Miti e simboli nella filosofia di Simone Weil
di Massimiliano Marianelli - 06/07/2006
Marianelli Massimiliano, La metafora ritrovata. Miti e simboli nella filosofia di Simone Weil.
Roma, Città Nuova, 2004, pp. 314, € 25,00, ISBN 88-311-3355-1.
Recensione di Paolo Farina - 19/03/2006
Teologia, Ontologia, Simbolo
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“Forse presso diversi popoli (India, Egitto, Cina, Grecia) ci sono state Scritture sacre rivelate allo stesso titolo delle Scritture giudaico-cristiane. E forse alcuni dei testi giunti fino a noi ne sono frammenti o echi […]. L’estrema importanza attuale di questo problema deriva dall’urgenza di porre rimedio al divorzio tra la civiltà profana e la spiritualità nei paesi cristiani, divorzio che esiste da venti secoli e si fa sempre più grave. La nostra civiltà non deve niente a Israele, e ben poco al cristianesimo; essa deve quasi tutto all’antichità precristiana […]. Finché questa antichità e il cristianesimo resteranno impermeabili l’una all’altro, lo saranno allo stesso modo la nostra vita profana e la nostra vita spirituale […]. La mitologia greca è piena di profezie”.
Così Simone Weil in una lettera inviata ad un religioso – padre Couterier – poco tempo prima della sua morte. Si tratta di un documento che riepiloga, in trentacinque punti, gli ostacoli che la mantengono sulla soglia della Chiesa Cattolica, atteggiamento nel quale persevera sino alla fine, sino al battesimo ricevuto in segreto, in ospedale, dall’amica Simone Deitz.
Nel pieno della crisi che travaglia l’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, Simone Weil ritiene che lo smarrimento che pervade il mondo occidentale sia dovuto al divorzio tra civiltà antica, in particolar modo greca, e cultura moderna o post-moderna, ovvero tra civiltà “pagane” e mondo cristiano, tra vita “profana” e “verità religiosa”. Ecco come ella chiude la già citata lettera: “Questi problemi sono oggi di una importanza capitale, urgente e pratica. Dal momento che tutta la vita profana dei nostri paesi proviene direttamente dalle civiltà ‘pagane’, finché sussisterà l’illusione di una frattura tra il cosiddetto paganesimo e il cristianesimo, quest’ultimo non sarà incarnato, non impregnerà l’intera vita profana come deve, resterà da essa separato e di conseguenza inattivo. Come cambierebbe la nostra vita se si vedesse che la geometria greca e la fede cristiana sono scaturite dalla stessa fonte!”.
Consapevole di simili provocazioni, il testo di Massimiliano Marianelli si muove nella convinzione che miti e simboli, così come li interpreta Simone Weil, abbiano molto da dire e da dare all’ontologia e alla teologia. L’intera evoluzione esistenziale, filosofica, politica, culturale e, infine, mistica e teologica di Weil sta proprio a testimoniare la sua certezza che le tradizioni religiose e quelle “profane” da cui abbiamo ereditato i miti si incontrano in realtà nella indicazione di una sacralità originaria del cosmo. Nell’ottica weiliana, la spiritualità di un popolo, il suo grado di civiltà, il livello di maturazione stessa dell’umanità si esprimono interamente attraverso un linguaggio simbolico. Il trascendente è per Weil il fondamento di ogni verità. Non è possibile attingervi, in qualsivoglia campo dell’azione umana, a prescindere da un incontro con la Verità fatta carne, Gesù Cristo, che è verità rivelata, via a Dio, via di ogni uomo, a prescindere dalla sua tradizione religiosa e dalla sua formazione culturale.
Di qui la necessità di scandagliare il mistero da molteplici livelli di lettura, atteggiamento che spinge Simone Weil, a mo’ di persona assetata nel deserto, alla ricerca della verità presente in ogni religione, unica “acqua” capace di dissetarla.
La filosofia cede, dunque, il passo alla teologia, una teologia che riflette sulle “molteplici incarnazioni” di Gesù, che hanno in qualche modo preceduto e preparato quella avvenuta a Betlemme di Giudea. Gesù Cristo è la “metafora reale”, chiave ermeneutica in cui il linguaggio simbolico trova il suo ultimo inveramento, la mediazione compiuta, la metaxy, tra l’eterno e la storia, Dio e l’uomo, le molteplici tradizioni religiose e quella in lui rivelata.
Marianelli dimostra peraltro come Simone Weil sia “cresciuta in un mondo di miti” (p. 17), al punto da aver sempre “[…] ritenuto che miti e tradizioni popolari, queste ultime più antiche dei primi e quindi ancor più degne di considerazione, celassero verità eterne nei confronti delle quali è necessario orientare lo sguardo” (p. 30).
Lo studio di Marianelli si articola, dunque, in due parti. Nella prima, Il mito e le figure, l’autore scandaglia, lasciandosi guidare dalle provocazioni di Weil, i “tesori di spiritualità” (p. 33) del passato, privilegiando alcune figure dell’universo mitologico – Antigone, Oreste, Elettra, Demetra e Core - che appartengono al patrimonio della tragedia greca e che rivestono un ruolo del tutto particolare nella speculazione weiliana.
