo Yemen).
Questa regione è caratterizzata dalla presenza delle grandi scimmie catarrine, come gli scimpanzé e i gorilla, nonché dagli elefanti, dagli ippopotami, da varie specie di antilopi e gazzelle e dalle zebre; inoltre da un caratteristico mammifero cacciatore di formiche, che vive in tane sotterranee: l’oritteropo.
Sia i leoni che gli elefanti non sono esclusivi di questa regione, ma si trovano anche in quella Orientale; le due regioni sono nettamente separate l’una dall’altra, ma in tempi storici il leone era largamente diffuso anche nel Medio Oriente, dalla Palestina alla Mesopotamia e all’Altopiano Iranico, oltre che in Europa; e quindi vi era continuità nella sua distribuzione dalle rive dell’Oceano Atlantico sino alle foreste dell’India (cfr. il nostro articolo «Il destino del leone europeo ed asiatico, tragico esempio dell’insensata distruttività umana», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 08/07/2008).
La regione Orientale si estende nella sezione meridionale e sud-orientale dell’Asia, comprendendo il subcontinente indiano, l’Indocina (per alcuni, anche l’estrema fascia sudorientale della Cina; per altri, invece, lo stesso Vietnam apparterebbe ancora alla Regione Paleartica) e l’Arcipelago indo-malese, dove, come si è detto, i suoi limiti sono oggetto di discussione.
Secondo la linea Wallace, essa includerebbe interamente il suddetto arcipelago, ad esclusione soltanto delle Molucche; secondo la linea Wallace, invece, comprenderebbe solo Sumatra, Giava (e non Bali), il Borneo e le Filippine; ma non Celebes, né il cordone peninsulare che giunge fino a Timor; secondo entrambe le linee, comunque, le Molucche non ne fanno parte.
La gigantesca catena dell’Himalaya ha rappresentato il principale fattore di separazione di questa regione dal resto del Continente Antico; è popolata da numerosi primati, proscimmie, oranghi, rinoceronti unicorni (differenti, quindi, da quelli africani, che hanno due corni), tigri, pavoni e varie specie del genere Gallus.
Le tigri, in verità, sono originarie della Regione Paleartica, poiché l’area di diffusione originaria va ricercata fra la Siberia e l’Asia centrale; più tardi sono riuscite a valicare l’Himalaya e a diffondersi nella Penisola Indiana e in quella Indocinese, sempre prediligendo, però, per quanto possibile, gli ambienti freschi e ombrosi. Anche il tarsio, un piccolo mammifero dagli occhi enormi, che si arrampica sui rami degli alberi, è una specie caratteristica di questa regione, simile alle Proscimmie ma inserito dagli zoologi in un sottordine a parte, quello degli Aplorrini.
Per quanto riguarda la vegetazione, molti cambiamenti sono intervenuti e alcune specie antichissime, come il Ginkgo Biloba, sono state salvate e diffuse nel resto del mondo quando parevano ormai destinate a scomparire; vicenda analoga è quella della Metasequoia, scoperta nel 1941 da una guardia forestale nella Cina su-occidentale e fino ad allora considerata completamente estinta da moltissimo tempo (cfr. l’articolo «Cicadine, Ginkgoine, Conifere: ma quante piante fossili prosperano oggi, con buona pace di Darwin», in data 06/06/2011).
La Regione australiana comprende le isole dell’Arcipelago indo-malese a Est della linea Weber (o della linea Wallace), le Molucche e tutta l’Oceania, vale a dire la Nuova Guinea, l’Australia con l’appendice insulare della Tasmania, la Nuova Zelanda e tutti gli arcipelaghi e le isole dell’Oceano Pacifico meridionale, fino alle Hawaii e ai gruppi più orientali della Polinesia, nonché le isole di Pasqua e Sala-y-Gomez.
