Una lenta crescita economica (parte I)
di Peter Montague - 26/06/2006
Un sistema in crisi Negli Stati Uniti, il cosiddetto “sistema” annaspa tra molteplici difficoltà. ** sta per finire l’era del petrolio a prezzi accessibili. ** l’effetto serra è ormai diventata una chiara minaccia per l’ambiente. ** le risorse idriche cominciano a scarseggiare sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo. ** i ricchi rappresentano solo il 2% della popolazione mondiale. ** molte persone sono preoccupate per la crescente spesa sanitaria e gli alti costi dell’assicurazione medica. ** gli individui appartenenti alla generazione del baby-boom non potranno probabilmente usufruire di una pensione sicura (con le inevitabili ripercussioni sulle generazioni future). ** il sistema previdenziale, nato dopo la Grande Depressione economica, cade letteralmente a pezzi di anno in anno. ** le famiglie e, soprattutto, la nazione sono indebitate pesantemente. ** una diffusa insicurezza economica è diffusa in vasti strati della popolazione. (l’ occupazione diminuisce, i debiti aumentano e il futuro dei giovani è incerto) ** Le famiglie sono costrette a stringere la cinghia per andare avanti. ** lo smaltimento delle sostanze tossiche ha reso evidenti i limiti di assorbimento da parte dell’ambiente, mentre aumenta, in modo critico, il costo di alcune risorse, ecc. ** Il partito politico che controlla la Casa Bianca, il Congresso, e gran parte del potere giudiziario, deve il proprio successo elettorale ad una maggioranza convinta dell’imminente fine del mondo e di conseguenza poco interessata a risolvere i problemi terreni. Per la prima volta nella storia americana, un partito religioso controlla il governo. (1) Forse il futuro è luminoso. Forse “il sistema” riuscirà ad uscire indenne da tutte queste crisi economiche ricorrenti o forse no. Sembra probabile in ogni caso che gli effetti combinati di tutti questi problemi possano influenzare, ancor più saldamente il futuro dell’economia, nel momento stesso in cui i tassi di crescita potrebbero rallentare, attestandosi a valori ben al di sotto degli attuali. Sfortunatamente, abbiamo avuto un saggio di come “il sistema” reagirà alla minor crescita economica. Negli ultimi 35 anni (2,3,4,5,6) Il tasso di crescita economica (misurato dal PIL o Gross Domestic Product, GDP, vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Gdp) è andato rallentando e la risposta del sistema non è stata delle più efficaci. Senza entrare troppo in dettaglio, credo che gran parte di quanto sia quotidianamente sventolato come “novità” sia in una qualche misura, “una reazione del sistema” al rallentamento della crescita economica. Nel periodo compreso tra il 1870 ed il 1970, il prodotto interno lordo degli Stati Uniti è cresciuto ad un tasso annuale del 3.4%. Dal 1970 in poi, il tasso di crescita si è ridotto al 2,3% annuo. (5, pag. 5). Sembra una differenza minima, ma non lo è se si pensa che i suoi effetti si vanno ad accumulare, anno dopo anno. La differenza tra il 2% ed il 3% non corrisponde ad un punto percentuale in meno – bensì al 50 per cento in meno. Esaminiamo lo sviluppo economico da un altro punto di vista: se l’economia degli Stati Uniti avesse mantenuto, dal 1973 al 1993, il tasso del 3.4% invece dell’effettivo 2.3% avrebbe beneficiato di un supplementare benessere, corrispondente a 12 mila miliardi extra di dollari (al netto dell’inflazione) – sufficienti per ammodernare qualsiasi industria americana (e annesse strutture finanziarie) e, sufficienti a ripianare il debito della nazione, estinguere i mutui immobiliari accesi dai privati e saldare i debiti contratti con le carte di credito (5, pg.5). Se la crescita economica dal 1970 in poi avesse mantenuto i suoi livelli storici, una famiglia media nel 1993 si sarebbe potuta ritrovare con 5.500 dollari in più da spendere, circa 50.000 