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Per fermare l’Italia in recessione: la decrescita

di Gloria Germani - 29/06/2012



I suoi libri ormai vengono pubblicati in Italia al ritmo di uno ogni sei mesi: Breve trattato sulla Decrescita serena, L’invenzione dell’economia, Come si esce dalla società dei consumi, Per un Abbondanza Frugale e, a colpi di ristampe, guadagnano sempre più lettori. I grandi quotidiani come Repubblica, Il Corriere, il Messaggero gli dedicano interviste a tutta pagina, sollevando il dubbio, impensabile solo un anno fa: “Avere meno significa stare meglio?”
Serge Latouche è stato per trenta anni professore di Storia del Pensiero Economico all'Università di Parigi XI e adesso è il teorizzatore più importante della Decrescita. Recentemente ha tenuto una conferenza in Italia, la prima dopo l’insediamento del Governo Monti. Sala gremita, con gente seduta anche in terra, atmosfera calda e partecipe, applausi entusiasti. Vi riportiamo la maggior parte di questa lezione che, per concisione e insieme preveggenza, può ben essere detta magistralis.
Crisi o decadenza?
La prima domanda che, secondo Latouche, dobbiamo porci è: che tipo di crisi stiamo attraversando? “Tutti i giornali parlano della crisi dell’euro, crisi dell’Europa, crisi dell’occupazione. Già nel ’68 si parlava di crisi culturale e etica, dal ‘72 con il rapporto del Club di Roma si scopre la crisi ecologica , dagli anni ’80, con la controrivoluzione neoliberista della Thatcher e di Reagan, abbiamo iniziato a conoscere la crisi sociale. Nell’agosto 2007 è scoppiata la famosa crisi dei subprime ma i nostri governi ci hanno detto che era una crisi solo finanziaria e solo americana. Poi nel settembre 2008 è fallita la Lehman Brothers. Non era più possibile nasconderlo: viviamo una crisi economica e una crisi globale. Tutte queste crisi si mescolano e formano una crisi di Civiltà, la crisi dell’Occidente. Ma siccome l’Occidente è ovunque, per via della globalizzazione, siamo ad una svolta della storia. E parlare di crisi è paradossale quando si tratta di un fenomeno che si prolunga da oltre 50 anni. Più che ad una crisi, siamo di fronte al declino di una civiltà
Capitalismo verde, un non senso
Dove andrà il mondo nei prossimi venti anni? Non sono un profeta . A lungo termine, però, sappiamo tutti che il mondo andrà a fracassarsi contro i limiti del pianeta. Il capitalismo di comunione, il capitalismo ecocompatibile sono un controsenso. Un simile capitalismo non torna e oggi ne abbiamo la conferma. Colui che ha praticamente inventato lo sviluppo sostenibile, Stephan Schmidheiny, è stato condannato in Italia a 16 anni di galera. Il miliardario svizzero è stato processato a Milano per la morte di 3.000 persone, quanti i morti per le Torri Gemelle. 3000 morti per l’amianto. Era un filantropo che voleva un capitalismo ecosostenibile ed aveva costituito una fondazione per la responsabilità sociale dell’impresa. Dobbiamo riflettere su questa lezione. E’ evidente che c’è un business verde, anche molto redditizio. Ma il capitalismo ecosostenibile è sempre, e nella sua essenza, capitalismo e non sarà lui a salvarci.
Il Capitalismo nella testa: la pubblicità
Lo spirito del capitalismo è quello di produrre sempre di più, per fare sempre più profitti. Per far questo, bisogna consumare sempre di più. Consumare all’infinito non è affatto semplice ed occorre quindi inventare la pubblicità. La nostra società infatti non è una società dell’abbondanza ma una società di frustrazione. Bisogna sempre rincorrere qualcosa, ecco perché questa crisi si prolunga da così tanti anni. La crisi è parte essenziale della natura del sistema. Questo sistema trova il suo
equilibrio solo come un ciclista che deve pedalare sempre. Se smette di pedalare, cade. Questo
sistema ha legato la sua sopravvivenza alla distruzione del pianeta, alle risorse non rinnovabili.
Una crescita infinta in un paese finito è impossibile. Lo capisce un bambino di 5 anni. La società
della crescita e il capitalismo sono la medesima cosa. L’essenza del capitalismo, come diceva Marx,
è l’accumulazione del capitale. Ma “accumulazione” è la parola marxista per “crescita”. Una
società della Decrescita non può essere una società capitalista. Su questo dobbiamo essere chiari.
