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Tramonto dell’individualismo

di Claudio Risé - 02/11/2011


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E’ possibile non dipendere da nessuno, essere davvero “padroni a casa propria”, liberi da vincoli verso gli altri? Questo mito moderno è tuttora molto forte.
I figli soffrono la dipendenza dai genitori, donne e uomini vivono piuttosto male i reciproci vincoli affettivi, Stati e comunità sono divisi tra globalizzazione e nazionalismi risorgenti.
Nell’insieme l’individualismo si è comunque notevolmente rafforzato, e la cooperazione, sempre lodata, non risulta però altrettanto semplice.
Non solo i gruppi all’interno delle singole società, ma gli stessi Stati e gruppi di Stati sono diventati sempre più interdipendenti. Questo sviluppo non è stato però accompagnato dalla nascita di strutture davvero in grado di coordinarlo.
La crisi attuale, col rischio che il fallimento di uno Stato porti con sé quello degli altri, illustra bene questa situazione. Non c’è però ancora, ed anzi è vista con timore, un’istituzione sopra alle parti che possa effettivamente coordinare i loro sviluppi e la loro crescita.
Nello stesso modo, ad esempio, all’interno della famiglia, ogni soggetto (dai figli ai genitori), ha ampie relazioni col mondo, ma fatica ad emergere una figura che eserciti una direzione coerente ed efficace per tutti.
Lasciamo perdere l’idea di una guida monocratica (come il padre); potrebbe essere anche collettiva: ad esempio la coppia genitoriale. Tuttavia la conflittualità personale e di genere (altro aspetto dell’individualismo contemporaneo), rallenta la formazione di una guida efficace della famiglia.
Nella scuola i problemi non sono molto diversi: si fatica, nelle classi, negli Istituti, nelle Facoltà, a riconoscere delle figure di guida, che infatti scarseggiano, sono poco motivate, ostacolate.
Il vecchio slogan della “crisi dell’autorità” è solo una faccia della questione. L’altra, infatti, è quella dell’ipertrofia dell’Ego, che non accetta limiti e confini, ad ogni livello. La vastissima patologia psicologica collegata coi vari disturbi “narcisistici” descrive i diversi aspetti e conflitti di questi Ego ipertrofici.
Lo scrittore Carlo Emilio Gadda ne diede descrizioni esilaranti, parlando del Duce Mussolini, contemporaneamente debole e arrogante, e sostanzialmente incapace di confronto con gli altri (e infatti finì con una guerra, perduta).
E’ la sua debolezza che impedisce a questo Ego, personale o collettivo, di riconoscere le molteplici interdipendenze che sempre caratterizzano il piano di realtà, e di mediare con gli altri.
La debolezza dell’Io, però, è proprio la base dell’”individualismo” contemporaneo, con la sua fantasia di esistere indipendentemente dagli altri. Infatti oggi fenomeni complessi come la scomparsa dei riti d’iniziazione, la crescente massificazione della formazione e dell’informazione, la crisi della famiglia e delle comunità locali, l’accantonamento delle culture operaia, contadina, borghese, hanno aggravato la debolezza psicologica dell’”individuo” contemporaneo, che anche l’OMS riconosce come ormai a rischio psichiatrico.
Il successo non solo cinematografico della figura dell’Avatar, la cui psiche vuota può essere riempita da un altro individuo, è una delle numerosissime illustrazioni della debolezza dell’individuo di oggi, che non a caso T.S. Eliot, in una della sue più forti composizioni poetiche ha chiamato: The Hollow Man, l’uomo vuoto. Incapace di mediazione, però pericolosamente manipolabile.
Questo personaggio ha fatto il suo tempo, come molte istituzioni che l’hanno accompagnato. Urge un cittadino, di uno Stato e del mondo, consapevole dei propri doveri verso se stesso e tutti gli altri.