dollari di entrate annue – una cifra con la quale una giovane coppia avrebbe potuto acquistare una prima casa, o una famiglia a basso reddito permettersi di pagare un’assicurazione sulla salute, o qualcun altro pagare la retta di un corso universitario. Lo Stato e i governi locali, nel periodo preso in esame, avrebbero potuto incassare tasse per ben 900 miliardi di dollari—da destinare al funzionamento delle scuole, delle biblioteche, dei parchi, del trasporto urbano, dei servizi di emergenza, dei servizi di polizia e dei vigili del fuoco, denaro per rendere più accessibili le case a tutti, per lo sviluppo economico locale, e così via. (5. pagg.10-11). Il caso degli Stati Uniti non è isolato. La tendenza della diminuzione del tasso di crescita economico lo vivono tutte le nazioni più ricche del mondo come i 29 paesi membri dell’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Prendendo in esame i dati del 1980 rispetto a quelli del 1970, constatiamo nei paesi Ocse una diminuzione del tasso di crescita rispetto al decennio precedente. (6, pag. 38). Però negli Stati Uniti di questi tempi a soffrire per questa situazione non è la sola famiglia media ma in modo ancor più rilevante, i super ricchi – quell’uno per cento di detentori del 50% della ricchezza, o per dirla in altri termini, quel 5% di cittadini americani possessori dei 2/3 della ricchezza privata. (7) Comprensibilmente, questa minoranza di ricchi dai propri investimenti si attende un discreto guadagno, cosa difficile da ottenere in presenza di una crescita economica lenta. Cosa si intende per discreto guadagno? Ecco un modo per rispondere alla domanda. Quando l’OMB (Ufficio Presidenziale di Management e Budget) considera la presentazione di una nuova legge (ad esempio destinata a controllare le emissioni di mercurio negli impianti di energia elettrica) si chiede se i benefici giustificno i costi. Si dicono, “Questo regolamento costerà all’industria X dollari, quanto benessere potrà essere creato da questi dollari se fossero investiti con un ritorno dell’ Y percento? In questa equazione l’ OMB di solito pone Y al 7%. L ’OMB suppone che in genere un investimento tipico porta un ritorno del 7%. (8) Veramente in anni recenti, la tendenza di molti investitori è stata quella di cercare di ottenere un guadagno superiore al 7% avvicinandosi al 20% per cui i sette punti in più al confronto appaiono un guadagno ridicolo. Occorre far notare che il 7% in più corrisponde a due volte di quanto registrato per gli investimenti a lungo termine (calcolato sul tasso di crescita del PIL) e a tre volte tanto quanto il tasso medio registrato nel 1973. In questo modo gli odierni investitori si aspettano guadagni sostanziosi molto superiori alle medie storiche. Quindi è probabile che nel caso i loro guadagni si attestino sulla media storica rimarranno delusi e, doppiamente scontenti se i guadagni registreranno un 30% in meno rispetto alla media storica (per esempio 2.3% anziché 3.4%). Essi ovviamente credono di meritarsi i migliori risultati – l’America merita di meglio – il mondo merita di meglio – per cui credono che il governo debba far aumentare in un modo o in un altro i loro guadagni. Dopotutto, il capitalismo come noi lo conosciamo smetterebbe di funzionare se i capitalisti smettessero di investire, di conseguenza loro potrebbero ritenere, e avrebbero le loro ragioni, di meritare un decente tasso di guadagno. Secondo l’ipotesi che sto qui delineando cinque sono stati i fattori che hanno causato un’inversione al ribasso della crescita economica negli Stati Uniti (e nel resto del mondo industrializzato): (1) la saturazione dell’effettiva domanda dei consumi; chi può permettersi di acquistare ha già tutto quello di cui ha bisogno o che si possono permettere; infatti per aumentare di più la domanda, l’industria americana è costretta ad investire in