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Iran: l'enciclopedia dei martiri del terrorismo

di Dagoberto Bellucci - 30/01/2012

Fonte: dagobertobellucci


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L’attentato mortale che ha causato la scomparsa dello scienziato nucleare iraniano Mostafa Ahmadi Roshan si inserisce nella prassi terroristica utilizzata a fini di destabilizzazione interna dagli Stati Uniti e dal suo alleato sionista contro la Repubblica Islamica dell’Iran.

La teocrazia sciita iraniana festeggerà a breve, il prossimo 11 febbraio, i 33 anni dalla sua fondazione e dalla costituzione di una Repubblica Islamica risultato del lungo processo rivoluzionario che dagli inizi degli anni Sessanta vedrà le masse popolari iraniane sollevarsi contro il regime tirannico dei pahlevi asservito alle logiche geopolitiche e strategiche della superpotenza a stelle e strisce.

La vittoria delle forze rivoluzionarie islamiche in Iran nel febbraio 1979 ha rappresentato, probabilmente dopo il Vietnam, il più grande smacco subito da Washington e un trauma dal quale la diplomazia americana non ha saputo ancora completamente riprendersi.

La sconfitta dello shah significò infatti la fine di un’alleanza tattico-strategia fondamentale nei rapporti di forza che l’America aveva intessuto nella regione vicino-orientale ed un elemento di stabilità essenziale sul quale l’Establishment americano puntava per tenere in scacco i movimenti rivoluzionari della regione e le velleità di penetrazione sovietica nel mondo arabo-islamico.

Un trauma che avrebbe costituito anche il principale motivo dei rancori mai sopiti che da allora e fino ad oggi hanno visto tutte le amministrazioni USA – indipendentemente da chi sedesse alla poltrona più alta della Casa Bianca, repubblicano o democratico che fosse – puntare l’indice accusatorio nei confronti della Teocrazia sciita, demonizzata a livello di opinione pubblica su scala globale, identificata come epicentro di qualunque forma di terrorismo islamico e base ideologica anti-imperialista, quindi esempio dannosa per l’immagine e gli interessi capitalistici,  da distruggere.

Dopo aver spinto nel 1980 Saddam Hussein e l’Iraq ad una inutile guerra durata 8 anni e finanziando e sostenendo nel frattempo qualunque iniziativa volta a rovesciare con ogni mezzo il “regime degli ayatollah” (così come viene percepito dall’opinionismo sistemico e dalle centrali di disinformazione atlantico-sioniste) gli Stati Uniti hanno cominciato un’operazione su larga scala e a vasto raggio per limitare spazi di manovra e alleanza agli iraniani.

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La strategia americana mira a stabilire teste di ponte e basi militari ai confini dell’Iran: dall’occupazione dell’Afghanistan nel 2001 a quella dell’Iraq due anni più tardi fino alla destabilizzazione di Libano (2006) e Siria (2011) Washington pretende di ostacolare la politica estera di Teheran cercando ove possibile di insediarsi con proprie forze militari o scatenando il caos laddove sono al potere movimenti o governi alleati della Repubblica Islamica.

Repubblica Islamica che è stata il principale bersaglio di ondate di terrorismo nel più assoluto e ipocrita silenzio dei mass media internazionali eterodiretti e controllati in massima parte dalla nota lobby sionista e indirizzati esclusivamente a diffondere notizie compiacenti “Israele” e demonizzanti qualsiasi dei suoi veri, o presunti, oppositori.

L’intera politica estera statunitense, in maniera sempre più palese soprattutto a partire dalla guerra dei Sei giorni del 1967, è finalizzata al mantenimento di quella cosiddetta “superiorità stratetico-militare” dell’alleato sionista nella regione.

