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Uno più uno fa uno

di Christian Wertenbaker - 19/07/2006

L'enigma più grande, il mistero più profondo, a parte la Creazione stessa, è il mistero del mondo interiore e di quello esteriore, e della loro relazione reciproca. Ma forse si tratta dello stesso mistero della Creazione.


 

Il mistero del mondo esteriore e di quello interiore

“Durante un viaggio, Mullah Nasruddin si fermò per la notte in un paese dove non conosceva nessuno. Trovò un alberghetto e dormì tranquillamente. La mattina seguente scoprì, con sua costernazione, di non ricordare più chi fosse. Rifletté un po’ sul da farsi, poi decise di andare in strada per vedere se qualcuno poteva riconoscerlo e dirgli chi era. In strada c’erano molte persone, ma poiché era uno straniero, nessuno lo riconosceva. Dopo aver gironzolato qua e là, decise di entrare in un negozio di abbigliamento. Forse qualcuno, là dentro…

Il negoziante balzò su di lui: «Signore, ho esattamente la giacca che fa al caso suo. Ecco, provi questa». Il Mullah accondiscese e provò diverse giacche e camicie, ma nessuna gli piaceva. Dopo aver compiaciuto per un po’ di tempo il negoziante, si voltò verso di lui dicendo:

«Mi scusi, buon uomo, ma lei mi ha visto entrare nel suo negozio?».

«Beh, sì, naturalmente», rispose il negoziante, sconcertato.

«Allora mi dica», replicò il Mullah, «Come fa a sapere che ero io?»” (vedi nota 1).

L’enigma più grande, il mistero più profondo, a parte la Creazione stessa, è il mistero del mondo interiore e di quello esteriore, e della loro relazione reciproca. Ma forse si tratta dello stesso mistero della Creazione.

Da questo grande enigma fuoriescono altri enigmi, come da un vulcano. Per esempio, dal punto di vista del mondo esteriore, io non sono altro che uno dei sei miliardi di puntolini umani che affollano un piccolo pianeta posto in un angolo remoto di una delle miliardi di galassie. Ma dal punto di vista del mio mondo interiore, io sono tutto; ogni cosa che conosco, di cui sono consapevole, è in me, dalle stelle alle particelle subatomiche, dagli antichi egizi ai miei genitori e i miei figli: il passato, il presente e i futuri possibili. Per me, niente esiste davvero al di fuori del mio mondo interiore.

Che i due mondi siano interdipendenti è ovvio: da un lato, se vengono distrutte certe parti del cervello di una persona, tutti i comuni segni di un mondo interiore in quella persona scompaiono, diventando inconsci. Distruzioni più limitate di parti del cervello lasciano buchi nel mondo interiore: scompaiono il linguaggio, l’immaginazione visiva o la memoria. Dall’altro lato, non si può costruire una casa se prima qualcuno non la concepisce e progetta nella sua immaginazione. I materiali esistono, ma la forma non nasce, e i primi finiranno con lo sgretolarsi alla pioggia e al vento.

Comunque, il mondo interiore e quello esteriore esistono in spazi-tempi diversi. Sebbene il cervello sembri indispensabile all’esistenza del mondo interiore di una data persona, nessun esame microscopico, dissezione, formazione computerizzata di immagini o registrazione con gli elettrodi rivelerà nulla che assomigli a un mondo interiore. È possibile trovare strutture e attività collegate ai fenomeni del mondo interiore, ma non il mondo interiore in sé e per sé.

Per specificare gli eventi del mondo esteriore, almeno nel comune mondo macroscopico che ci è familiare, bastano quattro parametri: tre coordinate spaziali e una temporale. Ma è impossibile trovare il mondo interiore in quello esteriore.

Che dire del tempo? Il neuroscienziato Peter Fox sostiene: “Il cervello esiste nello spazio. Ma la mente opera esclusivamente nel tempo” (vedi nota 2). Il tempo è un mistero in sé, in quanto da un certo punto di vista non esiste affatto: il passato è finito, il futuro non è ancora e il presente è un momento infinitesimale tra i due. Nella Fisica, il tempo serve soltanto a mettere ordine nella sequenza degli eventi. Il mondo interiore richiede un tempo più grande di quello esteriore; nella nostra vita interiore non ci muoviamo semplicemente lungo una linea retta dal passato al futuro “a un secondo per secondo”. Il futuro è pieno di possibilità, delle quali si realizzeranno solo alcune. Anche il passato è pieno di possibilità, di cose che avrebbero potuto essere ma non sono state. La nostra mente si muove spontaneamente in queste dimensioni. E il presente, soprattutto in uno stato di vigile consapevolezza, non è soltanto un istante infinitesimo, ma una pienezza magica. Il tempo rivela il suo splendore multidimensionale solo nel mondo interiore.

Di cosa è fatto il mondo interiore? Alcuni dicono di materia quantica, poiché il livello quantico ha misteriose affinità con il mondo interiore, come la possibilità di più dimensioni e il fatto che l’osservazione sia indispensabile perché alcune possibilità si realizzino. Forse esso è composto di energia elettromagnetica, un sottoinsieme della materia quantica. Ma questi sono anche i mattoni fondamentali del mondo esteriore.

