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Eternit, il più grande processo ambientale della storia

di Luca Rinaldi - 05/01/2012

Fonte: linkiesta

 


Il prossimo 13 febbraio il più grande procedimento penale per reati ambientali, il processo Eternit, arriverà a sentenza. Imputati Stephan Schmideiny e Louis De Cartier, due alti dirigenti della multinazionale Eternit: sono accusati di disastro doloso (per l’inquinamento e la dispersione nell’ambiente delle fibre di amianto) e omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. E a Casale Monferrato, dopo 1.800 morti, giunta e consiglio comunale hanno accettato 18 milioni di euro a titolo di risarcimento.


Il giorno dell’inizio del processo Eternit a Torino, il 10 dicembre 2009 (Afp)

5 gennaio 2012 - 11:00

Era il 22 luglio 2009 quando il giudice Cristina Palmesino del Tribunale di Torino, rinviando a giudizio Stephan Schmideiny e Louis De Cartier, apriva ufficialmente il processo alla Eternit Spa. I due, alti dirigenti della multinazionale Eternit, sono accusati dalla Procura della Repubblica di Torino dei reati di disastro doloso (per l’inquinamento e la dispersione nell’ambiente delle fibre di amianto) e omissione volontaria di cautele antinfortunistiche negli stabilimenti di Casale Monferrato (Al), Cavagnolo (To), Rubiera (Re) e Bagnoli (Na).

Accuse per le quali il procuratore Raffaele Guariniello ha chiesto venti anni di reclusione nei confronti degli imputati. L’elenco delle vittime dell’amianto, affette da asbestosi, tumore al polmone e mesotelioma, è impressionante e riportata proprio nel documento che rinvia a giudizio i vertici di Eternit Spa nel processo torinese.

Il processo. «Nella mia carriera di pubblico ministero – dichiarò lo scorso novembre lo stesso Guariniello al termine della requisitoria – non avevo mai chiesto condanne tanto elevate. Questa volta l’ho fatto per l’intensità dell’elemento soggettivo e per il prolungamento del comportamento degli imputati nel tempo». Richieste dure quelle del pool di Guariniello, che probabilmente gli imputati non sconteranno mai o lo faranno per brevissimo tempo: De Cartier ha 90 anni, Schmideiney 65. Tuttavia il precedente, se le richieste dei pm verranno suffragate dai giudici, sarà importantissimo in cause analoghe che sono in corso e non solo a livello nazionale.

Alle accuse della Procura che contesta a De Cartier e Schmideiney di non aver correttamente informato i propri dipendenti dei rischi connessi alla lavorazione dell’amianto e di non aver nemmeno provveduto a prendere le necessarie misure di sicurezza, le difese, nel corso del processo, hanno replicato chiedendo anche la prescrizione dei reati. L’avvocato Carlo Alleva, uno dei difensori dello svizzero Schmideiney, chiede che il magnate svizzero venga assolto «per non aver commesso il fatto», «perchè il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo» e che si applichi la prescrizione perché le condotte contestate si sono fermate nel 1986. Analoghe richieste arrivano dalla difesa del belga De Cartier. Le colpe, se ci sono, sostiene la difesa, è degli amministratori italiani che non sono intervenuti nonostante gli strumenti tecnologici e finanziari messi a disposizioni dai vertici di Eternit

Gli atti e i dossier confidenziali. Il processo è un autentico gigante giudiziario composto di carte, registrazioni, file, corrispondenze e documenti sequestrati, tra cui ve ne sarebbero alcuni “confidenziali” su come fornire informazioni sui danni da amianto alla popolazione, lavoratori, sindacati e giornalisti. Secondo l’accusa, questa deriverebbe da una consulenza commissionata da Schmideiney ad una società di comunicazione italiana. Il tutto sarebbe dimostrato, sempre secondo quanto sostiene l’accusa, in alcuni documenti sequestrati presso lo studio Bellodi di Milano, incaricato dallo stesso Schmideiny di approntare un manuale con domande e risposte “adeguate” al problema, fra cui vi sarebbe stata la strategia da seguire per non far far sì che il caso finisse nelle cronache nazionali. A quanto risulta all’accusa, Guido Bellodi, incaricato di fare rapporto al magnate svizzero di Eternit, avrebbe scritto in una delle relazioni che «l’attenzione della stampa italiana è stata minima rispetto all’effettiva importanza del problema». Tuttavia quando, come si legge negli atti dell’accusa, Bellodi arriva ad affrontare i possibili scenari futuri si dimostra assai lungimirante riguardo la situazione italiana che «per lunghi anni tranquilla», scrive Bellodi, potesse «degenerare» in un processo nei confronti dello stesso Schmideiney.

