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Riscoprire la sobrietà è anche la via per ritrovare se stessi

di Francesco Lamendola - 02/02/2012


 


 

Nella società del lusso e dello spreco, che fatalmente è entrata in conflitto con se stessa e sta malinconicamente riflettendo sulla fallacia della filosofia del progresso illimitato e dei modelli sviluppisti che ad essa si ispirano, riscoprire il valore della sobrietà non è soltanto un modo per adeguarsi ai cambiamenti nello stile di vita che la crisi economica e finanziaria ci impone, ma può diventare una preziosa occasione per ritrovare la nostra parte dimenticata.

Si tratta di una verità moto semplice: non si possono scoprire le cose che contano, finché si crede di non poter fare a meno del superfluo; finché si continuano ad inseguire beni illusori, inutili o perfino falsi, perché dannosi in se stessi, sia sotto il profilo materiale (per esempio, nei riguardi della salute), sia sotto quello psicologico e spirituale.

Per vedere l’essenziale, bisogna sgomberare ciò che è accessorie e secondario; così come per trovare poche pagliuzze d’oro è necessario passare al setaccio grandi quantità di sabbia e di pietrisco senza alcun valore.

Sobrietà vuol dire risparmio, ma vuol dire anche ritrovare una diversa e migliore misura esistenziale; vuol dire lasciar perdere la merce firmata per puntare sulla praticità; valorizzare il riutilizzo di ciò che può andare ancora bene, se aggiustato, invece che sull’usa-e-getta e sull’acquisto incessante di nuovi prodotti; vuol dire riappropriarsi del piacere di andare a piedi o in bicicletta, fin dove possibile,  e lasciare l’automobile in garage, con vantaggio del nostro portafoglio e anche della salubrità dell’ambiente; vuol dire imparare ad arieggiare la casa prima di accendere il riscaldamento e lasciare spento quest’ultimo, quando si è fuori casa: di nuovo, con vantaggio economico del singolo e con vantaggio ecologico della comunità.

Vuol dire anche riscoprire il piacere delle cose piccole, delle cose semplici, delle cose sane: non è necessario andare in vacanza ai Caraibi per riposarsi, perché il riposo è uno stato dell’essere e non il frutto di uno spostamento geografico; vuol dire superare l’individualismo esasperato e mettersi d’accordo con i familiari, con gli amici, con i vicini di casa, per andare al lavoro con una sola automobile, invece che con due, tre o quattro, quando ci si deve recare nel medesimo luogo: anche in tal caso, con un risparmio economico e con un arricchimento sul piano umano.

Ci eravamo abituati a vivere in maniera troppo individualistica, troppo antieconomica e troppo comoda, di una comodità tutta artificiale: la nostra impronta ecologica si era fatta troppo pesante, il consumo di risorse pro capite era divenuto insostenibile, tanto più che gran parte di esse andavano poi sprecate.

Quanti alimenti vanno gettati nel cestino delle immondizie, sia nelle case private sia nei ristoranti, nelle mense scolastiche e aziendali, nelle caserme, negli ospedali, nei collegi; per non parlare di quelli che vengono distrutti deliberatamente dai produttori, in ossequio alle leggi del mercato, per non far scendere troppo il loro prezzo al dettaglio: è stato calcolato che, in questo modo, se ne va perduta una fetta non trascurabile del Prodotto interno lordo di una nazione.

La sobrietà nei comportamenti, negli acquisti, nei consumi, è, d’altra parte, solo un aspetto della sobrietà in quanto tale: che è fatta di senso della misura, saggezza e parsimonia, anche nel parlare, nell’agire, nel rapportarsi con il prossimo, nel vivere la relazione con l’ambiente, animali e piante in primo luogo.

La sobrietà è fatta di attenzione, di responsabilità, di buon gusto: non grida, non si sbraccia, non enfatizza mai le cose, non si vanta, non si esalta, non si mette in mostra, né gonfia il petto.

A monte di essa vi sono un codice etico, un atteggiamento complessivo di consapevolezza nei confronti della vita: la persona sobria conosce il valore delle cose e ne ha rispetto, ma non confonde mai il valore con il prezzo, che è una cosa ben diversa.