pubblicità ogni anno 250 miliardi di dollari. (2) una diminuita richiesta di investimenti fissi (come le stabilimenti industriali) e di capitale circolante (soldi impiegati per pagare le spese commerciali ed espandere le operazioni). (3; 6, pagg. 37-39) Di questi tempi sta diventando sempre più difficile e meno renumerativo, trovare posti nei quali investire capitali, in parte per colpa della saturazione dell’offerta e in parte per un’eccedenza di capitali. (9) (3) il totale della forza lavoro non può andare oltre il livello attuale; (3) chi è in grado di lavorare già ha un lavoro o è in cerca di una prima occupazione; il resto della popolazione è costituita da bambini, anziani e disabili. (4) il tasso di crescita della produttività lavorativa (per ora lavorata) è rallentato negli ultimi anni; (6, pagg. 63-75) (5) Sono evidenti i limiti ecologici – come per esempio materiale tossico derivante da lavorazioni industriali si trova dappertutto, dalle vette più alte agli abissi degli oceani e perfino nel latte materno. Non è più plausibile pensare di gettar via i sottoprodotti industriali indesiderati senza provocare danni agli esseri umani e all’ambiente. (10,11) Il sistema a questi dati di fatto ha risposto nei seguenti modi: Risposta n° 1: allentando il credito Non c’è bisogno di ragionarci molto. Negli ultimi anni il debito delle carte di credito, i mutui immobiliari ed il disavanzo della nazione sono aumentati in modo considerevole. (12.13) I debiti sono redditizi per chi i soldi li presta, specialmente nel caso delle carte di credito che ora raccolgono guadagni inquantificabili. A differenza delle precedenti generazioni, i giovani di oggi abbandonano i college (e perfino le scuole superiori) appesantiti dai debiti. (14) Come ha fatto giustamente notare Kevin Phillips, negli Stati Uniti stiamo assistendo allo “sviluppo in senso finanziario “ dell’economia. Già nel 2000, si investiva il 20% del PIL più in borsa rispetto a quanto investito nell’industria (14,5%). (1, pag. 265; e vedi pagg. 265-346) Risposta n° 2: promuovendo il flusso internazionale dei capitali Con ciò si intende la globalizzazione delle aziende – rimuovendo qualunque barriera agli eventuali investitori interessati allo sfruttamento delle foreste pluviali in Indonesia o all’estrazione (con cariche di cianuro) dell’oro in miniere in America meridionale o nel Canada settentrionale. Risposta n° 3: attuando minori restrizioni legali per le aziende finanziarie Le banche, gli istituti di risparmio e finanziari, le agenzie di investimenti borsistici avevano precedentemente per legge un proprio ambito di attività nel quale muoversi; ora tutto ciò è stato accorpato. Cosa è successo? Negli anni 80 si è assistito alla fusione tra risparmio e finanza; dieci anni dopo, negli anni ‘90 si è avuto il fallimento dei siti “dot.com”; da ultimo abbiamo avuto lo scandalo Enron-Worldcom. Sembra non esserci fine a tutto ciò. (6) [L’arresto di Kenneth Lay della ENRON] Risposta n° 5: Disinvestendo nelle infrastrutture pubbliche (strade, ponti, canali, aeroporti, impianti di trattamento delle acque di scarico). “Le nostre infrastrutture si stanno avviando verso il tracollo ed appaiono sconfortanti le prospettive di ripresa”, secondo William Henry presidente della Società Americana degli Ingegneri Civili alla presentazione in marzo del Rapporto del 2005 per le Infrastrutture in America(15). Naturalmente questa è una politica miope, ma in questo settore la ricerca del guadagno si concentra sul prossimo quarto di secolo e non sulla prossima decade. Risposta n° 6: aumentando il bilancio per la difesa La difesa è la sola politica industriale sulla quale concordano tutti, o alla quale tutti si adeguano, forse per timore di essere tacciati di antipatriottismo. I nemici stranieri sono i consumatori ultimi dei nostri addestramenti militari, cosicché si può affermare