La scienza può fare previsioni?
di Guido Dalla Casa - 28/10/2011
Da un recente articolo di Francesco Lamendola: “Gran parte del paradigma scientifico moderno e gran parte dell’autorità riconosciuta che la scienza gode nella nostra società poggiano sulla capacità predittiva della scienza stessa, sulla sua efficacia nel formulare predizioni.” (www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=40801)
Il vero problema sta nel fatto che la scienza ”ufficiale”, cioè quella che riceve qualche finanziamento e che viene divulgata, resta inquadrata nel paradigma meccanicista da cui è nata: inoltre oggi venera la relatività, però non ha ancora veramente accettato le conseguenze della fisica quantistica e degli studi sull’evoluzione dei sistemi complessi. Sembra che ottant’anni siano passati invano, ma forse semplicemente sono pochi. La scienza “ufficiale” in fondo è ancorata al paradigma di Laplace: allora non bastano neppure due secoli?
Come noto, secondo Laplace (1749-1827):
Un’intelligenza che conoscesse, in ogni istante di tempo dato, tutte le forze agenti in natura, oltre alle posizioni momentanee di tutte le cose che compongono l’universo, sarebbe in grado di comprendere in una singola formula i moti dei corpi più grandi del mondo e quelli degli atomi più piccoli, purché fosse abbastanza potente da sottoporre tutti i dati ad analisi; per essa niente sarebbe incerto, e tanto il futuro quanto il passato sarebbero presenti dinanzi ai suoi occhi.
Oggi sappiamo, in base agli studi sui sistemi complessi (biforcazioni-instabilità e teoria del caos), che esiste sempre un orizzonte temporale, variabile a seconda del sistema, oltre il quale l’evoluzione del sistema stesso è assolutamente indefinito e imprevedibile, anche in linea teorica. Il paradigma di Laplace dovrebbe essere relegato nei libri di storia. Anche il libro di Prigogine La fine delle certezze (Bollati Boringhieri, 1997) non è bastato a modificare il sottofondo determinista della scienza ufficiale e le convinzioni proprie del pensiero corrente.
Esiste una possibilità di previsione per sistemi di tipo meccanico semplice, sempre però in senso probabilistico: questo significa che in questi casi l’orizzonte temporale è estremamente lungo, come nei fenomeni astronomici (previsioni di eclissi, moto dei pianeti, e così via).
La cartomanzia, la magia e le altre tecniche divinatorie, proprie di una tradizione antichissima, ma che perdura spesso anche ai nostri giorni, hanno soltanto probabilità più basse di “indovinare”.
Le previsioni dei contadini in base alle lunazioni, per quanto riguarda la semina ed altri lavori agricoli, specialmente nel campo dell’orticoltura, ricevono conferme continue, ma vengono derise perché non rientrano nel paradigma della scienza ufficiale. Ma nessun contadino di una certa età seminerebbe, ad esempio, con la Luna calante.
Oggi, nel caso di una prolungata siccità, si preferisce affidarsi alle tecniche della scienza, per produrre la pioggia artificiale, piuttosto che alla magia e alla danza della pioggia: si ha più fiducia nell’efficacia di questo tipo di interventi rispetto a quelli che chiamano in causa le forze invisibili del sistema mentale complessivo.
Ma siamo proprio sicuri del potere predittivo della scienza moderna?
Nell’articolo di Lamendola citato all’inizio si porta ad esempio la meteorologia: l’esempio è particolarmente azzeccato, visto che il primo a studiare a fondo e a dare il nome all’effetto-farfalla è stato proprio un meteorologo, lo statunitense Edward Norton Lorenz (1917-2008): la sua teoria del caos è importante non solo per la meteorologia ma anche per molte altre discipline scientifiche.
Il 29 dicembre 1972, alla Conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science, Lorenz spiegò la sua teoria con una affermazione: "Il battito d’ali d’una farfalla in Brasile può provocare un tornado nel Texas". L'insolita quanto suggestiva relazione diede il nome al cosiddetto butterfly-effect, l’effetto-farfalla. E’ una romantica conseguenza della teoria del caos. Dato anche il contenuto poetico, la denominazione ha avuto un grande successo.
