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Quando gli Alleati tradirono i cosacchi di Tolmezzo

di Sergio Romano - 05/01/2012




Una tragedia dimenticata: il suicidio di massa e la riconsegna all'Armata Rossa delle truppe cosacche e delle loro famiglie che dopo essersi insediate nella Carnia italiana si spostarono alla fine della Seconda guerra mondiale, nel maggio 1945, nella valle della Drava austriaca. È veramente difficile accedere a fonti sulla vicenda; qual è la sua conoscenza dei fatti?
Lorenzo Puccetti

Caro Puccetti,
Il caso dei cosacchi di Tolmezzo è soltanto il capitolo di una più grande tragedia: quella dei cittadini sovietici (due milioni secondo alcune fonti) che gli Alleati, sulla base degli accordi di Yalta, consegnarono all'Urss dopo la fine della guerra. Molti erano disertori dell'Armata Rossa e avevano combattuto con i tedeschi nelle file dell'esercito del generale Vlassov. Altri erano stati «collaborazionisti», a vario titolo, e appartenevano generalmente a gruppi sociali e nazionali — i cosacchi, i georgiani, gli ucraini, i baltici, i tedeschi del Volga, i ceceni e altre nazionalità caucasiche — che si erano battuti contro i Rossi durante la guerra civile, sino al 1921, e non avevano mai smesso da allora di considerare l'Unione Sovietica come una potenza coloniale. Avevano accolto la Wehrmacht come un esercito di liberazione e ne avevano condiviso le sorti.
I cosacchi di Tolmezzo erano circa 35.000 e formavano un piccolo popolo composto, più o meno in parti eguali, da soldati e da gruppi familiari che si erano accodati all'esercito tedesco durante la ritirata. Erano nella provincia di Udine vicino alla frontiera austriaca, da quando Alfred Rosenberg, ministro nazista dell'Est e grande teorico dell'antisemitismo, aveva concesso loro, qualche mese prima, una zona di residenza da utilizzare come base strategica. Avrebbero dovuto opporsi all'avanzata degli Alleati verso l'Austria, ma si arresero senza combattere alle truppe britanniche del generale Alexander dichiarando che il loro solo nemico era Stalin e che soltanto per questo avevano deciso di combattere a fianco dei tedeschi. Dopo qualche scambio di messaggi fra lo Stato maggiore, il ministero della Guerra e il Foreign Office, il governo britannico, tuttavia, decise di rispettare l'impegno di Yalta e raggruppò i cosacchi di Tolmezzo, insieme ad altri contingenti russi, georgiani e croati, accanto alla città di Lienz nella valle austriaca della Drava. Quando venne il momento della consegna ai sovietici vi furono sommosse, scioperi della fame e numerosi tentativi di suicidio. Anche gli inglesi, nel frattempo, si erano resi conto di ciò che sarebbe accaduto ai loro prigionieri non appena avessero attraversato la cortina di ferro. Ma a Londra prevalsero considerazioni politiche e, forse, banalmente logistiche. Gran parte dell'Europa centrale, in quei mesi, era divenuta un enorme accampamento di profughi, disertori, fuggiaschi, militari sbandati: un popolo di «displaced persons», gente senza casa e senza patria, che occorreva alloggiare, nutrire, vestire e, per evidenti ragioni di ordine pubblico, separare dal resto della popolazione. Ma lo spettacolo di tante persone votate all'ennesima purga staliniana turbò per molto tempo le coscienze di coloro che li avevano consegnati ai sovietici. Troverà il racconto di quella vicenda, caro Puccetti, nei libri di Nicolaj Tolstoj e in un libro di Nicholas Bethell intitolato «The last secret» (l'ultimo segreto), apparso a Londra nel 1974 e tradotto in francese l'anno seguente. Non credo che ne esista una edizione italiana.