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Sangue e menzogne, scandalo mondiale senza fine

di Giorgio Cattaneo - 08/06/2012

Obama e Bush

All’alba del fatidico 11 settembre 2001, la data che ha cambiato in peggio la storia del mondo scatenando unaguerra dopo l’altra col pretesto della lotta al terrorismo internazionale, il cielo degli Stati Uniti era l’area più controllata del pianeta, ma in modo clamorosamente anomalo: qualcuno si era infatti premurato di organizzare ben 7 esercitazioni militari, tutte concentrate nello stesso giorno, in modo da allontanare l’aviazione e lasciar libero il corridoio aereo utilizzato dai dirottatori diretti alle Torri Gemelle. La sicurezza americana ha mentito su tutto: sono le ultime conclusioni del “Consensus Panel”, la commissione indipendente di esperti convocata sulla strage del secolo. Smentita, dati alla mano, l’incredibile versione ufficiale: una cortina di menzogne, stesa dal governo e dai media per impedire al pubblico di scoprire dove fossero e cosa stessero davvero facendo, in quelle ore, i quattro uomini-chiave dell’apparato Usa: presidente e vice, segretario alla difesa e capo di stato maggiore. Mentre le “sentinelle dell’aria” furono ingannate e depistate da “false immagini” inserite nei loro computer, secondo la verità ufficiale nessuno dei quattro super-decisori sedeva al suo posto di comando. Domanda: dove si trovavano?

Tremila vittime innocenti massacrate senza pietà, un’ondata di orrore senza precedenti nella storia e, in cambio, undici anni di reticenze, omissioni e vergognose bugie, mentre l’esercito americano invadeva l’Afghanistan e l’Iraq e installava nuove basi permanenti nel Golfo per fronteggiare la Cina minacciando direttamente l’Iran, dopo aver costituito il comando Africom, la “Nato africana”, preparandosi a liquidare i leader non allineati, da Muhammar Gheddafi a Bashar Assad. Niente di strano: è la prassi sanguinosa della “guerra infinita”, annunciata con un libro profetico da Giulietto Chiesa una decina d’anni fa e confermata puntualmente dalla cronaca, passo dopo passo, dalla guerra-lampo del Caucaso al confine con la Georgia fino alla feroce repressione della “primavera araba” nei paesi in cui il regime-canaglia fa comodo perché è “amico” di Hillary Clinton e del presidente Barack Obama. Lui, il Premio Nobel per la Pace, l’uomo che ha osato raccontare – senza un solo documento filmato o fotografico – di aver fatto assassinare nientemeno che Osama Bin Laden in Pakistan, sbarazzandosi poi della salma-fantasma facendola scivolare nell’Oceano Indiano, “con rito islamico”, dal ponte di una portaerei.

L’11 Settembre? E’ il “peccato originale” della nuova era, tragicamente anticipata da un evento lontanissimo ma tristemente celebre: il famigerato G8 di Genova, in cui si scatenò la repressione cieca dei manifestanti per spezzare il movimento no-global, di cui le grandi multinazionali avevano una paura folle. Furono i giorni dei “black bloc”, improvvisamente comparsi da mezza Europa dopo aver varcato impunemente qualsiasi frontiera: l’intelligence occidentale ne era perfettamente al corrente, confida Wayne Madsen, dirigente “pentito” dell’Nsa, il più potente servizio di informazioni del mondo, quello che registra ogni tipo di comunicazione per i database della Cia e dell’Fbi. Intervistato da Franco Fracassi nel libro inchiesta “G8-Gate”, il generale Fabio Mini, già comandante in capo delle forze Nato in Kosovo, conferma: «Esistono “apparati” espressamente deputati a quel tipo di operazioni». Senza contare che, a Genova, i “black bloc” hanno agito secondo la tattica dello “swarming”, il mordi e fuggi che si insegna nelle black blocscuole militari dell’Alleanza Atlantica. «Non occorre che tutti i guastatori siano pilotati», dice lo stesso Fracassi nel saggio “Black bloc”: «Basta infiltrare pochi individui ben addestrati, gli altri li seguiranno spontaneamente».