che a fronte di una vacillante domanda di tostapane e di SUV, la nostra economia attualmente ha bisogno di nemici stranieri. (16) Come il Presidente stesso ha detto, subito dopo avere lanciato gli USA in una guerra perpetua contro i malvagi, “Acchiappateli tutti”. La guerra è un buon affare, con prospettive sempre più rosee ogni giorno che passa. Risposta n° 7: tagliando le tasse ai più ricchi Diminuzione delle tasse sui patrimoni, sulle rendite, e sui guadagni societari per gli americani più ricchi, spostando gran parte del peso fiscale sulla classe media e la classe operaia. (17) Risposta n° 8: Evadendo le tasse o eludendole. Entrambi i fenomeni citati sono diffusi e costituiscono oggetto di argomento di svariati libri dove spiegano come fare mentre le autorità federali chiudono un occhio. (18, 19) Risposta n° 9: Creando nuove industrie L’esplorazione dello spazio, l’industria delle armi missilistiche laser spaziali, l’industria delle scommesse, l’industria pornografica, l’industria delle attività legate alla droga (e la sua gemella, l’industria del sistema carcerario) – stanno a dimostrare il rinnovato spirito imprenditoriale dell’America di fronte ad un rallentamento della crescita. Risposta n° 10: Diminuendo gli Investimenti Sociali Una minore crescita impone che le fette della torta dei guadagni economici siano suddivise in nuovi modi. Perciò i primi investimenti a subire tagli sono stati gli investimenti sociali. Tagli dei sussidi ai veterani, all’assistenza medica, alle attività di pronto soccorso, alla previdenza sociale, ai prestiti universitari, agli stanziamenti di aiuto previsti per i bambini più poveri dagli zero ai cinque anni del programma denominato “Head Start”, ai terreni demaniali, alla qualità dell’aria e delle acque, agli ospizi, all’Amtrak, alle infrastrutture stradali, alla costruzione di tunnel e ponti e a tutte le agenzie statali ( al Servizio delle Entrate, al Dipartimento dell’Istruzione al Dipartimento della Salute e Servizi alla persona tra le altre) e così via discorrendo. Non si intravede una fine ai tagli proposti. Sola la Difesa è intoccabile (e, di recente, il suo settore gemello, la Sicurezza Nazionale) dove il sentimento bipartisan per le speculazioni si è sviluppato nei decenni di eccellente cooperazione tra industria e mondo militare. Tagliare la rete di assistenza sociale ha avuto l’effetto salutare di disciplinare la forza lavoro ad accettare stipendi più bassi, effettuare lavoro straordinario senza essere pagata, accettare l’aumento dei carichi di lavoro, andare meno giorni in ferie, accettare la diminuzione delle prestazioni sanitarie, e a non lamentarsi per la soppressione delle pensioni e via discorrendo (Vedere più avanti la risposta n° 12). Come risultato di questi cambiamenti si è avuto negli ultimi vent’anni un appiattimento tra i due partiti politici. I Democratici ora si ritrovano per la prima volta nella loro storia con nessun obiettivo politico proprio. A causa di ciò la disaffezione degli elettori ha raggiunto storiche proporzioni. Il Cinismo è ora molto diffuso. L’apatia politica permette la continuazione del sistema. Risposta n° 11 aumentando la sfiducia nell’operato del Governo Dovendo ripartire le fette della torta economica tra diversi utenti, l’obiettivo politico centrale è stato quello di screditare l’operato del governo perché quest’ultimo è intervenuto in diverse occasioni a difesa dei “poveri” contro i ”ricchi”. Tradizionalmente, il governo ha fatto alcuni tentativi per mettere tutti nelle stesse condizioni, tenendo fede allo slogan, “Libertà e giustizia per tutti”. Senza una basilare sicurezza economica non sono, infatti, possibili, sia nel caso di individui sia per le famiglie, libertà e giustizia. Occorre ammettere la capacità innovativa di George W. Bush . I precedenti teorici repubblicani volevano ridurre il governo a