Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La società del nulla

La società del nulla

di Dagoberto Bellucci - 16/05/2012

Fonte: dagobertobellucci

 

 

 

 

“La vita è come un party d’alta moda

che ti vende all’orecchio ogni sorta di volgarità”

 

( Sergio Caputo – “E le bionde sono tinte” )

 

 

 

 

Un autore contemporaneo di eletta ascendenza, Zygmunt Bauman, ha definito in una sua opera di qualche anno fa il presente, ciò che ci circonda, come “vita liquida” ossia come quel tipo di vita che “si tende a vivere nella società liquido-moderna. Una società può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. (…) La vita liquida, come la società liquida moderna, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo.” (1)

 

Condividiamo questa metafora ‘acquosa’ della società contemporanea la quale rappresenta, in una serie di immagini, stereotipi informi e mentalità, il caos primigenio; tutto ciò che non ha essenza né forma; che è in divenire, che muta continuamente e tende a trasformarsi o – per essere esatti – ciò che ‘tende’ senza sapere verso cosa, che è in costante mutazione senza raggiungere mai una forma compiuta.

 

La società contemporanea è la società dello schiantamento di ogni valore, della negazione di tutti i valori; della fine dell’individuo; del non essere, dell’accumulazione dell’avere. Una simile società non ha capo né coda, né inizio né fine. Non ha certezze, non ha prospettive, fondamentalmente non ha un futuro perché non ha, non vuole avere, alcun passato. Il passato è stato rifiutato dalla modernità, schiacciato, disintegrato, annullato nella quotidianità di un presente che stancamente si ripete, giorno dopo giorno, identico, immutabile, fino alla nausea.

 

Questo genere di società è un magma informe, caotico, sempre in movimento, una massa che si muove senza una direzione precisa, senza uno scopo definito, senza un perché.

 

Il magma contemporaneo appare come una forza titanica, capace di rompere gli argini, disintegrando tutto ciò che le sta attorno. I primi ad essere insieme complici e vittime di questo genocidio globale sono gli stessi individui che fanno parte integrante della massa amorfa in costante attività.

 

D’altronde è chiaro che gli individui che compongono una simile società riflettono quelle stesse lacerazioni esistenziali che danno vita al caos collettivo nel quale si dibatte la società.

 

Essi sono degli autentici burattini deambulanti nella modernità:  ripetono con stanchezza le stesse idee, fanno tutti le stesse cose, fingono di vivere perché la loro – la vita dei più – è una non vita; non vissuta ma lasciatasi vivere.

 

Di fronte a questa inversione di tutti i valori, alla loro negazione ed al loro rifiuto, all’affermazione di un nichilismo come rappresentazione della società moderna, l’individuo moderno nasce, cresce e muore senza fini superiori, privo di alcuna forma, senza la minima capacità di comprendere ciò che avviene attorno a sé, quale sia lo scopo ultimo della vita…si lascia trasportare da una corrente che inesorabile lo sommergerà, finendo per affogarlo.

 

E’ la crisi ontologica dell’essere umano che caratterizza da oltre un secolo la società moderna.

 

Perché una società – ogni società – è composta da individui i quali giocoforza devono interagire con altri individui, nel confronto-scontro, mettendosi costantemente in gioco.

 

Il presente viene vissuto dai più come la ripetizione costante di incertezze, di dubbi, di interrogativi.

 

L’uomo massa contemporaneo non ha alcuna idea di cosa desideri o, per essere più esatti, non ha più nemmeno un desiderio. Dopo l’ubriacatura ideologica che ha caratterizzato gran parte del XXmo secolo il riflusso nel privato, nel quotidiano, viene vissuto dalla maggioranza degli individui – almeno di quelli delle società occidentali , le società-liquide per eccellenza – come un’estenuante ripetizione di gesti, comportamenti, modi di pensare e di agire, azioni, mentalità.

 

Le risposte a questa crisi sono ontologiche, di natura squisitamente etica e morale; vanno ricercate – laddove possibile – dentro di sé perché dopo l’affermazione che “Dio è morto” all’individuo occidentale non resta che l’autocoscienza, la realizzazione di una propria forma autonoma, che tenti di darsi una legge, liberamente accettata, auto-imposta e consapevolmente vissuta.

 

Nella società di massa contemporanea non si è liberi se non nella misura in cui questa presunta libertà è un utile espediente utilizzato dal Potere per controllare, vigilare, annullare volontà e individui.

 

Il problema di fondo è che la stragrande maggioranza degli individui contemporanei non sa esattamente cosa vuole dalla propria vita, cosa farne della propria vita né perché vive. Escludendo gli istinti materiali non rimane niente per cui valga la pena di vivere e difatti l’individuo-massa e massificato moderno non ha altri scopi che non siano coincidenti con la soddisfazione di questi appetiti materiali, riducendosi a mero numero tra i numeri della grande catena di sfruttamento capitalistico-consumista che alimenta quotidianamente questi desideri materiali con nuove demenziali mode di massa.

 

Risposte a questo schiantamento globale, perché la globalizzazione nient’altro rappresenta che l’espansione capitalistico-consumista all’intero pianeta, non ne esistono fintanto che l’essere umano non riuscirà a fuoriuscire da questa sua condizione di larva animata che esiste solo ed esclusivamente per la compensazione dei propri limiti spirituali attraverso un’esagitazione meccanicistica riflesso della sua materialità; l’unica dimensione che conosce e che gli sia rimasta per esprimere sé stesso, l’unico spazio – quello della materia – che riesca ancora ad occupare.

 

Qualunque altra considerazione di ordine sociale, politico, economico di fronte a questo vortice psichico che ha sconvolto le coscienze e disarticolato i rapporti umani appare, oggettivamente, infinitamente banale.

 

Personalmente non ci interessa da una vita ‘capire’ l’altrui individualità, né i fallimenti personali che concretizzano il presente e caratterizzano i fuorigioco esistenziali dell’individuo massa contemporaneo…

 

Né ci riesce ‘facile’ vestire i panni di collaudatore antropologico laddove non esiste l’individuo.

 

Se “Dio è morto” l’essere umano è un cadavere in putrefazione…

 

Lasciamo quindi che siano altri – ammesso che esista qualcuno capace di questa ricognizione –a determinare cause ed ora del ‘decesso’… lasciamo che siano altri ad effettuare questa autopsia terminale.

 

E soprattutto lasciamo agli altri l’illusione di ‘esistere’ e ‘vivere’.