In questa regione spiccano e anzi predominano i Marsupiali, di cui esiste una varietà maggiore che in qualsiasi altra parte del mondo. Una fauna peculiare è quella dei Mammiferi monotremi, come l’echidna e l’ornitorinco. Stranamente, mancano i placentati autoctoni, con la sola eccezione del dingo; eppure sembra ormai accertato che anche questo mammifero non sia originario dell’Australia (è assente, fra l’altro, dalla Tasmania), ma che vi sia giunto in epoca storica, importato dagli aborigeni e poi rinselvatichito. Anche l’avifauna è molto caratteristica, essendo rappresentata da grossi uccelli non volatori, come il casuario e l’emù, e dal piccolo kiwi.
Nel complesso, questa regione è quella che presenta la fauna più arcaica e più interessante, con degli animali che sembrano dei veri e propri enigmi biologici, come l’ornitorinco, un animale così strano che i curatori dei primi musei di storia naturale lo credettero un falso, o come lo zaoglosso: entrambi  possiedono la cloaca, come i rettili e gli uccelli, ossia un unico sbocco esterno tanto del canale alimentare che di quello urinario.
Il tuatara della Nuova Zelanda, poi, è il rettile più antico che si conosca allo stato vivente: appartenente alla famiglia dei Rincocefali, possiede addirittura una sorta di terzo occhio allo stato embrionale, posto sulla sommità del capo.
Anche la flora presenta in questa regione aspetti di particolare interesse ed originalità; valga per tutti il caso dell’eucalipto («Eucalyptus amigdalina»), il gigante del mondo arboreo, una Mirtacea che qui, nel suo habitat naturale, può arrivare a 100 metri d’altezza e a 10 metri di diametro, con foglie dimorfe di color verde-azzurrino.
Rimandiamo il lettore ad alcuni scritti precedenti: «La sopravivenza del canguro arboricolo di Vogelkop è legata a quella della foresta pluviale» (in data 03/08/2010); «La scoperta del Dingiso, canguro arboricolo della Nuova Guinea» (in data 28/04/2010); «L’ape carpentiera di Celebes ci dischiude un’altra idea sulle variazioni morfologiche animali» (in data 03/06/2010); «Il Moa gigante della Nuova Zelanda è davvero estinto per sempre?» (in data 28/02/2010); «La “tigre della Tasmania” si aggira ancora nel fitto delle foreste australiane?» (in data 26/09/2008); e, per quanto riguarda la flora, «La scoperta dell’Hibiscus distans, ultimo superstite di un’antica flora pluviale del Pacifico» (in data 05/05/2008).
La Regione Neartica (cioè settentrionale del Nuovo Continente) comprende l’America del Nord, con la Groenlandia e anche l’Islanda (quest’ultima geograficamente europea),  fino alla zona centrale del Messico; essa termina alquanto più a Nord dell’Istmo di Tehuantepec e non comprende le Antille; il suo limite sud-orientale va posto all’estremità delle Isole Key, che prolungano la penisola della Florida, abitate da una specie peculiare di piccolo cervide  (cfr. il nostro articolo «Il cervo di Key sull’orlo dell’estinzione per la caccia e la distruzione della foresta tropicale», apparso su Arianna in data 21/07/2008).
La Regione Neartica possiede una fauna di Mammiferi che è in buona parte comune con quella della Regione Paleartica, rappresentata da orsi, cervi e bisonti; il bisonte americano è parente del bisonte dell’Europa centrale, entrambi oggi salvati dall’estinzione solo grazie all’istituzione di foreste protette (ma non si è salvato dall’estinzione l’uro, un tempo frequente nelle selve della Germania e della Polonia e già descritto da Cesare nel «De Bello Gallico»).
La fauna di elefanti primitivi, genericamente chiamati mammut, di rinoceronti lanosi e di bisonti primigeni, questi ultimi assai più grandi degli attuali, era, anticamente, molto più ricca e varia di quanto possiamo oggi immaginare e ad essa andavano aggiunti i colossali megateri e le tigri dai denti a sciabola; peculiare era anche il cavallo, poi scomparso e reintrodotto dall’uomo in epoca storica, con l’arrivo degli Europei.
È molto probabile, per non dire quasi certo, che la scomparsa di questa imponente fauna preistorica della Regione Neartica sia stata provocata dall’azione umana; così come, del resto, è accaduto anche per quella paleartica, mano a mano che il paesaggio vegetale originario è stato stravolto e distrutto dalla progressiva antropizzazione (cfr. il nostro articolo «Fu l’uomo a causare l’estinzione dei grandi animali lanosi del Nord America?», in data 25/03/2008).