Dal 1984 al 2005 le relazioni e il monitoraggio della situazione italiana fatto da Bellodi sarebbero arrivati puntualmente sul tavolo della Eternit, fino a che documenti e “manuali” vengono sequestrati nell’ambito dell’inchiesta. Carte che secondo la pm Sara Panelli «rappresentano la prova del nove nei confronti dell’imputato». Le attività messe in campo da alcuni referenti dello studio Bellodi sarebbero arrivate, stando ai documenti sequestrati presso gli uffici di Bellodi, fin dentro la procura torinese e il nascente comitato dei familiari delle vittime di Casale Monferrato. Nel corso della requisitoria si è appreso che gran parte dei documenti in questione sono stati recuperati dal pool di Guariniello e messi a disposizione dei giudici.

La sentenza. Il prossimo 13 febbraio il processo ribattezzato “processo Eternit”, arriverà a sentenza. Dopo 65 udienze a cui hanno preso parte 6000 parti civili in 26 mesi di processo il più grande processo penale per reati ambientali volgerà al termine: quel 13 febbraio si avrà la certezza giudiziaria se prevarrà la tesi dei pm Guariniello, Panelli e Colace che accusano De Cartier e Schmideiney come responsabili del disastro ambientale o la tesi difensiva. Intanto in questi giorni ha tenuto banco a Casale Monferrato l’offerta di Stephan Schmideney all’amministrazione casalese: 18 milioni di euro a titolo di risarcimento con la contropartita di portare fuori dalle parti civili il Comune di Casale Monferrato per poi non intentare ulteriori cause contro lo stesso Schmideiney in futuro.

Nella sola Casale l’amianto ha mietuto 1.800 vittime che cui, ancora oggi, i familiari continuano a chiedere giustizia. La giunta e il consiglio comunale lo scorso 23 dicembre hanno accettato l’indennizzo, col sindaco Demezzi che si è affrettato a precisare che «sarà investito nella bonifica e nella ricerca». Per gli abitanti di Casale però quell’indennizzo rimane una “offerta del diavolo” e accettarla, dice Bruno Pesce, anima dell’Associazione Familiari Vittime Amianto, a Linkiesta «ha aperto una spaccatura tra il Comune e la cittadinanza che in questi anni hanno sempre agito insieme in questa battaglia legale e civile. Accettare l’indennizzo probabilmente non avrà ripercussioni sulla sentenza di primo grado, ma sicuramente inciderà per gli altri gradi di giudizio. In più la scelta di non intraprendere future azioni legali ci darà meno forza per richiedere risarcimenti, bonifiche e così via, anche perché stiamo seguendo altri casi analoghi e i processi non finiranno qui (nel 2011 sono stati accertati nella sola Casale altri 58 casi di Mesotelioma, ndr)».

La questione ha scomodato anche il nuovo Ministro della Salute Renato Balduzzi, che ha interrotto il tabù del riposo di Capodanno recandosi ad Alessandria per un incontro con il sindaco di Casale Monferrato e la cittadinanza. Già prima di Natale, Balduzzi, piemontese, avrebbe contattato il sindaco Demezzi per chiedere di riconsiderare l’accordo con Schmideiney, in particolare per articolare quella «strategia nazionale di contrasto alle malattie correlate all’amianto e alle azioni di bonifica». Un incontro, quello del primo dell’anno, che ha soddisfatto le associazioni e i sindacati. A margine lo stesso Bruno Pesce ha rimproverato anche l’assessorato regionale di competenza, facendo notare come «è arrivato prima un ministro eletto un mese fa dell’assessorato regionale, incontrato l’ultima volta a febbraio 2010. Quello del primo gennaio – spiega Pesce – è stato il primo incontro diretto con il governo nei quasi tre anni dell’iter processuale».

A metà gennaio è previsto a Roma un nuovo incontro sul tema con il ministero della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente, con l’obiettivo di rafforzare le strategie per la ricerca e l’attività di bonifica. Nei prossimi giorni si definirà la posizione del Comune di Casale nei confronti dell’accordo con Schmideiney. Demezzi ha valutato positivamente l’incontro col ministro Balduzzi «quindi – osserva Bruno Pesce – sarebbe una clamorosa contraddizione se il sindaco giudicasse positivamente l’incontro con il ministro e poi firmasse l’accordo con l’imputato. Se il processo fosse lontano ci potrebbe stare, ma il processo è già stato fatto».