Tutto, in fondo, comincia con la caduta dell’Unione Sovietica: l’America prova a “comprare” la Russia di Eltsin, ma poi arriva Putin e ripristina il potere dell’ex Kgb, sbattendo in galera gli “oligarchi” corrotti e impegnati a regalare all’Occidente le immense ricchezze energetiche della Russia. E’ provato che uomini come il magnate Boris Berezovskij, ora riparato a Londra, avessero cinicamente organizzato a tavolino la “rivolta indipendentista” della Cecenia. Obiettivo: fornire a Eltsin il pretesto per una facile rivincita militare, preziosa per la sua imminente rielezione. Si sa, le cose non sono andate secondo i piani e la guerra caucasica si è evoluta in un’atroce macelleria: da una parte le truppe russe, dall’altra miliziani ceceni, afghani, iraniani e provenienti da mezzo mondo arabo, inquadrati nella rete allora denominata “Al Qaeda” e costituita molti anni prima, in Afghanistan,Ahmad Shah Massoudall’epoca in cui la Cia incaricò un certo Osama Bin Laden di supportare la resistenza dei mujaheddin contro l’invasore sovietico.

Inutilmente, per anni, l’eroe afghano Ahmad Shah Massoud invocò l’intervento militare occidentale contro i talebani. Alla fine, preceduta da bombardamenti a tappeto, la neonata Alleanza del Nord marciò su Kabul, ma non prima di due eventi clamorosamente ravvicinati: il super-attentato alle Twin Towers e, appena due giorni prima, l’omicidio dello stesso Massoud, così amato dagli afghani, così indipendente e così scomodo, troppo ingombrante per il futuro Afghanistan de-talebanizzato, affidato alla custodia del docile Hamid Karzai, l’uomo dei brogli elettorali, con tanto di fratello narcotrafficante. Regime-fantoccio che non sarebbe mai nato se in circolazione fosse rimasto Massoud, ucciso con una bomba il 9 settembre 2001 da terroristi-kamikaze agli ordini del signore della guerra Burhanuddin Hekmatyar, uomo notoriamente manovrato dall’Isi, l’intelligence militare pachistana addestrata dalla Cia. Allora il regime di Islamabad era sotto il ferreo controllo del generale Pervez Musharraf. «Se sarò eletta, faremo luce sui troppi lati oscuri della nostra storia recente», annunciò la candidata Benazir BhuttoBenazir Bhutto: poco dopo fu uccisa anche lei, in un devastante attentato dinamitardo, alla fine del 2007.

In questo decennio, ricorda Giulietto Chiesa – membro egli stesso del prestigioso board americano impegnato a indagare sulla verità dell’11 Settembre – c’è uno spaventoso abisso tra le evidenze accertate dei singoli eventi, tutti collegati tra loro, e la narrazione dei media, sempre scandalosamente frammentaria e falsa, fuorviante, omertosa. Lo confermano gli otto capitoli dell’ultimo dossier di “Consensus 9/11”, che gettano una nuova, impressionante luce su ciò di cui, a distanza di ormai undici anni, milioni e milioni di persone in tutto il mondo – l’immensa maggioranza – non sa assolutamente nulla. A cominciare dalle menzogne ufficiali che furono raccontate per impedire che il pubblico, in primo luogo quello americano, sapesse dove si trovassero e cosa stessero facendo, la mattina dell’11 settembre 2001, il presidente George W. Bush e il suo vice Dick Cheney, il segretario alla difesa Donald Rumsfeld e il generale a capo degli stati maggiori riuniti, Richard Myers. Nessuno di loro era dove sarebbe dovuto essere, rivela il “panel” della commissione indipendente americana, che si basa su fonti inoppugnabili: i risultati del Foia, cioè il “Freedom of Information Act”, che analizza in modo incrociato tutte le fonti giornalistiche disponibili e le stesse contraddittorie affermazioni della commissione d’inchiesta governativa.

«La documentazione è effettivamente impressionante», scrive Giulietto Chiesa sul “Fatto Quotidiano”, «e di menzogne ufficiali ne fuoriescono a torrenti: a cominciare dall’accertamento del fatto, davvero sbalorditivo, che un numero senza precedenti di esercitazioni militari venne concentrato proprio nella giornata dell’11 settembre 2001». Le “strane” esercitazioni furono ben 7, tutte perfettamente concomitanti, anche se la  commissione ufficiale d’inchiesta ne ricorda, e brevemente, solo una, quella che si chiamò “Vigilant Guardian”, solitamente programmata ogni anno per il mese di ottobre. Coincidenza: solo nel 2001 venne anticipata a settembre, e proprio il giorno 11. Simultaneamente, rivela il dossier, ci fu anche l’operazione “Global Guardian”, del Norad: anche questa, di regola, si era sempre svolta 11 settembre 2001in ottobre. E via elencando: nelle stesse ore fu programmata “Amalgam Warrior”, un’esercitazione di volo su larga scala, regolarmente ripetuta due volte l’anno, ma mai in settembre.