Alcuni altri mammiferi, invece, sono peculiari della Regioni Neartica e fra essi l’antilocapra, il quadrupede più caratteristico delle Montagne Rocciose e del Gran Bacino; così come, a livello floristico, è caratteristica la sequoia gigante («Sequoiadendron giganteum», altro colosso del mondo arboreo, ora limitato alle pendici della Sierra Nevada in California, ma un tempo assai più diffusa, che non si ritrova in alcuna altra parte del mondo.
Infine viene la Regione Neotropicale o Neotropica, che comprende tutta l’America Centrale e Meridionale, a partire dall’Altopiano del Messico e con tutte le isole e gli arcipelaghi del Mar dei Caraibi, nonché le Isole Galapagos, le Juan Fernandez e le Falkland.
Dopo la Regione Australiana, è la più isolata dal punto di vista geografico, anche se, in passato, vi furono abbondanti migrazioni di specie animali e vegetali dal Nord al Sud America e viceversa; presenta inoltre delle forme arcaiche o vagamente imparentate con specie viventi in zone lontanissime del pianeta, ciò che la rende di particolare interesse tanto per il botanico, quanto per lo zoologo (cfr. gli articoli «Un santuario della natura unico al mondo: le Isole Juan Fernandez», sempre sul sito di Arianna, in data 11/01/2008; «Darwin, un ambizioso “furbetto”, e la leggenda dei fringuelli delle Galapagos», in data 09/03/2011; «Come è arrivato il lupo delle Falkland in quelle isole così lontane dalla terraferma?», in data 21/072010; «Il milodonte della Patagonia e il mistero della sua scomparsa», in data 25/03/2008; e, per quanto riguarda la flora, «Il mirtillo patagonico “Aristotelia Maqui” e le sue virtù anti-ossidanti», in data 08/12/2010; e «La flora sub-antartica di Mas a Fuera», in data 23/05//2007).
La fauna comprende armadilli, bradipi, camelidi come il lama e la vigogna e degli Uccelli caratteristici, come il tucano e il colibrì. La nicchia ecologica che, in Africa, è occupata dall’oritteropo, qui è occupata dal formichiere, la cui specie gigante costituisce una presenza preistorica, quasi aliena, nell’habitat della foresta pluviale.
Ma uno degli aspetti più curiosi è la diffusione delle scimmie platirrine, chiaramente imparentate con le grandi scimmie catarrine della Regione Etiopica; infatti la domanda è: come hanno fatto ad arrivare in Sud America, dal momento che quest’ultimo si è separato dall’Africa in tempi geologici troppo antichi per spiegarne la presenza? Hanno forse attraversato l’Atlantico? E come?
Si tratta di una serie di interrogativi piuttosto imbarazzanti per i biogeografi, uno di quegli interrogativi che farebbero venire voglia di ricorrere alla soluzione più facile e istintiva: ipotizzare l’esistenza di “ponti” di terre emerse, oggi scomparsi, come quella Lemuria che, secondo lo scienziato Ernst Haeckel, aveva fatto da crocevia tra l’Africa e l’India per la diffusione di numerose specie viventi.
Sempre meglio che immaginarsi, come pure qualcuno ha fatto, le scimmie africane impegnate ad attraversare l’Atlantico a nuoto, magari a cavalcioni di qualche tronco d’albero. Ad ogni modo, si tratta di una questione troppo stimolante per non dedicarvi qualche pensiero; ci ripromettiamo di tornarvi sopra, in apposita sede.
La biogeografia è una scienza piena di misteri, d’altronde. Canguri e giraffe non s’incontreranno mai, affermava Durward L. Allen, già professore di Ecologia selvatica alla Purdue University (nel libro «ABC’s of Nature»; ma è proprio vero?
Questo è un ambito nel quale non si dovrebbe mai dire la parola “mai”; le vie delle migrazioni animali e vegetali sono lente, talvolta imprevedibili, ma pressoché infinite…