In passato, alcuni hanno sostenuto che esiste solo uno di questi due mondi, relegando l’altro allo status di epifenomeno. Ma la realtà di entrambi è innegabile, anche se sono incommensurabili. Incommensurabili ma collegati, immiscibili ma strettamente intrecciati; logicamente si escludono a vicenda, ma paradossalmente coesistono, rendendo la realtà fondamentalmente misteriosa e accessibile, forse, soltanto a una consapevolezza trascendentale.

Una casa non può esistere senza i materiali da costruzione, ma nemmeno senza l’immaginazione dei suoi creatori. Cos’è più importante? Entrambi. Cosa viene per primo? Anche se è una domanda senza risposta come quella sull’uovo e la gallina, tendiamo a dire: l’immaginazione, il concetto, il progetto, la visione. Questi hanno fatto sì che i materiali si unissero creando una forma, una casa. In modo simile, possiamo dire che il mondo interiore è la causa della Creazione? “In principio era il Verbo”… Se fosse così, il mondo interiore non sarebbe soltanto una faccenda privata. Questo è un altro mistero. Anche se il mondo interiore di ognuno è totalmente privato, le nostre consapevolezze si sentono collegate, come i funghi o i rami di un albero, da qualche rete sotterranea; questo lo avvertiamo soprattutto in uno stato di piena consapevolezza: siamo uniti non solo dalla mediazione di qualcosa di esterno, ma direttamente. Il vertice di questa esperienza è la sensazione mistica di essere connessi a ogni cosa. Si tratta di un’illusione? Oppure il mondo interiore è una realtà che permea ogni cosa, cui tutti partecipiamo più o meno (a seconda della consapevolezza), così come partecipiamo dell’aria e degli atomi emessi tantissimo tempo fa dalle supernovae?

Ciò che conferisce al mondo interiore uno status paritario a quello esteriore non è il fatto che esiste una catena di associazioni neurali tra un input sensorio e un output motorio; queste cose possono realizzarsi facilmente anche nel mondo esteriore. No, il “sine qua non” del mondo interiore è la consapevolezza, la coscienza. Non si tratta della semplice consapevolezza dei dati sensoriali, che è un altro modo di dire che questi ultimi sono stati elaborati per portare a qualche azione (la stessa cosa della catena neurale). Il mondo interiore si basa sull’autoconsapevolezza, sulla consapevolezza di essere consapevolezza, ovvero un’entità che sa. Un’entità separata, ma collegata a ogni cosa.

Poiché questo tipo di consapevolezza è intermittente e di intensità variabile, interrotta da periodi più o meno lunghi di azioni automatiche, ed è assente durante la maggior parte del sonno, il mondo interiore di ciascuno di noi sale e scende, va e viene. Dove va? È sempre presente, solo più o meno illuminato? Dopotutto, quando ci svegliamo al mattino, le nostre facoltà, conoscenze e memorie sono generalmente intatte. In realtà, stiamo parlando di due aspetti diversi del mondo interiore: il suo contenuto e la consapevolezza che illumina quel contenuto. Essi sembrano perfino collegati a regioni diverse del cervello: il contenuto alla corteccia cerebrale, e la luce a strutture del cervello più centrali, alcune delle quali compongono il sistema di attivazione reticolare, che regola diversi stati della consapevolezza.

Di fatto, ci sono tre elementi che compongono uno stato di piena consapevolezza: la consapevolezza del mondo esterno, quella di se stessi attraverso la percezione interiore e il sentimento, e la consapevolezza stessa. Ognuna attiva aree diverse del cervello, ed è possibile che un’attività elettrica coordinata tra parti separate del cervello sia alla base dell’autoconsapevolezza. Se così fosse, l’equivalente fisico della vita interiore sarebbe un modello elettromagnetico sufficientemente complesso, a livello dell’intero sistema nervoso.

Affinché un’entità abbia una vita interiore, deve avere una percezione di se stessa, deve sapere di essere un’entità. Ma nessuna entità esiste isolata, in senso esteriore: ha bisogno di cibo, aria e di altre sostanze che la mantengano. Né alcuna entità è isolata in senso interiore: una gran parte della sua vita interiore consiste in immagini del mondo esterno. Esternamente e internamente, un’entità è come una cellula vivente, con una membrana semipermeabile che allo stesso tempo la limita e la collega all’esterno, permettendo il passaggio di alcune sostanze in entrambe le direzioni e bloccandone altre, in un equilibrio dinamico. Questo equilibrio fa sì che la cellula mantenga il suo carattere di entità semi-indipendente, fornendo allo stesso tempo un’interazione con il mondo esterno. Da qui viene, per analogia, la relazione reciproca tra l’autoconsapevolezza e la sensazione di essere collegati all’esterno. Una delle funzioni fondamentali di una membrana cellulare è la costituzione di un potenziale elettrico attraverso se stessa, che viene creato tramite una diversa permeabilità a ioni diversi del fluido intracellulare ed extracellulare. Analogamente, forse, la percezione di se stessi in quanto esseri consapevoli del mondo richiede la costituzione di un’entità elettromagnetica all’interno del corpo, tramite l’interazione di vaste regioni del cervello. Ciò, dunque, ha la stessa funzione della membrana semipermeabile della vita interiore, attraverso la quale ci occupiamo di alcune cose e non di altre, costruiamo idee e concetti attraverso sottoinsiemi di sensazioni fondamentali, scegliamo alcune azioni a scapito di altre e comunichiamo con il mondo esterno.

