Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Sviluppo sostenibile? Intendiamoci su cosa vogliamo che cresca

Sviluppo sostenibile? Intendiamoci su cosa vogliamo che cresca

di Gianfranco Bologna - 07/10/2011


 

Il Parlamento Europeo nella sua risoluzione adottata il 29 settembre sulla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che avrà luogo a Rio de Janeiro nel giugno 2012, riprendendo la comunicazione della Commissione Europea del 20 giugno di quest'anno dal titolo "Rio+20: towards green economy and better governance", ha indicato alcuni punti chiari ed interessanti.

Il Parlamento, tra le altre cose, nella risoluzione ritiene la Conferenza Rio + 20 un'opportunità unica per i leader mondiali di definire l'agenda della sostenibilità per i prossimi 10 anni, ribadendo nel contempo la necessità di una solidarietà globale e richiede che i paesi siano rappresentati a livello di Capi di Stato e/o di governo ed invita la Commissione e il Consiglio a garantire che entro il 1° novembre 2011 sarà

presentata alle Nazioni Unite una posizione forte e unitaria dell'Unione europea come

contributo in vista dell'avvio dei negoziati all'inizio del 2012. Il Parlamento sottolinea  inoltre che lo sviluppo sostenibile deve essere messo in primo piano in tutti i processi e le politiche dell'Unione europea se si vuole che quest'ultima sia coerente internamente e con le sue aspirazioni internazionali; rileva che è assolutamente necessario infondere maggiore urgenza e dinamismo all'attuazione e alla governance internazionale delle politiche in materia di sviluppo sostenibile, che stanno progredendo troppo lentamente; invita la Commissione e il Consiglio a garantire che il Vertice di Rio+20 non si traduca solo in dichiarazioni di buona volontà, bensì in azioni concrete, obiettivi quantificabili e relativi metodi per misurarli, che sono necessari per innescare la sinergia tra gli elementi dello sviluppo sostenibile.

Relativamente ad uno dei due temi centrali della Conferenza, quello della Green Economy, il Parlamento europeo sottolinea il fatto che la Green economy debba essere intesa nel senso di un'intera economia funzionante nei limiti previsti dalla sostenibilità riguardo alla biodiversità, al mantenimento dei servizi ecosistemici, alla difesa del clima e all'uso delle risorse naturali e sottolinea che sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione al capitale umano, ambientale e naturale e che lo sviluppo sostenibile è qualcosa di più della semplice Green economy. Il Parlamento

rileva anche che il Vertice di Rio+20 dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento dei legami tra le agende ambientale, economica e sociale, spostando la prospettiva verso un approccio più coerente e interdipendente anziché considerare questi elementi come tre pilastri indipendenti e sottolinea che l'equità è la pietra angolare del cambiamento di paradigma che è necessario realizzare e che ciò deve essere garantito su scala globale, consentendo in tal modo ai paesi meno sviluppati, con l'aiuto dei paesi sviluppati, di evitare la normale curva di sviluppo passando direttamente a uno status più elevato in termini di benessere umano, ma anche sotto forma di equità all'interno del paese e di equità intergenerazionale.

 

Queste, come molte altre affermazioni della risoluzione sono certamente condivisibili e benvenute, facendo configurare un impegno europeo per Rio + 20 di tutto rispetto.

Ma la risoluzione afferma anche e molto chiaramente che il Parlamento Europeo è del parere che la risposta per far fronte alle sfide che ci aspettano non consista nel rallentare la crescita ma piuttosto nel promuovere una crescita sostenibile e una Green economy, che offrono opportunità a tutti i paesi, a prescindere dal loro livello di sviluppo e dalla struttura delle rispettive economie.

Più volte abbiamo sottolineato, anche nelle pagine di questa rubrica, che il concetto di crescita sostenibile (presente già nel ben noto rapporto "Our Common Future" del 1987 prodotto dalla Commissione Brundtland, la commissione indipendente ONU su ambiente e sviluppo che ha avviato il processo che poi ha condotto alla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992) rappresenta una forte contraddizione e necessita di inequivocabili chiarimenti senza i quali non può esistere un processo di sostenibilità accoppiato ad una crescita economica materiale e quantitativa.

Su questo tema cruciale è bene essere molto chiari: come ci indica la comunità scientifica internazionale che studia a fondo i complessi meccanismi del cambiamento ambientale globale prodotto nei sistemi naturali dall'intervento umano, non è assolutamente possibile ipotizzare uno stile di vita occidentale per i 7 miliardi che stiamo raggiungendo (secondo le Nazioni Unite il 31 ottobre prossimo) e, ancor di più, per i 9.2 miliardi previsti nel 2050. E' inevitabile, invece, come abbiamo più volte spiegato trattando della necessità di individuare politiche che ci consentano di vivere nei limiti di un solo pianeta, nell'individuazione di "tetti" pro capite di consumo di risorse o di "tetti" di possibilità pro capite di inquinamento, che chi oggi si trova sotto questi livelli di consumo o inquinamento (ad esempio, di acqua, di suolo, di materia, di emissioni di CO2 , di emissioni di azoto ecc.) può crescere e chi sta sopra deve invece diminuire, trovando la sua "giusta misura".

