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Emil Cioran e le sue cavalcate verso il nulla

di Romano Guatta Caldini - 21/10/2011

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“La sola città del mondo dove si poteva essere poveri senza vergogna, senza complicazioni, senza drammi... la città ideale per essere un fallito”. E' questa la Parigi di Emil Cioran. Lo studente transilvano, vinta una borsa di studio, si trasferisce dall'amata e odiata Romania, nella capitale francese. Qui vive a spese della Sorbona, fino al 1950 quando, a quarant’anni suonati, gli viene detto che il suo tempo è scaduto e che la mensa della facoltà non è più a sua disposizione. Cioran, dopo innumerevoli “pellegrinaggi” negli alberghi più spartani di Parigi, si trasferirà in una mansarda di rue de l'Odéon, al numero 21, nel quartiere latino: “Una delle mansarde della terra” la definirà. Questa, fino alla sua morte, sarà la torre d'avorio da dove lancerà i “fulmini nichilisti” che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.
 
Nella capitale francese - in puro stile bohémienne - Cioran alternerà lunghe pedalate nelle campagne parigine, ad altrettanto lunghe sedute al caffè Flore. Qui, luogo d'incontro degli intellettuali francesi, Cioran passerà ore a guardare in modo torvo l'odiatissimo Sartre: seduti l'uno accanto all'altro, i due riuscivano a non rivolgersi la parola anche per dodici ore di seguito. Anche con Camus i rapporti non erano propriamente idilliaci. Si narra che un giorno l'autore dell'Étranger si rivolse a Cioran dicendogli: “E' ora che lei entri nella circolazione delle idee”. Per tutta risposta il rumeno, in modo piuttosto colorito, esclamò: “Vai a farti fottere!”.
 
Amico di Ionesco ed Eliade, affascinato in giovanissima età dai fascismi europei, Cioran, dopo essersi trasferito in Francia, non fece più ritorno in Romania. Osteggiato dalla cultura, sia dell'occidente che di là dalla cortina di ferro, il “poeta della filosofia” visse in un'eterna terra di mezzo, in un limbo filosofico ed esistenziale dal quale uscirà il 20 giugno del 1995, giorno della sua dipartita.
 
Il filosofo non pretendeva di essere un maestro, né tanto meno riteneva qualcuno degno di essere suo allievo. Proprio per questo – a causa del suo individualismo – non si è mai creata una scuola di pensiero che avesse in Cioran il suo punto di riferimento. Una mancanza, questa, che ha relegato il filosofo in una nicchia per pochi cultori.
 
Quest'anno, in occasione del centenario della sua nascita, la casa editrice Mondolibri ha ridato alle stampe l'ultima opera dello “scrittore del nulla” – Confessioni e anatemi pag. 133 € 13,00 – seconda edizione italiana, dopo quella di Adelphi che risale al 2007.
 
Una sequela di pungenti aforismi, una cavalcata filosofica verso il Nulla: è questo l'ultimo libro di Cioran. Con uno spiccato spirito ironico, l'autore rumeno incasella, una dietro l'altra, le tessere del suo mosaico nichilista. Spaziando dalla religione alla filosofia, l'autore delinea – in maniera impeccabile – il suo mondo fatto di cinismo e dissacrazione.
Suddiviso in sei capitoli, Confessioni e anatemi rappresenta la summa del pensiero cioraniano. La stanchezza di vivere esorcizzata dall'ironia di una morte ineluttabile, l'ipocrisia del cristianesimo e dei suoi presunti peccati originali da espiare, lo spleen, l'alienazione esistenziale, l'angoscia delle sue innumerevoli notti insonni, sono questi i temi affrontati da Cioran con il suo stile inimitabile, quanto unico nella sua spietatezza.
“A nessuna sorte avrei potuto adattarmi. Afferma Cioran. Ero fatto per esistere prima della mia nascita e dopo la mia morte, ma non durante la mia esistenza”. Una nota che, meglio di qualsiasi nozionismo biografico, delinea la personalità dell'autore. Non per niente, Cioran considerava la sua nascita uno degli avvenimenti più funesti.
Ma nonostante il pessimismo radicale che caratterizzava il suo sistema filosofico, lo scrittore rumeno non era assolutamente la persona seriosa che ci si aspetterebbe. In un'intervista rilasciata da Renzo Rubinelli – uno dei maggiori conoscitori italiani dell'opera del filosofo – possiamo leggere:  “Cioran era vitale, veloce, esplosivo, malandrino, era come quei ragazzi intelligenti e vivaci che fanno impazzire le maestre”.
Da questo eterno studente fuori corso c'è ancora molto da imparare. Cioran fu un uomo che pagò sempre le sue scelte e a caro prezzo: dalla fascinazione per l'alone nichilistico del nazionalsocialismo, alla volontà di non omologarsi alla cultura dominante. In lotta con se stesso, con il mondo e le sue credenze; Cioran, citando un aforisma presente nella sua ultima fatica letteraria,“non accettava di vivere a rimorchio di un Dio”.
Per il centenario della sua nascita, al filosofo non sarebbero piaciuti dei festeggiamenti, soprattutto considerando che questi ultimi onorano la data da lui più odiata: il giorno del suo compleanno. E allora, al contrario di tutti, invece di ricordarlo per il genetliaco, a sedici anni dalla sua dipartita, cerchiamo di ricordarlo per la sua morte, per la sua liberazione; consci che, come diceva lui: “bene o male ci si adatta a qualsiasi fiasco, a eccezione della morte, del fiasco stesso”.