Le possibilità predittive della meteorologia sono limitatissime. Il consiglio direttivo della Società meteorologica americana ha reso noto onestamente ai suoi utenti che non dovevano aspettarsi troppo dalle sue previsioni:
“Si può predire abbastanza dettagliatamente il tempo che farà durante i prossimi due o tre giorni. Ma la sicurezza di queste predizioni diminuisce progressivamente dopo il primo giorno”. Questo non toglie validità alla scienza della meteorologia, che è essenzialmente lo studio dell’atmosfera terrestre, anzi la nobilita e ne riconosce l’assoluta onestà, cosa non frequente in tante discipline scientifiche.
A causa dell’effetto-farfalla, l’efficacia nelle previsioni meteo a medio e lungo termine è bassissima e perfino quella a breve termine appare soltanto molto probabile, ma non certa.
Neppure i più potenti computer sono in grado di fare previsioni sull’evoluzione del tempo atmosferico oltre un certo orizzonte temporale, perché le variabili che influenzano le condizioni iniziali di un sistema complesso superano ogni forma di determinismo: una variazione infinitamente piccola al momento di una biforcazione-instabilità fa prendere al sistema vie completamente diverse, con
grandi variazioni nel comportamento a lungo termine.
C’è chi sostiene che la sostanziale differenza tra scienza moderna e il sapere precedente è il metodo sperimentale. Proprio in questi giorni, abbiamo visto che sono stati necessari quasi cento anni per liberarsi dall’autorità di Einstein, secondo il quale nessuna velocità maggiore di quella della luce sarebbe possibile.
Einstein è un’autorità riconosciuta: prima di contraddire quello che ha detto, bisogna pensarci cento volte, anche alla faccia dell’esperimento e del metodo scientifico. Su questo punto, rimando all’articolo “I neutrini e la velocità della luce” del 4-10-2011 (www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=40445 ).
Non sappiamo dopo quante prove riuscite si può affermare che un esperimento ha dato esito favorevole. Inoltre, quando lo prepariamo, abbiamo già in mente che tipo di risposta ci deve dare. Ricordiamo poi il tacchino di Popper, il quale, dopo ben 364 esperimenti riusciti, era sicuro che il fattore gli avrebbe portato il becchime a quell’ora anche la vigilia di Natale…
Due flash sulla scienza, all’inizio e nella situazione attuale: circa tre secoli fa, la scienza moderna nacque sostanzialmente come meccanica, soprattutto per opera di Newton. Il pensiero corrente della cultura occidentale è ancora oggi in gran parte ancorato alla visione del mondo che ne consegue: viene attribuita ai fenomeni una natura essenzialmente meccanica.
Infatti la scienza - nella sua versione ufficiale e divulgata– resta legata ancora oggi alla visione cartesiana-newtoniana da cui è nata. Tutto l’universo, compresa la natura vivente sulla Terra, sarebbe assimilabile a una gigantesca macchina smontabile e ricomponibile. Dopo molte evoluzioni successive, la scienza è arrivata ad una profonda modifica, ma non se n’è ancora accorta. Si tratta delle conseguenze del principio di indeterminazione di Heisenberg (1927) e dell’equazione di Schroedinger, un’equazione differenziale che descrive l’andamento nel tempo della probabilità di trovare una “particella-onda” in una determinata posizione: “prevede” qualcosa di evanescente e sfumato, ma è ancora in grado di descrivere un andamento nel tempo. Invece, nella seconda metà del Novecento, lo studio dei sistemi ha portato a formulare le idee di sistema complesso e di essere collettivo. In particolare, un sistema che abbia un certo grado di complessità si evolve in modo da divenire completamente imprevedibile, anche in linea di principio: infatti si trova ben presto in qualche biforcazione-instabilità, dopo la quale prenderà vie completamente diverse anche per variazioni infinitamente piccole nella storia precedente, o nelle condizioni iniziali. La sua evoluzione non è prevedibile neanche in termini probabilistici.
Così siamo tornati alla meteorologia: infatti un esempio tipico di sistema complesso è l’atmosfera terrestre. I fenomeni atmosferici sono completamente imprevedibili, anche solo in linea di principio, dopo tempi molto limitati, a causa dell’effetto-farfalla, di cui abbiamo già accennato.