Non è un caso poi che la stessa risoluzione rileva che, per consentire la transizione verso una Green economy nel contesto dell'eliminazione della povertà, è necessario collegare la protezione dell'ambiente e i diritti umani e affrontare le seguenti tre dimensioni politiche interconnesse:

- investire nella gestione sostenibile delle risorse chiave e del capitale naturale sulla base di uno sforzo coordinato nel campo dell'R&S;

- definire corrette condizioni di mercato e normative ispirate al principio dell'equità;

- migliorare la governance e la partecipazione della società civile e del settore privato;

Non solo, ma ribadisce la propria convinzione che le soluzioni più sicure, più pratiche e più facilmente realizzabili ai problemi combinati del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e della desertificazione consistono nel tutelare e nell'ampliare gli ecosistemi naturali.

Ciò dimostra ancora come, pur affermando e promuovendo politiche di sostenibilità condivisibili e ragionevoli, l'establishment politico ed economico faccia ancora una straordinaria fatica ad abbandonare il termine "crescita" che, come sappiamo, ha un forte connotato materiale e quantitativo.

La Risoluzione approfondisce poi, prendendo anche qui moltissime posizioni condivisibili, diverse politiche nel campo della gestione delle risorse e del capitale naturale, dell'acqua, dell'ambiente marino e degli oceani, dell'energia, dell'agricoltura e della sicurezza alimentare, delle foreste, delle sostanze chimiche pericolose, della gestione dei rifiuti.

Inoltre individua azioni specifiche per sviluppare le condizioni utili a stimolare i mercati e ad investire nel capitale umano, le tecnologie, la misurazione del progresso, ed il miglioramento della governante e del coinvolgimento del settore privato.

Bene hanno fatto, in questo periodo di vivace dibattito sulle prospettive della nostra civiltà, le Edizioni Ambiente a ripubblicare uno dei classici della sostenibilità, alla base del concetto di Green Economy, "Capitalismo naturale" di Paul Hawken, Amory Lovins ed Hunter Lovins. Questo libro è stato, sin dal suo lancio, un grande successo tanto che gli è stato dedicato contestualmente un sito web apposito, dal quale il libro si può "scaricare" liberamente (vedi www.natcap.org). Oggi questo è un fatto frequente per tutti i libri di successo ma, all'epoca della pubblicazione dell'opera (1999), lo era molto di meno. Inoltre gli autori di "Capitalismo naturale" hanno avviato importanti e significative iniziative dedicate proprio all'applicazione concreta dei principi illustrati nel volume: basti pensare al Natural Capital Institute avviato da Paul Hawken (vedasi www.naturalcapital.org) e il Natural Capital Solutions di Lee Hunter Lovins (vedasi www.natcapsolutions.org). 

Il libro è dedicato proprio a riflettere e proporre soluzioni per una trasformazione dell'attuale sistema economico in un nuovo sistema fortemente orientato ad una nuova economia, oggi spesso definita Green Economy, tema ormai prioritario che si sta imponendo all'attenzione dell'agenda politica internazionale.

Le cause delle numerose ed interrelate crisi con le quali dobbiamo confrontarci ormai quotidianamente, dalle crisi dei cambiamenti climatici alle crisi dell'insicurezza alimentare, dalle crisi di scarsità di acqua alle crisi della perdita della biodiversità, dalle crisi dei persistenti problemi sociali (come la disoccupazione, l'insicurezza socio-economica, l'instabilità sociale ecc.) alle crisi finanziarie possono essere ricondotte ad una gigantesca errata allocazione del capitale, come ricorda anche il recente "Green Economy Report" del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) .

In particolare nell'arco degli ultimi due decenni grandi quantità di capitale sono stati investiti , ad esempio, nei combustibili fossili e negli asset finanziari strutturati con gli strumenti derivati ad essi incorporati. In paragone invece, molto poco è stato investito nelle energie rinnovabili, nell'efficienza energetica, nei sistemi di trasporto pubblici, nei metodi di eco agricoltura, nella conservazione e tutela degli ecosistemi, della biodiversità, dei suoli, delle acque, dei mari e degli oceani.

Indebolire pesantemente il capitale naturale e la salute, la vitalità e la ricchezza dei sistemi naturali, spesso in maniera irreversibile, costituisce un pesante impatto negativo per il benessere delle generazioni attuali e presenta rischi e prospettive tremende per le generazioni future. Le recenti e multiple crisi sono appunto sintomatiche di questa situazione.

Invertire questa errata allocazione di capitale richiede un forte miglioramento delle politiche pubbliche, incluse le misure di indicazioni dei prezzi, comprensivi della loro realtà ecologica e della loro regolazione e la modifica dei sistemi dell'attuale incentivazione perversa che guidano l'errata allocazione di capitale ed ignorano le esternalità sociali ed ambientali che si producono. Nello stesso tempo politiche e regolamenti appropriati e investimenti pubblici che incoraggiano i cambiamenti anche negli investimenti privati, stanno crescendo in tutto il mondo, anche nei paesi in via di sviluppo.