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Guerra del ricco, lotta del povero

di Nicholas von Hoffman - 08/07/2006


Gli Usa oggi sono guidati da un’amministrazione che, vuoi per errori di calcolo, vuoi per ostinazione ideologica, ha ignorato quello che ogni ministro delle finanze di ogni paese sviluppato ha sempre saputo da 150 anni a questa parte. Il governo statunitense dovrà pagare tassi di interesse sempre più alti per attirare nuovi prestatori

Sarebbe interessante poter chiedere a George Washington cosa significa combattere una guerra a credito. Ai suoi tempi, il Congresso Usa stampò moneta per pagare la Guerra di Rivoluzione ma tralasciò di predisporre tassazioni per finanziare questi suoi allegri denari. I biglietti erano chiamati continentali e perdevano tutto il loro valore alla scadenza, di qui l’espressione, un tempo popolare, “non vale un contintentale”.

Quando i vostri soldi non valgono un continentale significa che state attraversando un momento di alta inflazione. È accaduto 230 anni fa nella nostra guerra d’indipendenza dagli inglesi. E vediamo che sta iniziando ad accadere oggi nella nostra guerra contro... beh, chiunque noi stiamo combattendo. Possiamo anche non conoscere i nomi, le posizioni e i perchè della guerra in Iraq, ma sappiamo che i costi si stanno avvicinando ai mille miliardi di dollari.

Il Congresso Continentale era controllato da ricchi, e ai ricchi non piace pagare le tasse. Era così all’epoca, ed è così adesso che abbiamo un Congresso controllato da ricchi. Guerre diverse, stessa stupidità.

Per molto tempo dopo gli errori economicamente disastrosi del periodo del 1776, i politici statunitensi hanno almeno provato a intraprendere guerre prevedendo il pagamento contestuale del debito. L’amministrazione Lincoln introdusse la prima tassa federale sul reddito nel tentativo di finanziale la Guerra Civile. Non fu sufficiente, e così la greenback – come si chiamava all’epoca il dollaro di carta – perse rapidamente potere d’acquisto (inflazione). Questo ovviamente non accadde con le monete d’oro e fu solo dopo quasi un decennio dalla fine della Guerra Civile che il governo riuscì a rafforzare la banconota e a portarla alla pari del dollaro d’oro. Il rafforzamento, tuttavia, fu possibile solo a costo di enormi sacrifici da parte degli agricoltori e degli operai della nazione; ma, in fondo, non succede sempre così?

Nella Prima Guerra Mondiale, mentre si combatteva, furono compiuti sforzi enormi per far fronte ai costi. Fu nella Seconda Guerra Mondiale che le tasse vennero dedotte per la prima volta dalle buste paga. Le imposte furono aumentate di molto, soprattutto quelle dei ricchi. Forse si riteneva che, essendo proprio loro a rischiare di più rispetto al restante 98% della popolazione e avendo essi maggiore interesse nella vittoria degli Stati Uniti, avrebbero dovuto pagare di più. Un nemico vittorioso avrebbe confiscato le proprietà dei ricchi piuttosto che le fattorie di famiglia o le case degli operai.

Ciononostante, ci fu una spinta inesorabile affinchè tutti contribuissero a finanziare il conflitto. Sul fronte interno furono condotte senza sosta campagne per convincere la gente a comprare “Buoni di Guerra” del governo americano. I bambini venivano incoraggiati a comprare i “Francobolli del Risparmio di Guerra”.

Tuttavia, nonostante i tanti miliardi in potere d’acquisto sottratti all’economia attraverso le tasse e i risparmi, i prezzi continuarono a salire. L’inflazione avanzava a passi misurati, ma non tanto rovinosamente quanto sarebbe potuto accadere se il paese non si fosse basato su una politica di pagamento contestuale del debito.

All’inizio la guerra in Vietnam fu condotta senza eccessive spese in termini di deficit. Quando il presidente Lyndon Johnson lasciò l’incarico nel 1969 consegnò al suo successore, Robert Nixon, un bilancio più o meno in pareggio. Nixon però non potè – o non volle mantenere – la stessa linea: innescò un’inflazione di guerra che ebbe effetti così disastrosi da indurlo a tentare di imporre uno stretto controllo dei prezzi nel paese.

I controlli sono un pallido sostituto di un’amministrazione finanziaria prudente. Allora non ebbero l’effetto di riportare l’inflazione ai livelli antecedenti, contribuirono bensì al senso dello spreco, della disorganizzazione e del caos sociale, che sono le serve dell’inflazione. Fu necessario più di un decennio di recessione, paghe più basse e confusione prima che la nave potesse essere di nuovo condotta in porto.

Oggi c’è l’Iraq, e c’è un’amministrazione che, vuoi per errori di calcolo, vuoi per ostinazione ideologica, ha ignorato quello che ogni ministro delle finanze di ogni paese sviluppato ha sempre saputo da 150 anni a questa parte. Invece di finanziare la guerra, George W. Bush e la sua amministrazione arrancano guidati dalla folle idea che il Signore provvederà. Beh, il Signore – o i meccanismi degli affari e della finanza – sta provvedendo a forza di inquietanti porzioni di inflazione.

Sarebbe stato peggio se non ci fossero stati i prestatori stranieri – che stanno rilevando i debiti contratti dagli Usa nell’inseguimento di cavalieri fantasma terroristi. Man mano che il potere d’acquisto del dollaro di indebolisce, saranno sempre meno numerosi quegli stranieri compiacenti disposti a prestarci soldi. Non vogliono essere ripagati con dollari svalutati da un’inflazione galoppante.

Il governo dovrà pagare tassi di interesse più alti per attirare nuovi prestatori. Non può essere rimasta una sola persona adulta in America che non abbia imparato cosa comporti l’inflazione per le finanze personali.

Ma non per le finanze personali di tutti. La gente ricca ha la possibilità di proteggersi dai danni prodotti dall’inflazione. I poveri no. Proprio questa potrebbe essere l’origine del vecchio detto “Guerra del ricco, lotta del povero”.

 

Nicholas von Hoffman è stato opinionista per il programma cult negli Stati Uniti "60 Minutes" e ha curato per anni una rubrica sul 'Washington Post'. Attualmente è editorialista del 'New York Observer' e di 'The Nation'.
Von Hoffman è autore de Il dizionario diabolico del business.

 


Fonte: Common Dreams
Traduzione a cura di Giusy Muzzopappa per Nuovi Mondi Media