Interessante, aggiunge Chiesa, la quarta esercitazione, “Northern vigilance”, «che fece spostare quella mattina quasi tutta la forza aerea della difesa statunitense in Canada e Alaska». Senza contare che, in contemporanea, le altre forze della difesa antiaerea erano impegnate nelle esercitazioni “Vigilant Warrior”, per l’allenamento al volo, e “Red Flight”, che determinò il trasferimento di altri caccia e intercettori dalla base di Langley, Virginia, dirottati altrove. E infine, ecco il “National Reconnaissance Office”, che – incredibile ma vero – aveva programmato proprio per quella mattina, esattamente alle 9.10, l’impatto di un piccolo aereo contro una delle torri dell’agenzia, nei pressi di Washington. «Impossibile riassumere qui tutti gli aspetti clamorosi che emergono da questi otto capitoli», dice Giulietto Chiesa, ma una cosa è certa: «La Commissione ufficiale, presieduta (illegalmente) da Philip Zelikow, intimo amico e collaboratore di Condoleezza Rice, non solo “dimenticò” sei delle sette esercitazioni in corso, ma sottovalutò incredibilmente la confusione che tutte quelle esercitazioni militari avevano provocato mentre erano in corso i quattro dirottamenti».

Inoltre, aggiunge Chiesa, «emerge incontrovertibilmente che quella mattina gli schermi radar della difesa aerea statunitense furono accecati da false immagini di ciò che accadeva realmente nei cieli dell’America del Nord». False immagini: «Eliminate dagli schermi solo dopo che fu colpita la Torre Sud del World Trade Center». E dunque: chi era al comando in quelle ore? Le fonti ufficiali ripeterono a oltranza che Bush, Cheney, Rumsfeld e Myers, che stava sostituendo il generale Hugh Shelton, così come un altro generale, Montague Winfield, a capo della war-room, erano tutti – inspiegabilmente – lontani dalla loro posizione di responsabilità: cioè, non erano dove avrebbero dovuto essere. Posizione recuperata precipitosamente solo dopo che il Pentagono fu colpito, alle ore 9.37. Peccato che i documenti li smentiscano: «Alcuni di loro non solo erano al loro posto, ma erano ben informati di ciò che stava accadendo e discussero perfino se si dovesse abbattere, o meno, il quarto aereo dirottato, il volo 93, i cui frammenti furono ritrovati non a Shanksville (come testificò la Commissione ufficiale) Giulietto Chiesa 2ma su un diametro di parecchi chilometri. Altra smentita alla versione ufficiale».

Il “Consensus Panel” non è un tribunale, ammette Chiesa, ma raccoglie elementi che potranno essere utili per ogni ulteriore ricerca, non importa da chi condotta – enti pubblici, media, centri accademici. «Chi vuole aprire gli occhi vada a sincerarsene: sono un contributo all’indagine che Ferdinando Imposimato sta portando a termine per esporre i capi d’accusa al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja perché prenda in esame l’ipotesi di incriminare importanti membri dell’amministrazione americana dell’epoca, con l’accusa di “concorso in strage”». Fondamentali informazioni da tenere a mente, ogni volta che il mainstream televisivo – magari la rete Al-Jazeera di proprietà dei regnanti del Qatar che armano miliziani e terroristi – racconta dell’ennesima “strage” provocata dall’artiglieria del “sanguinario dittatore siriano”. E mentre l’Europa – con le banche inquinate dai titoli-spazzatura di Wall Street – si interroga sulla spaventosa crisi dell’euro, gestita da emissari della Goldman Sachs e del Bilderberg come Monti e Draghi, da qualche parte l’ufficio-narrazioni è già al lavoro, per preparare progressivamente l’opinione pubblica all’inevitabile guerra contro l’Iran.