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Standard & Poor's

di Francesco Mario Agnoli - 16/01/2012

Per l'Europa e il mondo la notizia del giorno è che,l'agenzia di rating Standard & Poor's ha tolto alla Francia la tripla “A”, facendola così uscire dalla élite  finanziaria mondiale e mettendo a serio rischio la già dubbia rielezione a primavera del presidente Sarkozy.  Tuttavia ancora peggio è andata per l'Italia, che ha fatto addirittura due passi indietro, passando, per la prima volta nella sua storia, dalla categoria “A” (che individua  una “solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse”) alla “BBB” (“adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare”).
    A prima vista un  colpo quasi mortale  per il governo tecnocratico di Mario Monti, messo sullo stesso piano, se non peggio, del suo predecessore,  se non  fosse  che S&P si affretta a lanciargli una ciambella di salvataggio.   Non solo, difatti, ne  loda  le iniziative e apprezza  ''il miglioramento dell'ambiente politico sotto il nuovo governo tecnocratico di Mario Monti'', ma minaccia  un ulteriore declassamento dell'Italia qualora l'opposizione delle lobby e degli interessi particolari (leggi: sindacati col loro pallino per il mercato del lavoro, partiti, tassisti, avvocati e altri ordini professionali) impedisse il completamento di “alcune delle attuali ambiziose riforme del governo''.
    E' palese l'escalation della finanza internazionale (in questo caso molto evidentemente targata a stelle e strisce), che ormai interviene  in  forme sempre più pressanti sulle vicende interne dell'Unione  Europea  (dove per altro conta molti complici) e in particolare  dei paesi che ne fanno parte.  Per la Francia si usa il riguardo di evitare suggerimenti diretti, ma è comunque chiara la presa di posizione a favore del partito socialista e del suo candidato alla presidenza, François Hollande, che proprio in questi giorni ha  proposto la  soppressione  del “quoziente familiare”,  fino ad oggi  pilastro del sistema fiscale francese, un progetto diretto a colpire  la classe media e l'istituto familiare  e a promuovere   quell'ulteriore trasformazione della società in  senso  ancor più individualista-mercantilista, che sta tanto  a cuore ai poteri finanziari.
   Per l'Italia si usano meno riguardi, sia perché  il nostro paese, considerato più o meno un  parente stretto della Grecia, non ne merita, sia perché, mentre ci si toglie il gusto di schiaffeggiarla  e di rimetterla al  posto che le compete (altroché ritorno al governo trilaterale dell'Europa, a fianco della Germania e di una Francia sperabilmente socialista), è però indispensabile salvare il governo amico del supertecnico Mario Monti. Di qui l'intervento diretto, e nella sostanza brutale e solo in parte camuffato ed edulcorato dall'uso di termini tecnici, nei confronti di sindacati,  categorie economiche e professionali senza dimenticare i partiti politici. Tutti questi signori sono avvertiti: se con la loro opposizione  bloccheranno il  secondo tempo della manovra (quello all'insegna ipocrita della “crescita”) o  faranno cadere prima della scadenza fissata  il governo  Monti,  non consentendogli di sopravvivere fino al 2013, l'Italia è condannata e Roma avrà di che invidiare Atene.
    Il bello è che tutto questo avviene al termine delle celebrazioni del 150° dell'unità politica italiana, che avrebbero dovuto  riaccendere e rinvigorire l'orgoglio nazionale. Sarebbe interessante sapere che ne pensa  il presidente Napolitano.