“Israele” , approfittando di questa fittissima rete di interessi sinergici – peraltro abilmente alimentati dalla potente lobby pro-sionista interna alle strutture di potere della società americana che ha in organismi quali l’AIPAC i principali artefici del legame sempre più profondo esistente tra USA  e regime sionista – e dei riflessi geo-economici della presenza statunitense nell’area del Golfo, ha usufruito negli ultimi 45 anni di uno speciale status di indiscusso predominio , garantito a livello politico-diplomatico dal sostegno americano in sede ONU che hanno permesso ai massacratori di Tel Aviv di agire indisturbati nell’arena politica vicino-orientale alimentando la tensione, scatenando il terrore e fomentando sedizioni e divisioni nel campo arabo.

Il terrorismo contro la Repubblica Islamica è lo strumento utilizzato da tutte quelle forze imperialiste, o al servizio dell’imperialismo made in USA, che si oppongono ad uno sviluppo armonioso e pacifico del Vicino Oriente dove “Israele” e Stati Uniti non permettono un autonomia ed uno sviluppo indipendente ad alcuna nazione del mondo arabo che intenda spezzare i lacci dell’asservimento economico ricercando soluzioni alternative alle logiche usurocratiche della finanza cosmopolita che ha a Wall Street e nelle diverse aziende multinazionali , specie americane, i suoi principali strumenti direttivi.

Ne sanno qualcosa l’Iraq , sottomesso dalla duplice aggressione statunitense del 1991 e del 2003, e più recentemente la stessa Libia i quali non rappresentavano una minaccia reale agli Stati Uniti in quanto  nazione dominante l’Occidente capitalista ma un problema d’ordine pratico al loro ruolo di Gendarme Planetario incaricato dall’Usurocrazia mondialista di vigilare sul funzionamento ‘corretto’ dei meccanismi di sottomissione determinati dalle logiche della Globalizzazione e del Nuovo Ordine Mondiale che non tollerano che una nazione del Terzo mondo si affranchi dai diktat della finanza internazionale.

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Il terrorismo è stato utilizzato contro la Repubblica Islamica per destabilizzarne le strutture , le istituzioni e fomentare il caos sia durante le prime fasi post-rivoluzionarie (tentativi di secessione del Kurdistan) sia durante tutta la guerra imposta (1980-1988) dall’Iraq saddamista all’epoca principale strumento della strategia atlantico-sionista anti-iraniana.

L’ennesimo assassinio di uno scienziato iraniano alza il numero totale delle vittime del terrorismo in Iran a 17.160, una cifra spaventosamente superiore a quella , per fare un solo esempio, dei caduti nelle ultime guerre americane di Iraq e Afghanistan : un numero che sottolinea nitidamente quanta potenzialità distruttiva e criminale sia stata impiegata da CIA, Mossad e gruppuscoli contro-rivoluzionari (che si tratti dei famigerati Muhjaeddin Kalq Organization – MKO – o dei comunisti del vecchio e disciolto Tudeh , dei salafiti operativi nella regione sud-orientale del Baluchistan legati a netwoork del terrore internazionali quali al Qaeda poco importa considerando che tutti si sono macchiati di crimini orrendi contro civili inermi, autorità politiche e religiose, prendendo di mira edifici pubblici, di governo, caserme e posti di polizia ma anche ospedali e moschee e non risparmiando lutti a migliaia di famiglie iraniane che ben conoscono gli obiettivi di queste organizzazioni funzionali esclusivamente agli interessi stranieri).

Mostafa Ahmadi Roshan è la vittima 17.160 di quella macabra “contabilità del terrore”  e rappresenta ciò di cui in Occidente non si deve parlare: il terrorismo statunitense-sionista – macchia infamante per Washington e Tel Aviv auto-proclamatesi l’una “difensore dei diritti umani” e l’altra “unica democrazia” del Medio Oriente  – per i media europei non esistono, non devono esistere o meglio non possono esistere.

L’America deve nascondere i propri crimini allo stesso identico modo in cui “Israele” non può né deve rispondere dei suoi oramai quotidiani delitti.

L’opinione pubblica internazionale conosce perfettamente il significato di “operazione undercover”  e sa che Washington ne ha fatto abbondante uso in tutti i quattro angoli del pianeta finanziando tramite la CIA e agenzie d’intelligence alleate colpi di Stato e complotti contro la sovranità di quelle nazioni riottose in un modo o nell’altro ai suoi disegni egemonici.