Il valore della parola, per esempio: la persona sobria parla poco, ma questo non significa che sia cupa o che disprezzi la compagnia; meno ancora, che sia incapace di profondi pensieri o sentimenti: semplicemente, bada alla sostanza, ai fatti, e non sa che farsene dei fronzoli, dei bei discorsi insinceri che non valgono nulla.

La persona sobria può essere scambiata, ma solo ad uno sguardo assai superficiale, per una persona poco allegra, poco socievole, poco accogliente; al contrario, è perché ha un’idea molto alta dei rapporti umani, dell’amicizia, dell’amore, che preferisce essere gelosa di quello che prova: tuttavia, se si verificano le condizioni adatte, è capace di rivelarsi in tutto il suo calore, senza fare calcoli e senza coltivare secondi fini.

Non farà mai grandi dichiarazioni di amicizia o solenni promesse d’amore; ma è molto probabile che saprà far parlare i fatti, invece di adoperare le parole.

La persona sobria è paziente, tenace, ammirevole nella sua costanza: non disprezza nulla, non disdegna nulla, però non si lascia attrarre dalle cose più vistose, dalle persone appariscenti, dalle situazioni clamorose; rifugge dalla pubblicità, dall’esibizionismo, dalla sfrontatezza, perché è naturalmente, istintivamente pudica.

Niente e nessuno può costringerla a fingere, ad assecondare le mode, a intrupparsi nel gregge; non si ferma alle apparenze, non giudica in maniera frettolosa; sa che c’è un tempo per ogni cosa e sa che, per fare le cose bene, non si può improvvisare, ma bisogna lavorare molto e in silenzio: giusto il contrario di ciò che sono abituati a fare i superficiali e i furbetti.

La persona sobria è profonda.

Poiché non indulge nelle comodità eccessive, né insegue i beni materiali in maniera smodata, è allenata a concentrarsi sui tesori interiori, sulla vita dell’anima; di conseguenza, possiede un buon livello di equilibrio mentale e spirituale.

Non la si vedrà mai schiava del fumo o dell’alcol; non la si vedrà abbattersi o disperarsi perché non è riuscita a far suo un oggetto superfluo; non la si potrà sorprendere in atteggiamento di invidia o di gelosia, perché sa usare delle cose con moderazione e con senso della misura, e allo stesso modo si comporta con gli altri esseri umani.

La sua parsimonia non è avarizia, non ha nulla a che fare con l’attaccamento: anzi, è vero il contrario: proprio perché abituata a servirsi di poco, è sempre pronta a dividere quello che ha con una persona bisognosa; ma attenzione, ha un occhio infallibile per riconoscere ed evitare i simulatori, i piagnucoloni e gli incontentabili.

Sa essere generosa con il prossimo, ma nella misura del giusto: sa quel che basta ad una vita dignitosa; però sa anche che la povertà più grande è quella dell’anima, e, in questo ambito, non sa lesinare il suo aiuto, non centellina la sua comprensione.

Sbaglierebbe, tuttavia, chi credesse di poterla sfruttare o di poterla costringere a subire all’infinito delle vuote lamentele, degli sterili sfoghi che a nulla servono, neanche ad alleggerire la tristezza dell’anima: quando decide di porgere aiuto a qualcuno, lo fa in maniera virile, non assecondando le altrui debolezze, ma insegnando il modo di diventare autonomi.

La persona sobria è semplice, anche se non sempliciotta: ama percorrere le stradee diritte, allo scoperto, senza maschere, senza stratagemmi, senza cercare scorciatoie; non avanza mai obliquamente, non si nasconde mai dietro cortine fumogene; aborre l’idea di poter sembrare agli altri quel che non è.

Vuole mostrarsi apertamente, lealmente, oppure preferisce tenersi in disparte: senza mezze misure, senza furbizie da quattro soldi; il suo sguardo è talmente limpido, che è difficile non leggervi dentro quel che sente e quel che pensa, anche se non pronuncia parole.

Mai la si vedrà fingersi amica di qualcuno per convenienza, mai si accosterà a qualcuno per opportunismo; abituata a cogliere il valore delle cose, sa anche il valore delle persone: e sa che nessuna persona, per quanto indegna, merita di essere strumentalizzata e degradata a cosa.

