La vita arriva dal cosmo?
di Luigi Dell'Aglio - 22/06/2006
Dalle missioni verso Marte all'ipotesi di un'origine aliena dei mattoni biologici: parla l'astrofisica Amalia Ercoli Finzi
È la più preziosa testimonianza finora arrivata dal cosmo. E gli scienziati americani la stanno studiando da un paio di mesi: un pentolino di "polvere", micro e nanoparticelle, raccolte dalla coda della cometa Wild 2 dalla missione Stardust, lanciata nel 1999 e tornata all'inizio del 2006. Provengono dall'universo profondo, lo sconfinato ambiente esterno al sistema solare praticamente sconosciuto. Potrebbero confermare la teoria che è alla base della bioastronomia: la vita sulla Terra è venuta dallo spazio, e nel sistema solare è giunta dal di fuori (anche per mezzo delle comete). «Stardust ci fornisce le prime vere informazioni dirette che vengono dal cosmo. Debbono ora essere interpretate. Nel cosmo sono abbastanza diffuse le sostanze pre-biotiche, presupposto per la comparsa della vita», spiega Amalia Ercoli Finzi, docente di Meccanica orbitale al Politecnico di Milano ora impegnata nel programma Aurora, con il quale l'Agenzia spaziale europea (Esa) punta su Marte con un equipaggio di quattro uomini e tre donne, poco dopo il 2030. La professoressa Finzi nella sua attività di ricerca mette letteralmente l'anima: «Sono credente, ho una fede ben radicata. Quando parte una missione, prego per il suo successo». Ha illustrato i risultati delle missioni planetarie a Milano, al Museo nazionale della scienza e della tecnologia, nella quarta edizione di "Sulle spalle dei giganti".
Professoressa Finzi, che cosa ci aspettiamo di trovare su Marte e nella polvere della cometa?
«Premessa: le missioni spaziali costano, ma le risorse impiegate in questi progetti non sono soldi gettati al vento. L'esplorazione del cosmo ha un ritorno immediato sul piano tecnologico, con innumerevoli innovazioni che possiamo toccare con mano nella vita quotidiana. L'obiettivo più alto è, però, accrescere la conoscenza umana. Le missioni spaziali mirano anche a trovare una risposta alle grandi domande, come "da dove veniamo?" Non per niente stiamo cercando l'acqua che è l'habitat naturale per lo sviluppo della vita».
Il Pianeta rosso non è più lo spunto obbligato per gli scrittori di fantascienza. Sul deserto marziano è arrivata la scienza. Quali sono le tappe del programma Aurora?
«Alla prima missione - Exomars - ci stiamo dedicando già ora. La ricerca dell'acqua si farà più stringente. La missione probabilmente slitterà al 2011. Ma si consideri che Spirit e Opportunity, i due robot gemelli della Nasa, inviano fotografie del suolo di Marte e che attorno al pianeta orbita lo splendido Mars Express dell'Esa. Imbarca un magnifico esperimento italiano, un radar ad apertura sintetica che serve proprio a rivelare l'acqua in profondità, e sta disegnando mappe sotterranee dell'acqua di Marte. La missione successiva - Mars Sample Return - servirà a raccogliere campioni e a portarli sulla Terra. L'idea è nostra, la realizzeremo in collaborazione con la Nasa e con le altre agenzie spaziali internazionali».
Gli americani sanno scendere su Marte; ma sanno poi rientrare sulla Terra?
«Il rientro da Marte è impresa che nessuno ha ancora mai tentato. Perciò l'impegno per questa missione sta soprattutto nella preparazione del rientro. Ci servirà anche per imparare a riportare indietro gli astronauti. La missione è piena di compiti nuovi, mai sperimentati. La navicella spaziale arriva su Marte e comincia a orbitare. Il lander si stacca e scende: deve raccogliere i campioni. Ma come scegliere i più interessanti e quelli della misura giusta? Ci pensa l'esperimento Deedri, il cuore della missione: alla fine i "sassi" saranno stivati accuratamente in un contenitore. E poi via per il rientro. Un'operazione di portata rivoluzionaria, sotto il profilo tecnologico».
Ma nel 1969 era stata compiuta l'impresa di riportare sulla Terra gli astronauti dalla Luna.
«Quello fu un viaggio molto meno complicato. La distanza tra la Luna e la Terra è di appena 380 mila chilometri. Quella minima tra Marte e la Terra è di 56 milioni di chilometri. Il rientro sulla Terra avverrà a velocità c osmiche, e non è facile frenare la navicella perché atterri o ammari senza disintegrarsi. L'esperimento Deedri prevede inoltre che i "sassi" siano prelevati a una profondità di tre metri e venti centimetri, un record (si pensi che, con la missione Rosetta, nel 2014 il nucleo nevoso della cometa Chyrimov-Gerasimenko sarà perforato per appena trenta centimetri)».
Trovare l'acqua vuol dire ricostruire la storia di Marte. Ci riguarda da vicino?
«Marte e la Terra si sono formati, più o meno, nello stesso periodo. L'attuale stato di Marte deve farci immaginare quale potrebbe essere il futuro della Terra , se va avanti il processo di desertificazione».
E la Luna non farà da trampolino di lancio per il grande balzo verso Marte?
«Per gli statunitensi la Luna è tappa obbligata sulla strada di Marte. La Nasa pensa di mandarci uomini nel 2018, ripetendo, con una tecnologia enormemente più evoluta, l'impresa del 1969. Anche la Cina ha in programma un volo umano sulla Luna, per il 2020. L'Italia conta di mandare una missione senza equipaggio. Sarà interamente italiana e l'Asi, l'Agenzia spaziale italiana, sta selezionando gli studi di fattibilità».
Professoressa, come considera la possibilità che si entri in contatto, attraverso i vari progetti, con altre forme di vita nel cosmo? È un evento da escludere?
«Immaginare che in tutto l'universo ci siamo solo noi, mi sembra pura presunzione. C'è la speranza di ritrovarci in compagnia e di riuscire a fare, tutti insieme, qualcosa di buono. Il cosmo però non può dirci tutto. Alla domanda numero uno, "chi ci ha messo al mondo?", si può rispondere solo con la fede. E chi fa ricerca come me non può negare l'ordine dell'universo e non credere a una regia che l'ha voluto così armonioso».