Se questa analisi è corretta, altre entità dotate di complessi modelli energetici e mantenute in equilibrio dinamico e in interazione con il resto del mondo, possono avere una vita interiore. Il sistema solare, per esempio, non consiste soltanto di sfere rotanti tenute insieme dalla legge di gravità, ma anche di complesse interazioni elettromagnetiche tra il sole e i pianeti, scoperte negli ultimi decenni: il vento solare, la magnetosfera della Terra e la coda magnetica di quest’ultima, che arriva fino all’orbita della luna, intersecandola quando è piena.

La consapevolezza e la materia sono l’aspetto interiore ed esteriore della stessa cosa? All’inizio di questo secolo, Einstein ha scoperto l’interscambiabilità tra materia ed energia. Questo ha provocato un mutamento nel concetto del tempo, indispensabile per spiegare conseguenze bizzarre della teoria della relatività, come l’invariabilità della velocità della luce a prescindere dalla velocità della fonte e la relatività della simultaneità. Materia ed energia sono dunque due aspetti della stessa realtà fondamentale. Il terzo aspetto, allora, è la consapevolezza. Questa non è una nozione universalmente accettata, ma ne esistono delle tracce nella teoria dei quanti, che richiede la possibilità di altre dimensioni – un ulteriore allargamento del tempo – e fa dell’osservazione una componente fondamentale della realtà.

Quanto appena detto può suggerire che tutte le entità semi-indipendenti, dalle particelle subatomiche alle galassie, partecipano in qualche modo alla consapevolezza e hanno una sorta di vita interiore. Benché alcuni abbiano questa convinzione, nessuno attribuirebbe alle molecole o alle cellule il nostro tipo di consapevolezza. È una questione di gradazioni, o esiste un livello minimo che rende possibile quel mondo interiore che abbiamo il privilegio di possedere? Alcuni pensano che sia grazie alla combinazione armoniosa tra il pensiero astratto-simbolico, le sensazioni e le emozioni che possiamo risuonare con l’intera realtà dell’universo. Il pensiero, per sua natura, scivola facilmente dalla realtà alla fantasia, ma quando si mescola alle sensazioni e i sentimenti, riusciamo a entrare nella magia del momento presente, che non è più infinitesimale, ma abbraccia ogni cosa. Infatti, ognuna di queste facoltà è sintonizzata su una diversa dimensione del tempo e un diverso aspetto del mondo: la percezione è abbinata alla materia, e quindi al flusso del tempo ordinario; il pensiero è di casa con tutto ciò che è in potenza; e il sentimento, unito all’energia, ci collega misteriosamente all’eternità.

Sì, il mondo interiore è elusivo (quanto quello esteriore: chiedete ai fisici). Chi sono io, allora? Sono il contenuto della mia pelle, questo sacco di organi, tubi e fluidi? O sono il contenuto del mio mondo interiore, la totalità di tutto ciò di cui sono consapevole? Questo “io” si espande e si contrae, va e viene, con le fluttuazioni della mia consapevolezza, momento dopo momento? Oppure io sono tutto ciò di cui sono stato consapevole, persino quelle cose che ho dimenticato? Scomparirò quando il mio corpo si disintegrerà o il mio mondo interiore (almeno alcuni suoi aspetti) potrà essere contenuto in un’altra struttura? I misteri sono abbastanza grandi da impegnare legioni di filosofi, teologi, mistici e scienziati per migliaia di anni, e di fatto essi stanno già riflettendo molto su questi argomenti. Ma l’enigma rimane, e può trovare risposta solo in altri enigmi.

“Un uomo ebbe l’opportunità di fare un lungo viaggio per vedere il Buddha. Sapendo che il Buddha era molto occupato e aveva poco tempo, e che l’opportunità non si sarebbe ripetuta, pensò a lungo sulla domanda migliore da porre per risolvere i dubbi che lo assillavano da molti anni. Quando venne l’udienza, chiese al Buddha:

«Santo Maestro, dimmi: qual è la domanda più importante di tutte, e qual è la sua risposta?».

Il Buddha rispose: «Figlio mio, la domanda più importante è quella che hai appena chiesto, e la risposta quella che ti sto dando adesso»”.

Note

1: Le storie all’inizio e alla fine dell’articolo mi sono state raccontate da Robert Brown.

2: G. Montgomery, The Mind in Motion, “Discover”, marzo 1989, pp. 58-68.

Copyright originale Christian Wertenbaker, per gentile concessione.
Oiginalmente apparso sulla rivista Parabola: The Magazine of Myth and Tradition
www.parabola.org
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini
Copyright per la traduzione Italiana: Innernet.