Ma uscire dal Capitalismo cosa significa? Lenin pensava che bastasse conquistare il Palazzo
d’Inverno. Non è così. Perché lo spirito del capitalismo è prima di tutto nella nostra testa. Come un
virus. Quindi la prima cosa da fare è decolonizzare il nostro immaginario.
Decolonizzare l’immaginario e i valori
La decrescita è una visione alternativa di un’altra società, in rottura completa con questa società
Rottura con il capitalismo significa rottura con i valori del capitalismo. Occorre cambiare i vecchi
concetti economici: concorrenza, dominio della natura e sostituirli con collaborazione, generosità..
Cambiare le nostre idee di povertà, di ricchezza, di scarsità. La Natura non è scarsa, la natura è
generosa. Sono gli uomini che vogliono renderla scarsa come quei criminali della Monsanto che
vogliono renderla sterile per vendere gli OGM ai contadini.
Naturalmente una società dell’abbondanza frugale non si realizza da un giorno all’altra. Ma una
volta liberati dall’imperialismo culturale, una volta decolonizzato l’immaginario agiremo in
maniera diversa. Bisogna penalizzare l’attività più perversa di tutte: la pubblicità. Questo è uno dei
punti più importanti del nostro programma politico. La pubblicità è il mezzo più forte della
Globalizzazione dell’immaginario. L’altro punto è quello di indirizzare in maniera democratica
l’innovazione scientifica: sviluppare una scienza meno prometeica e più ecologica. Soprattutto non
lasciare la ricerca e l’innovazione nelle mani delle imprese transnazionali che puntano solo al
profitto.
I partigiani della decrescita davanti alla recessione
Tutti i governi europei sono d’accordo in questo momento con una politica di austerità. Ma per i
partigiani della decrescita le soluzioni non stanno né nell’austerità, né nella crescita. Sono stato
invitato dai deputati greci per esporre le nostre proposte alternative che, in sintesi, sono tre. 1. Non
pagare il debito o pagarlo (come è stato fatto in Bolivia e in Islanda ) solo per il 20% in modo da
risarcire i piccoli debitori. 2. Rilocalizzare il lavoro. Riconvertire l’agricoltura e l’industria in
termini ecologici. Ricreare localmente l’ attività economica cioè rifare quello che facevamo almeno
10 anni fa. . Questo significa De-mondializzare. La globalizzazione infatti, è stata un gioco la
massacro su scala globale. L’abbiamo chiamata “concorrenza” ma è stata la guerra di tutti contro
tutti. 3..Ridurre gli orari di lavoro e dare lavoro a tutti. In Italia, il governo Monti ha appena
allungato l’età pensionabile. In Bolivia al contrario è stata ridotta. Prima si andava in pensione a 65
anni, ora a 58. E’ questa la strada giusta. Lavorare meno per lavorare tutti. Questa politica non è
facile. La gente non è pronta. La Grecia dovrebbe per esempio uscire dall’euro. Ma il 70% di greci
è contrario perché la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso i mass-media è fortissima .
Profezie che si avverano
Purtroppo siamo di fronte all’attuazione di ciò che Naomi Klein – l’autrice di riferimento dei noglobal-
ha chiamato l’economia dello shock. La Klein aveva previsto che si sarebbe approfittato
delle catastrofi naturali e non, per far passar politiche ultraliberiste- altrimenti osteggiate. Mario
Monti è il tipo ideale per applicare queste soluzioni tecnocratiche e liberiste, per attuare l’ascesa del
capitalismo dei disastri. Ma questa ascesa è il contrario della democrazia!
Oggi, la catastrofe è già qui. Noi lo prevedevamo già da venti anni, ma il Quarto Rapporto del
IPCC lo ha dimostrato con certezza. Tra 50 anni ci saranno, come minimo, 2 gradi in più. E questo
significa che il delta del Gange sarà sott’acqua. Ci saranno centinaia di milioni di immigrati
dell’ambiente. Non siamo stati capaci di accogliere gli immigrati del Magreb e dell’Africa, come faremo ad accogliere i milioni di immigrati dell’ambiente?”
Oggi le catastrofi sono già tra noi: sono i cambiamenti climatici, sono Fukushima come pure l’enorme nave da crociera Costa Concordia incagliata sugli scogli dell’isola del Giglio. Prima di tutto, questi sono i segni della follia umana, della dismisura, dell’illimitatezza dell’uomo. L’unica strada per contenere e limitare questa superbia, è la Decrescita, il ritorno cosciente ad una vita più semplice, più vera, più felice.