Esito di questa prima sezione è il tentativo, rigorosamente seguito, di andare oltre una classificazione dei miti in Simone Weil, recuperando l’interpretazione della Little, secondo la quale è presente in Weil una vera e propria “filosofia della salvezza”. A tal riguardo, scrive Marianelli: “Sebbene l’espressione filosofia della salvezza non sia del tutto appropriata, tuttavia essa può presentarsi come utile categoria interpretativa attraverso la quale leggere la riflessione filosofica della Weil per tentare di coglierne alcuni momenti importanti” (p. 131). Una categoria utile, ma, in definitiva, non esaustiva, considerato che Marianelli propone una serie di “categorie trinitarie”, a suo avviso presenti non solo negli scritti teologici della maturità, ma anche in quelli filosofici redatti sotto l’influenza di Alain e di ispirazione platonica. Già qui Weil “[…] si preoccupa di mostrare come il vero, il bello ed il bene, riferendosi specialmente al rapporto tra il bello e il bene, non siano momenti separati, ma co-implicantesi. Le tre dimensioni del reale […] sono considerate in riferimento a realtà soprannaturali: le figure della Trinità” (pp. 138-139).
Nella seconda parte del suo lavoro, Linguaggio mitico e ontologia, Marianelli si propone il compito, non semplice, di elaborare una teoria del mito, in un pensiero magmatico come quello di Weil, che, da un lato, incontra nella contraddizione la sua precipua chiave interpretativa, dall’altro, la principale insidia per chi intenda farsi suo esegeta.
Marianelli, opportunamente, riconosce che in Weil spesso il potere del linguaggio sperimenta il suo limite e cede, in una sorta di teologia apofantica, al “non-linguaggio” della matematica e della poesia, sino a contemplare il “silenzio originario” del Verbo. L’autore ha il merito di evidenziare con chiarezza il circolo ermeneutico che intercorre tra silenzio e parola, tra simbolico e disvelamento dell’essere: Cristo è il Verbo, Cristo è il silenzio di Dio sulla croce. Tra i due estremi è il tentativo del linguaggio di dispiegare il mistero dell’amore di Dio per l’uomo, anche a fronte della domanda delle domande: perché il male, se Dio è buono? Osserva Marianelli: “Il Silenzio divino è […] l’originale soluzione weiliana al problema della Teodicea ed esso, frequentemente assunto come argomento da chi vuole negare l’esistenza di Dio, diviene nel linguaggio della Weil una prova inconfutabile della sua esistenza e del suo Amore” (pp. 184-185).
Si tratta di una “prova” accessibile a chi, con umiltà, rinuncia a leggere e quindi a conoscere ovvero a “possedere” una conoscenza. In questo abbandono della pretesa di sapere, in questa contemplazione del “mistero”, l’intelligenza si apre al linguaggio dei miti, della poesia, delle immagini. La scelta di tale immagini può essere più o meno felice. Solo nella seconda ipotesi esse possono racchiudere un mistero. Conclude Marianelli: “Misteri sono propriamente quei «problemi insolubili» che il filosofo deve «contemplare», senza sperare di risolverli, ponendosi in condizione di attesa. In tale disposizione, il soprannaturale può manifestarsi attraverso simboli” (pp. 286-287).
Scrive Piero Coda nella Premessa a Marianelli: “Che la testimonianza di pensiero ardita e interpellante di Simone Weil abbia di per sé a che fare con la teologia è un dato ormai acquisito. […] Questo fatto giustifica la collocazione al presente saggio, frutto della rigorosa e appassionata ricerca di Massimiliano Marianelli, nella collana «Teologia» dell’Editrice Città Nuova. Esso, infatti, pur caratterizzandosi per una movenza originariamente filosofica, non è affatto prigioniera di un’astratta e improduttiva separazione tra filosofia e teologia, ma, fedele all’intenzionalità più autentica e feconda della Weil, ne mostra l’articolazione in atto, e precisamente a partire dalla ricordata centralità del simbolico” (p. 5).
Indice
Premessa (di P. Coda)Prefazione (di A. Pieretti)
Sigle
Introduzione: «Cresciuta in un mondo di miti»
IL MITO E LE SUE FIGURE
Tesori di spiritualità
Miti ed esperienza mistica
Le Intuizioni precristiani
La verità in frammenti
I tre figli di Noè o le origini della civiltà mediterranea
Il radicamento
Figure dell’universo mitologico
Antigone
Malheur e decretazione
Malheur e maledizione
Oreste ed Elettra
2.1 Antigone ed Elettra
2.2 Attesa e non lettura
2.3 Il dolore nei greci
2.4 La bilancia a bracci diseguali
Demetra e Core
3.1 Le origini misteriche
3.2 Narciso e chicco di melagrana
3.3 “Patetico dell’uomo” e “drammatico di Dio”
Il significato dei miti: una classificazione oltre la struttura
Per una classificazione dei miti
L’interpretazione della Little: una filosofia della salvezza
“Categorie” trinitarie
LINGUAGGIO MITICO E ONTOLOGIA
Linguaggio e miti
L’originarietà del linguaggio
Il linguaggio e il suo potere
L’origine trascendente
Linguaggio e non linguaggio
La matematica
La poesia
2. Il mondo del mito
2.1 Il mito e la cultura umanistica
2.2 Il fondamento dei miti
2.3 Il segno: tra idolo e mito
2.4 La rete dei nessi analogici
2.5 Letture e non letture
2.6 Dall’analogia al simbolo «par la convenance»
2.7 Il simbolico
2.8 La “metafora reale” e il Cristo
2.9 I simboli e il consenso
2.10 Il mito tra struttura linguistica e disvelamento dell’essere
3. Il linguaggio dei miti
La verità dei miti
Bibliografia
Indice dei nomi
L'autore
Massimiliano Marianelli è laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia, nel 2003 dottore di ricerca con una tesi dal titolo: Il linguaggio dei miti in Simone Weil, attualmente collabora con la cattedra di Storia della filosofia dell’Università di Perugia. Si occupa principalmente di questioni di filosofia del linguaggio, soprattutto in riferimento all’arte contemporanea, e sull’argomento ha pubblicato numerosi articoli.