delle dimensioni tali da poterlo far scendere in uno scarico. Il Sig. Bush ha riconosciuto che un grosso governo inetto era di gran lunga più utile di un piccolo governo, dal punto di vista di coloro dediti all’attuazione dell’ alto ideale e dell’ impellente necessità nazionale di trasferire una porzione più grande della torta dalla classe lavoratrice ai super ricchi. La risposta federale all’uragano Katrina è stata perfetta – un’elefantiaca burocrazia ha miseramente fallito. Quale miglior modo per convincere la gente dell’operato senza speranza del governo, dell’inutilità delle tasse? Chi desidera avere una burocrazia pasticciona e corrotta insensibile alle umane sofferenze? Buttare una tale creatura nello scarico sembra un atto fin troppo gentile. Nel frattempo, gli addetti che sanno come far funzionare il sistema – per esempio, Halliburton, Raytheon, e Boeing – fanno guadagni record ed in questo modo sono soddisfatti due obiettivi pubblici: i tassi dei profitti sul capitale investito schizzano verso l’alto, almeno per i pochi ben connessi tra loro, e nello stesso tempo il governo cade in disgrazia ed è discreditato. Gli elettori, delusi rimangono a casa, e in questo modo il sistema ha doppiamente assicurato il mantenimento del suo status quo. Grazie alla straordinaria visione e leadership di questo Presidente potrebbero volerci decenni, se mai ci si riuscirà, per restaurare la fiducia nel governo come livellatore del terreno di competizione. Risposta n° 12 tagliando gli stipendi ai lavoratori Nel corso degli ultimi 30 anni, si sono operati negli Stati Uniti tagli ai salari attraverso l’utilizzo di tecniche creative e deve essere considerato il fulcro dell’attuale sforzo nella redistribuzione della torta, mantenere le fette destinati agli investitori rispettando i livelli storici o ottenendo risultati migliori. Le tecniche per la riduzione dei salari ora prevedono: a. Pur con la produttività lavorativa (intesa per ora di lavoro) in aumento negli scorsi decenni i nuovi imprenditori si sono semplicemente rifiutati di devolvere i maggiori proventi ai lavoratori sotto forma di aumenti salariali. Questa è una nuova eppur ineluttabile tendenza degli ultimi 30 anni. Se la produttività è continuata a crescere negli ultimi tre decenni (seppur più lentamente rispetto alla media storica), gli stipendi sono rimasti fermi se non sono addirittura diminuiti. Gli industriali, con un atteggiamento raccomandato perchè semplice e trasparente tengono semplicemente molto di più per loro stessi. (20). b. mantenimento a bassi livelli del salario minimo. Il salario minimo stabilisce il tetto minimo al di sotto di tutti i salari, così, se non cresce con l’aumento dell’inflazione altrimenti tutti i salari tendono verso la stagnazione o verso il declino. Questo è stato ottenuto attraverso un esemplare consenso da parte dei due partiti. L’ultimo aumento salario deciso dal Congresso risale al 1997 (5,15 dollari l’ora per un reddito annuale di 10,300 dollari). c. Eliminazione dei sindacati e prevenire la formazione di nuove sigle. I lavoratori sindacalizzati guadagnano, mediamente, il 21% in più per ora rispetto ai non iscritti al sindacato. Forse la cosa più importante è che i lavoratori sindacalizzati si aspettano di lavorare in condizioni più sicure e salutari, con una modesta quantità di benefici sanitari, lavoro straordinario pagato, due settimane di vacanze e in casi estremi, persino benefici pensionistici. Quando invece la crescita è lenta e gli imprenditori avvertono una diminuzione ai loro guadagni, i sindacati sono visti con il fumo negli occhi, come dei guastafeste nel tentativo di ridistribuire verso l’alto la torta. E’ quindi per questi motivi che l’Osservatorio per i Diritti Umani ha stilato uno stringato rapporto nel 2000 accusando gli Stati Uniti di aver violato ripetutamente i diritti dei lavoratori. (21) ["I