La fama , tristemente nota, dell’effficienza terroristica del Mossad ha oramai una pluridecennale storia di assassinii mirati.

Eppure i media occidentali fanno finta di non sapere, ignorano completamente e si voltano possibilmente altrove quando gli obiettivi presi di mira dal terrorismo sono iraniani, quando a cadere sotto il piombo o la deflagrazione di un esplosivo sono dirigenti palestinesi, quando nel mirino finiscono leader di Hizb’Allah o vengono attaccati interessi dei paesi amici di Teheran – come accade da 10 mesi in Siria – , così come ieri potevano essere iracheni, libici o di altra nazionalità “ostile” all’America e al suo alleato sionista.

L’Enciclopedia dei Martiri iraniani assassinati dal terrorismo è un’iniziativa lanciata il 21 maggio 2011 dall’associazione Habilian che riunisce le famiglie di vittime iraniane di attentati.

L’elenco dei 17.160 nominativi compresi in questa enciclopedia del terrore include al momento vittime che vanno dai 2 ai 90 anni ponendo in evidenza soprattutto che siano stati USA, Gran Bretagna e “Israele” i principali autori e/o mandanti dei crimini commessi in Iran  in questi ultimi 33 anni.

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Mostafa Ahmadi Roshan è solo l’ultimo, purtroppo, di questa lunga e terrificante lista.

Il metodo utilizzato per uccidere questo scienziato nucleare è simile ad analoghi attacchi mortali portati contro altri tecnici e fisici nucleari iraniani tra il 2010 e il 2011 e nel quale persero la vita il prof. Fereidoun Abbassi Davani ed il dr. Alì Mohammadi. Il reo-confesso assassino di quest’ultimo, tal Majid Jamali Fashi, ha reso deposizioni spontanee alla corte di Teheran nella quale ha rivelato di aver ricevuto 120.000 dollari dal regime sionista per la progettazione e l’esecuzione dell’attentato.

Jamali Fashi rilasciò pubbliche dichiarazioni alla televisioni di stato iraniana l’11 gennaio di un anno fa dichiarando che aveva avuto rapporti diretti con ufficiali del Mossad, di sue visite in “Israele” dove ottenne addestramento all’uso degli esplosivi e alle tecniche di sabotaggio.

Un mese dopo l’assassinio del fisico nucleare iraniano Majid Shahriari il capo dei servizi di sicurezza britannici MI6 , sir John Sawers, enfatizzò il lancio di questo genere di operazioni coperte contro il programma nucleare iraniano ed i suoi esecutori.

La strategia di accerchiamento, isolamento e destabilizzazione della Repubblica Islamica dell’Iran vede queste organizzazioni attive per elaborare e mettere a punto nuovi complotti e attentati terroristici ricorrendo a qualunque mezzo, a qualsiasi utile idiota e a tutte le eventuali forme di dissenso che si sono aperte all’interno della società iraniana con la creazione di quell’opposizione anti-Ahmadinejad scesa in piazza tre anni fa in occasione della cosiddetta “onda verde” , funzionale movimento di sobillatori e agenti dell’Imperialismo collegati a strutture atlantiche di professionisti della sedizione quali OTPOR già attiva in Ucraina,  Serbia e Libano e attualmente alacremente al lavoro contro la sovranità nazionale siriana.

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Esperti di intelligence, strutture ed apparati di servizi segreti occidentali e arabo-moderati ‘amici’ e compiacenti con Washington e Tel Aviv, elementi locali reclutati in loco ed appartenenti a gruppuscoli già attivi nel recente passato e dormienti sono i principali artefici ed esecutori delle strategie terroristiche che USA, “Israele” e Gran Bretagna in particolare tra i paesi europei hanno predisposto per fomentare rivolte e divisioni nella società iraniana; società che resiste oramai da 33 anni a qualunque genere di complotto esterno conoscendo perfettamente quali sono le ‘regole’ dello “spy-game” ed i suoi contraccolpi diplomatici e politici.