Essere sobri non significa essere calcolatori, tutto il contrario; significa riconoscere un valore a tutte le cose: ma il loro valore reale, non quello fasullo, non quello stabilito dalle mode o dal conformismo; non quello apparente, che nasce dall’adulazione o dalla vanità.

Lo sguardo della persona sobria è affinato dall’esperienza e dalla saggezza: sa vedere dritto e lontano, non si limita a guardare; è uno sguardo che riesce a leggere nel mistero dei cuori, a cominciare dal proprio.

Infine, la persona sobria non solo sa ritrovarsi in ogni circostanza, ma sarebbe più esatto dire che non ha mai perso il contatto con se stessa, con la propria parte più vera e più profonda; che non ha mai smesso di ascoltare e di seguire la voce della propria chiamata.

Ella non dissipa le proprie energie in cento cose inutili, non si lascia trascinare dalle passioni disordinate, non perde la calma facilmente, non si esalta e non si abbatte senza motivo, non perde di vista ciò che conta e non si lascia confondere da inezie; perfino davanti alle prove più difficili tende a concentrarsi in se stessa, senza permettere al turbamento di fare liberamente irruzione nella sua anima.

Una persona che parla in fretta, che si agita continuamente, che vorrebbe fare mille cose e che molte ne lascia a metà; una persona nervosa, incostante, disordinata, raramente o quasi mai è anche una persona sobria: perché la sobrietà, praticata a lungo, diviene una disciplina interiore, una severa palestra di vita, come lo è la montagna per l’alpinista.

Quando si dice che essere sobri vuol dire imparare a riconoscere ciò che non è essenziale e a lasciarlo andare via, si intende che ciò comporta, automaticamente, assumere un atteggiamento rispettoso verso l’altro, chiunque egli sia: umano e non umano.

La persona sobria non solo non ha bisogno di una pelliccia per l‘inverno, perché non tollera l’idea che, per ripararsi dal freddo, debba contribuire all’uccisione di molti animali; ma non ha bisogno neanche, in estate, di strappare una gran quantità di fiori di campo, per farne un mazzo da portare a casa: preferisce ammirarne la bellezza nel loro ambiente naturale, lasciandoli in vita e permettendo anche ad altri di goderne - a cominciare dai loro ospiti più importanti, gli insetti, che svolgono l’indispensabile funzione d’impollinarli.

La persona sobria, forse, non ha fatto moltissime letture, ma quelle poche che ha fatto, le ha meditate in profondità, sino a farle divenire parte di se stessa: non vive per leggere, come i maniaci del libro, ma legge per vivere meglio, per capire meglio il senso della vita.

Il senso della vita è la ricerca del divino. Di conseguenza, la persona sobria è colei che considera sprecato il tempo che non rivolge a questo scopo; ma tale scopo lo persegue in mille forme liete e gioiose: nella ricerca della bellezza, della verità e della bontà; intrattenendosi con un vecchio stanco e malato, o curvandosi affettuosamente su di un bambino che si apre al mistero glorioso della vita; pregando e meditando, ma anche abbandonandosi nella freschezza della natura o immergendosi con stupore e gratitudine nel grande arcano degli affetti e dell’amore.

Tutto per lei è preghiera di lode e di ringraziamento, tutto per lei è bellezza e glorificazione inesausta della vita.

Non c’è amarezza nelle pieghe della sua bocca, non c’è rimpianto al fondo del suo sguardo: tiene la fronte dritta e guarda le cose con franchezza e con benevolenza - con compassione, anche, quando s’imbatte nel mistero della sofferenza.

E poiché il mistero della sofferenza è dappertutto, né vi è bisogno di fare molta strada per incontrarlo, la persona sobria è naturalmente benevola e naturalmente compassionevole con il prossimo.

Del resto, come potrebbe essere una persona consapevole, quale l’abbiamo definita, se non sapesse scorgere il mistero della sofferenza anche dietro le apparenze serene e perfino gioiose, anche nei recessi ove non batte il sole, nei quali indugia il gelo della disperazione?

Se si incontra una persona sobria, è possibile che non vi si faccia caso: non vi è nulla, in essa, di vistoso, sì da attirare l’attenzione.

Sono i suoi silenzi che parlano, la sua discrezione, la sua delicatezza d’animo: bisogna imparare a vedere, a udire, a riconoscere i segni della sua presenza..