sindacati? vadano a farsi fottere!" Tornate al lavoro voi pigri scaricatori democratici! Le aziende hanno bisogno della loro merce! ] d. Eliminazione di determinati benefici pensionistici e, in un numero crescente di casi, eliminazione del tutto delle pensioni, così come è stato fatto di recente dalla United Airlines con il buon aiuto di un giudice nominato da Reagan. Gli sforzi per eliminare completamente le pensioni stanno prendendo forza da entrambi gli schieramenti, come ci si aspetterebbe se è corretta la mia ipotesi di crescita lenta. (22) Con una popolazione in continua crescita, la riduzione o l’eliminazione dei benefici relativi alla pensioni (quali l’assistenza medica ‘Medicare’, i servizi di pronto soccorso ‘Medicaid’, la sicurezza sociale e le pensioni private) possono a prima vista rischiare di far saltare la polveriera sociale. (22) Forse l’opinione condivisa di entrambi gli schieramenti politici è che una popolazione anziana, indigente, spaventata e disorientata sia, in effetti, incapace di far sentire le proprie ragioni a livello politico. Ad ogni modo, gli sforzi per eliminare i benefici legati alla pensione sembrano procedere bene e rapidamente. Si potrebbe riassumere tutto nelle parole pronunciate da quell’omino che gettandosi dal 20° piano di un grattacielo mentre precipitava giù diceva prima di sfracellarsi al suolo, “Finora va tutto bene”. e. In modo graduale la forza lavorativa degli Stati Uniti è stata messa in diretta competizione con i lavoratori sottopagati dei paesi del Terzo Mondo. Senza controllo o imposizioni di qualsiasi sorta questa tipo di competizione crea inevitabilmente una “corsa al ribasso” dei salari, delle condizioni lavorative, degli standard ambientali – tutto ciò che “esternalizza” i costi di produzione e in questo modo la più grande porzione della torta rimane nelle saldi mani della classe imprenditrice. f. la riduzione della disponibilità della assicurazioni sanitarie. Nel 2003, 45 milioni di Americani non avevano l’assicurazione sulla salute, 1.4 di milioni in più rispetto all’anno precedente e fino ad un 5.1 di milioni in più registrati dal 2000. (23) Risposta n° 13: promuovendo una rapida innovazione tecnologica Sia il mondo degli affari che il governo sono costantemente alla ricerca “del grande affare” sperando di dare l’avvio ad una rapida innovazione tecnologica. E’ la ricerca dello scudo spaziale; non è la biotecnologia; no, è la nanotecnologia; no, è veramente “la biologia di sintesi” – la creazione di nuove forme di vita mai conosciute prima sul pianeta terra. Naturalmente, per definizione, una rapida innovazione e al tempo stesso un impegno delle risorse sono incompatibili se non si tiene conto, prima dell’investimento, delle possibili conseguenze. Comunque gli investimenti sbagliati sono stati la norma per 180 anni, così ora si è pensato che sia la “normalità degli affari” facilmente giustificabile come prezzo del progresso. Una rapida innovazione fa bene all’economia e crea varie opportunità di guadagno – in particolar modo durante la prima fase di produzione di un prodotto o di un processo. E’ solo più tardi che i problemi diventano evidenti e i profitti diminuiscono, al punto che il governo mette a posto i pezzi e difende gli investitori dalle conseguenze dello loro zelo impetuoso. (pensate ai superfondi, pensate all’energia nucleare). Nonostante le proteste ufficiali alla versione opposta, le politiche del governo degli Stati Uniti generalmente incoraggiano le imprese industriali ad “esternalizzare” i costi derivanti dai danni all’ambiente e alla salute, e questo trend è stato accelerato in anni recenti mentre la crescita economica ha registrato un rallentamento. La verità è, che gran parte delle operazioni industriali non possono permettersi di affrontare al proprio interno i costi e allo stesso tempo fornire un guadagno