Il simbolo dell'Uroboro
di Andrea Veronese - 27/06/2006
L’Uroburo è l’immagine di un serpente che si morde la coda e la inghiotte.
Questa diffusissima figura simbolica rappresenta, sotto forma animalesca, l’immagine del cerchio che personifica l’ eterno ritorno. Esso sta ad indicare l’esistenza di un nuovo inizio che avviene tempestivamente dopo ogni fine. In simbologia, infatti, il cerchio è anche associato all’immagine del serpente che da sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. L’Uroboro rappresenta il circolo, la metafora espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e la rinascita, la fine del mondo e la creazione, e di conseguenza anche l’eternità iconograficamente rappresentata dal cerchio stesso.
Nella simbologia alchemica l’Uroburo è l’immagine allegorica di un processo, in sé concluso, che si svolge ripetutamente e che avviene attraverso l’aumento della temperatura, l’evaporazione, il raffreddamento e la condensazione di un liquido, ciclo che serve alla raffinazione delle sostanze. Per questo motivo il serpente, che va a costituire un cerchio, è spesso raffigurato con due creature che collegano la bocca alla coda. La creatura superiore, segno della volatilità, è rappresentata come un drago alato.
L’Uroboro nacque dall’esigenza percepita dagli alchimisti greci che, nell’intento di animare una figura geometrica ritenuta troppo arida, hanno voluto vedere nel Cerchio un Serpente che si morde la coda. È il Serpens qui caudam devorat, talvolta raffigurato metà bianco e metà nero, cioè Yin e Yang della tradizione del Taoismo cinese, le due opposte nature, il Rebis.
Secondo Schwarz (L’immaginazione alchemica, Ediz. La Salamandra, 1980):
"Il concetto delle due nature ci introduce ad un altro elemento cardinale del pensiero alchemico, e cioè al concetto che l’impulso alla differenziazione della materia prima nei suoi componenti maschile e femminile è dato dalla lotta e dalla conseguente unione delle polarità fondamentali. L’incesto filosofale (coniunctio oppositorum) dell’Alchimista, realizza il filius philosophorum, l’immortale Androgino, che si identifica nella Pietra Filosofale, annunciata dalla sua nascita. Infatti il Rebis non è che il prodotto delle nozze alchemiche tra il Mercurio, la donna, il principio lunare, e lo Zolfo, l’uomo, il principio solare".
L’Uroboro viene anche considerato simbolo dell’evoluzione che si conclude in sé stessa, e quindi dell’unità fondamentale del cosmo. Il motto “e? to pa?” (Uno il Tutto), con cui accompagnavano il simbolo ofidico, esprimeva la loro fede totale in ciò che esiste e può essere concepito. Per il sensista questo Tutto equivale a Niente, poiché ritiene reale solo ciò che può essere constatato oggettivamente.