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Il mito dell'origine. Note per un possibile ritorno dell'arcaico

di Antonello Cresti - 17/07/2006

Fonte: Argilla rivista

 

 

Da ormai molti anni, in un crescendo nevrotico e smodato, i sacerdoti del "migliore dei mondi possibili" affermano

che la gioventù occidentale è fiera sostenitrice del progresso e della tecnologia...Come dar loro torto? Basta uscire

di casa, per piombare in una bolgia dantesca di cellulari e di suonerie cacofoniche...

 

Non è però detto che una parte

dei giovani europei, la parte sana,

non abbia da decenni ricercato

un ritorno all'Arcaico e alla

Natura oggi sempre più auspicabile;

non è peraltro un caso che

queste persone siano sempre state

coinvolte nei pochi movimenti

sinceramente rivoluzionari del secolo

appena trascorso: si tende ad

esempio a tralasciare il fatto che

la generazione flower-power si

contraddistinse per un gioioso ritorno

a miti tutt'altro che incapacitanti

come quelli della comunità

e della comunione col cosmo. La

vaga rinascenza neopagana cui

assistiamo in certi ambienti radicali

d' Occidente deve molto a questa

prospettiva e ad essa si rifà più o

meno esplicitamente.

Brilla per il suo sepolcrale silenzio

il paese in cui un tempo

venivano celebrati riti misterici a

profusione...Sì, sì...Proprio

l'Italia, quel luogo in cui le

uniche identità sbandierate sono

quelle di "culture" oramai consegnate

alla sacrosanta sconfitta

come la xenofobia.

Per fortuna ci viene in soccorso

uno di quei personaggi che rendono

onore allo stereotipo della

"Vecchia Inghilterra": Mark

Coyle è un giovane e competente

appassionato di musica folk che

a differenza di molti altri ascoltatori

distratti ha brillantemente

notato il nesso vitale che lega

certa musica (nella fattispecie le

espressioni più ritualistiche e visionarie

della tradizione folk antica

e contemporanea) alla fertile rievocazione

delle proprie radici. A

differenza di tanti divertissement

che la fanno da padrone presso le

platee alternative dell'Italietta

(un esempio tra tutti il martellante

recupero della tarantella a scopo

ricreativo...Una sorta di alternativa

acustica alla techno!), il

discorso intrapreso da Coyle ci

convince appieno perché propone

di ri-creare le basi di una forma

di espressione consequenziale ed

unitaria che riunisca musica,

folklore, artigianato e antico spirito

epico. In un progetto simile sono

abbondanti le valenze rivoluzionarie;

è infatti nel paese che vide

nascere la rivolta contro le macchine

dei luddisti, che ancora una

volta la voglia di destabilizzare lo

status-quo si affianca alla cosciente

rivendicazione di una appartenenza

profonda...Come a

dire: "Gli usurpatori siete voi che

blaterate di identità seduti sugli

scranni del parlamento".

In effetti l'alternativa proposta

è quanto di più lontano dalle

ipotesi crociate degli attuali governi

europei, poiché non si tratta di

opporre radici cristiane ad intolleranze

di altra provenienza o di

impugnare come un manganello

(?) le pretese vittorie illuministiche,

ma di rivoltarsi nei confronti

della società tecnologica e ritirarsi

in piccole comunità.

In una simile visione ci rallegriamo

nel ritrovare frammenti

delle antiche scuole sapienziali del

misticismo radicale (la rivolta che

parte dall' interno attraverso la

Musica, arte trascendente par

excellence), di etica pacifista e

hippy, di pensiero ecologista profondo,

in opposizione a qualsiasi

assurdo "sviluppo sostenibile", ma

anche certo pensiero anarchico che

può spaziare dall' interessante

neoprimitivismo di un John

Zerzan al ritorno alla foresta di

Ernst Junger.

Se Feuerbach affermava che

siamo ciò che mangiamo, Coyle

attraverso l'esperienza dell' Unbroken

Circle (nome che sembra

alludere ad una dimensione clanica,

ma anche ad una visione ciclica

della vita, in profondo rispetto

di quella che definiamo

cultura della complessità) ipotizza

una educazione al bello attraverso

il potere incantatorio di certa musica

re-inserita nel suo contesto

d'uso che può essere la nobile

tradizione del canto di lavoro (un

piccolo debito alla grande famiglia

socialista lo si paga sempre!), così

come la più magica e visionaria

tradizione della ballata che sfocia

poi nella reale invocazione rituale.

La Via è percorribile e possibile

per ogni singolo individuo.

Se nei densi documenti filosofici

che accompagnano questa azione

si riscontra la volontà di riappropriazione

di Sè nella Natura

anche ritirandosi in silenzio ad

ascoltarne il Suono, non si fa

New Age, ma si consegnano

le chiavi per aprire la porta

della Conoscenza e del rispetto

dell'Altro. Tra le tante implicazioni

libertarie che spiccano in

questo progetto così eroicamente

isolato pare esservi anche questo:

non saremo mai capaci di accogliere

altre culture, se ci sentiamo

corpi estranei dalla nostra tradizione

di riferimento.

Un autore che non ho mai

amato - idolatrato e frainteso al

contempo in questo paese -

sosteneva che le radici profonde

non gelano...Quest'uomo

(Tolkien, per chi non avesse

inteso) era a mio avviso un meDa

ormai molti anni, in un crescendo nevrotico e smodato, i sacerdoti del "migliore dei mondi possibili" affermano

che la gioventù occidentale è fiera sostenitrice del progresso e della tecnologia...Come dar loro torto? Basta uscire

di casa, per piombare in una bolgia dantesca di cellulari e di suonerie cacofoniche...

da Argilla, rivista consiglio Regionale verdi toscana