ragionevole, cosicché essi SONO COSTRETTI ad esternalizzare i costi. Non si può fare, in effetti, diversamente, visto il crescente bisogno di ottenere un guadagno dagli investimenti. (continua la prossima settimana) Peter Montague è il direttore responsabile dell’importante Rachel’s Health and Democracy, dove è apparso per la prima volta questo saggio. Può essere contattato all’indirizzo: peter@rachel.org Fonte: http://www.counterpunch.org Link: http://www.counterpunch.org/montague06032006.html 04.06.2006 Traduzione per www.comedonchisciotte.org di VIVIANA Note [1] tra le altre fonti, consultate di Kevin Phillips “American Theocracy; The Peril and Politics of Radical Religion, Oil, and Borrowed Money”. New York: Viking, 2006. ISBN 0-670-03486-X. Secondo Phillips, circa il 55% di coloro che votarono il Sig. Bush nel 2004 credono che la fine del mondo avverrà nella battaglia di Armageddon, come viene descritto nel libro della Rivelazione. Come dice Phillips (pag. vii), “... le ultime due elezioni presidenziali hanno segnato la trasformazione del partito Repubblicano (GOP) in un primo e vero partito religioso della storia degli Stati Uniti”. Phillips è un noto Repubblicano. [2] Bernstein, Michael A., and David E. Adler. “Understanding American Economic Decline” [Capire il Declino Economico Americano]. Cambridge: Cambridge University Press, 1994. ISBN 0-521-45679-7. [3] Bjork, Gordon C. “The Way It Worked and Why It Won't; Structural Change and the Slowdown of U.S. Economic Growth” [Come ha funzionato e Perché non Funzionerà; La Diminuita Crescita Economia Americana e i Cambiamenti Strutturali]. Westport, Conn.: Praeger, 1999. ISBN 0-275-96532-5. [4] Cohen, Richard and Peter A. Wilson. “Superpowers in Economic Decline; U.S. Strategy in the Transcentury Era”.[Superpotenze Economiche in Declino; La Strategia degli Stati Uniti alla fine del Millennio]. N.Y.: Taylor and Francis, 1990. ISBN 0-8448-1625-6. [5] Mardick, Jeffrey. “The End of Affluence; The Causes and Consequences of America's Economic Dilemma” [La Fine dell’Opulenza; Le Cause e le Conseguenze del Dilemma Economico] Americano. N.Y.: Random House, 1995. ISBN 0-679-43623-5. [6] Shutt, Harry. “The Trouble with Capitalism; An Enquiry into the Causes of Global Economic Failure” [Il problema del Capitalismo; Un’inchiesta sulle Cause del Fallimento Economico Globale]. London: Zed Books, 1998. ISBN 1-85649-566-3. [7] Dati sulle crescente disuguaglianze del benessere sono disponibili da diverse fonti, ma il mio riferimento preferito è “America Beyond Capitalism; Reclaiming Our wealth, Our Liberty and Our Democracy” [L’America oltre il Capitalismo di Gar Alperovitz; Rivendichiamo il Benessere, I Diritti e la Democrazia] (Hoboken, N.J.: John Wiley & Sons, Inc., 2005); vedere le pagg. 204-206. Consultate anche 6.] Chuck Collins e Felice Yeskel, “Economic Apartheid in America” [L’Aparheid Economico in America] (New York: New Press, 2000) versione aggiornata e corretta. disponibile qui: http://www.ufenet.org/research/Economic_Apartheid_Data. html#p55. Da non dimenticare, per esempio, Edward N. Wolff, “Top Heavy; the Increasing Inequality of Wealth in American and What Can Be Done About It”[I Ranghi più Elevati; la Crescente Disuguaglianza di Benessere in America e Cosa può Essere Fatto Al Riguardo] (New York: The New Press, 2002). Un altro libro eccellente è “The Working Class Majority; America's Best Kept Secret” di Michael Zweig [La Maggioranza della Classe Lavoratrice; Il Miglior Segreto d’America] (Ithaca, N.Y.: Cornell University Press, 2000); ISBN 0-8014-3637-0. [8] "EPA Revises Regulatory Reviews To Discount Long-Term Benefits," [“L’Agenzia per la Protezione Ambientale Riesamina le Imposte per fare uno sconto sui Benefici a Lungo Termine,”] All’interno dell’EPA, 8 Ottobre 2004. [9] Floyd Norris, "Too Much Capital: Why It Is Getting Harder to Find a Good Investment," [“Troppo Capitale: Perché è Difficile fare un Buon Investimento”] New York Times 26 Marzo 2005, pag. C1. [10] Peter M. Vitousek, e altri. "Human Appropriation of the Products of Photosynthesis," [“L’Appropriazione Umana dei Prodotti di Fotosintesi”] Bioscienza Vol. 36 No. 6 (Giugno, 1986), pagg. 368- 373. Disponibile qui. [11] Peter M. Vitousek e altri, "Human Domination of Earth's Ecosystems," [“Il Dominio Umano sugli Ecosistemi della Terra”] Science Vol. 277 (25 Luglio 1997), pagg. 494-499; disponibile nel sito http://www.rachel.org/library/getfile.cfm?ID=200 . Vedete inoltre di Jane Lubchenco, "Entering the Century of the Environment: A New Social Contract for Science," [“L’Ambiente nel Passaggio del Millennio: Un Nuovo Contratto Sociale per la Scienza”] Science Vol. 279 (23 Gennaio 1998), pagg. 491-497, disponibile qui. [12] Gretchen Morgenson, "After the Debt Feast Comes the Heartburn," [“Dopo il Banchetto dei Debiti Viene La Resa dei Conti”] New York Times Nov. 27, 2005, pagg. 3-1. [13] Vedere Kevin Phillips, “American Theocracy; The Peril and Politics of Radical Religion, Oil, and Borrowed Money” [La Teocrazia Americana; Il Pericolo e la Politica del Radicalismo Religioso, Petrolio, Finanza]. New York: Viking, 2006. ISBN 0-670-03486-X. Per la III parte riguardante “La Prosperità in prestito”, pagg. 265-387. [14] www.precaution.org/lib/06/prn_generation_of_debtors.060523.htm [15] "Crumbling Infrastructure Erodes Quality of Life in U.S.," [“Lo Sgretolamento delle Infrastrutture Peggiora la Qualità della Vita negli Stati Uniti”], Bollettino di Notizie Ambientali, 10 Marzo 2005. [16] William Rivers Pitt, "The Thing We Don't Talk About" [“Ciò di Cui Non Si Parla”] Truthout.org 23 Giugno 2005. [17] Robert Johnson, "Little Dogs Don't Pay Taxes," [“I Piccoli Imprenditori Non Pagano le Tasse”], New York Times, 1° Agosto 2004, Sezione Affari edizione della Domenica, pag. 2. [18] Donald Barlett e James B. Steele, “America: Who really Pays the Taxes?” [America: Chi Paga le Tasse?] (New York: Touchstone, 1994; ISBN 0-671-87157-9). [19] Donald Barlett e James B. Steele, “The Great American Tax Dodge; How Spiraling Fraud and Avoidance Are Killing Fairness, Destroying the Income Tax, and Costing You” [Il Grande Imbroglio Americano delle Tasse; Come la Spirale della Frode e dell’Elusione Fiscale siano drammaticamente Reali e Come Sia Stata Distrutta la Tassa sul Reddito, e, quanto Ci Costano] (Berkeley, Calif: University of California Press, 2002; ISBN 0520236106). [20] Economic Policy Institute, “The State of Working America 2004/2005”[Il Mondo Lavorativo Statunitense 2004/2005], 5 Settembre 2004. [21] Lance Compa, “Unfair Advantage; Workers' Freedom of Association in the United States Under International Human Rights Standards” [Vantaggio ingiusto; La libertà di Associazione dei Lavoratori negli Stati Uniti alla luce degli standard dei Diritti Internazionali] (New York: Osservatorio sui Diritti Umani, Agosto 2000). ISBN 1-56432-251-3. [22] Vedere a proposito di Eduardo Porter e Mary Williams Walsh, "Benefits Go the Way of Pensions," [“I Benefici Subiranno la Stessa Sorte delle Pensioni”], New York Times 9 Febbraio 2006; ed anche di Mary Williams Walsh, "The Nation: When Your Pension is Frozen," [“La Nazione: Quando la Pensione è Congelata”], New York Times 22 Gennaio 2006; sempre di Mary Williams Walsh, "Whoops! There Goes Another Pension Plan" [“Ecco qua! Un Altro Piano sulle Pensioni”] New York Times, 18 Settembre 2005, pagg. 3-1; di Mary Williams Walsh, "How Wall Street Wrecked United's Pension," [ “Come Wall Street ha sfasciato il Sistema Pensionistico Americano”], New York Times, 31 Luglio 2005, pagg. 3-1. [23] Robert Pear, "Health Leaders Seek Consensus Over Uninsured," [“I Leaders della Sanità Cercano il Consenso dei Non Assicurati”], New York Times 29 Maggio 2005, pag. A1. |