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Il Sionismo nostrano invoca la “soluzione finale”

di Andrea Franzoni - 20/07/2006

 
Per capire i proclami violenti di alcuni leader arabi, tra l’altro spesso decontestualizzati o tradotti ad hoc per rinforzare l’idea di “islamico cattivo”, non è necessario andare troppo lontano. Non è nemmeno necessario scomodare l’antropologia, le presunte culture né tanto meno la religione. Di fronte all’odio, alla propaganda, al razzismo e alla guerra, purtroppo, non c’è infatti cultura, valore o benessere che tenga.

E’ finito il tempo di credere alle favole, all’arabo che cova odio tra la polvere aizzato da una religione inumana, grezza, che odia la vita stessa e predica la distruzione e la notte. Le stesse parole, gli stessi proclami, la stessa assenza di pietà la possiamo trovare anche altrove, nei popoli apparentemente più civili e operosi, tra delicate opere d’arte e frizzanti elezioni democratiche. La stessa pasta, della quale tutti gli uomini sono fatti, emerge più che mai quando l’odio prende il possesso degli uni e degli altri. Dei palestinesi scalzi e disoccupati, come degli ebrei colti e benestanti.

Nel reciproco inneggiare ai propri diritti e alla propria superiorità, nel reciproco inneggiare all’altrui distruzione, si frantuma ogni presunta superiorità culturale e razziale. Noi come loro, loro come noi. Stessa pasta maledetta, stessi limiti mentali, stesse parole.

«Basta parlare di pace con i redivivi nazisti e facciamo pagare carissimo a loro ogni dito alzato» commenta Antimo Mirandola, direttore e columnist del periodico di informazione e cultura “Ebraismoedintorni.it”. Comodamente seduto davanti ad un computer, probabilmente nella redazione romana della rivista, aizza i suoi simili alla guerra, alla disumanizzazione e all’odio, come il più caricaturale dei mullah.

«Sappiano che ogni loro velleità gli costerà un prezzo insostenibile andando dritti al cuore del problema distruggendo, una volta per tutte, ogni arma, compresi i tric trac, in mano ai nemici d’Israele, che siano a Beirut, a Damasco o a Teheran. Andiamo fino in fondo perché si possa poi vivere finalmente in pace. Siamo “sproporzionati”? Ebbene accontentiamo questo branco di bestie immonde che si permette di giudicare così un popolo che si difende e usiamo la forza “sproporzionata” per garantirci che nessun Israeliano venga più rapito, che nessun bambino “con la stella di David” salti in aria nella propria casa o in pizzeria, che nessun padre circonciso debba lasciare la sua famiglia per andare in guerra. Ma ricordiamoci anche di sputare in faccia quando incontreremo coloro che come sciacalli lottizzano la memoria e vengono a fare i commossi quando si commemora quello sterminio che i loro compagnucci di merende vorrebbero portare a termine».

Scompaiono dal campo i bambini, i ponti, le donne, gli uomini che –come gli israeliani- vogliono solo vivere la loro vita in pace, i 7 canadesi uccisi a Beirut, le centinaia di persone uccise a tradimento in qualche giorno di follia omicida forse anche premeditata, che costituiscono la stragrande maggioranza delle vittime. Dalle parole di questi uomini eleganti, ben nutriti, pettinati, istruiti, non traspare nulla di tutto ciò che si vantano di essere. Più che parole paiono versi, latrati, grugniti di rabbia. L’intolleranza, il razzismo, l’integralismo sono molto più vicini di quello che crediamo.

La stessa sindrome colpisce anche Deborah Fait, altra columnist, che stufa dei negoziati invoca una soluzione finale. «NO, Basta, Basta! Israele non deve più parlare di pace con questa gentaglia, non conoscono il significato di questa parola. Israele deve andare avanti fino alla fine questa volta perchè' Gamla è là ad esempio e non cadrà mai più. Saranno loro a cadere definitivamente perche' hanno ampiamente dimostrato di essere belve assetate di sangue, incapaci di fare altro che terrorismo, guerra e assassinii. Basta! Israele deve andare avanti fino alla fine questa volta. Non provate a fermarci, vigliacchi del mondo». Tutto scompare davanti agli occhi di Deborah: solo i “bambini con la stella di David” hanno per lei un senso, un valore, una dignità. Eppure “andare avanti fino alla fine” cosa significa, se non distruggere, occupare, uccidere indiscriminatamente; “terrorismo, guerra e assassinii”?

«Ricordiamo tutti i nostri fratelli caduti per rendere viva ogni giorno la presenza ebraica in Eretz Israel. -dice una macabra preghiera ispirata agli eventi recenti- Che ogni goccia del loro sangue innocente venga pagata sette volte dal nemico e da tutti coloro che lo aiutano». Sette volte, dieci volte, venti volte. Un ebreo vale sette arabi, come in passato dieci ebrei valevano un tedesco. Nulla ha meno senso delle disequazioni, quando si parla di vite umane. E fa forse ancora più paura quando, a pronunciare certi orrori, non sono guerriglieri un po’ ignoranti, assediati (fosse anche solo culturalmente) dall’occidente, poveri e senza prospettive, ma ebrei benestanti, tanto boriosi quanto evoluti, dalle loro calde poltrone romane. Che speriamo siano, all’interno delle loro comunità, almeno isolati.

Non manca, purtroppo, nemmeno chi inneggia a dio e alle profezie. Quello di Andrei Bereny, altro commentatore di “ebraismo e dintorni”, è un dio che distrugge e tifa per la guerra, l’uccisione di innocenti. Un dio personale, un dio ultrà. «Mi odierete ma vi dico: sono felice! Finalmente, finalmente c'è la guerra. Adesso abbiamo un'opportunità per vincerla, un opportunità di distruggere Amalek, le sette nazioni, di adempiere le mitzvot, di essere ebrei non solo individualmente, ma come nazione. Mi dico, dunque, D-o mio, quanto Sei grande, quanto Sei onnipotente, quanto le Tue vie siano effettivamente e palesamente impossibili per noi da comprendere! L'ebreo non-ebreo eletto primo ministro ci ha promesso disengagement e ridisangagement, deportazioni e rideportazioni di ebrei dalle loro case in Terra d'Israele e adesso, suo malgrado, è rientrato a Gaza e sta rientrando in Libano, tutti territori biblici di Eretz Israel e forse, forse deciderà di distruggere i nostri nemici, hamas, hezb'allah, "PA", iran e siria. Come mai? Perché? Perché "non ha altra scelta!" D-o mio, quanto Sei grande, quanto Sei onnipotente, quanto le Tue vie sono effettivamente e palesamente impossibili per noi da comprendere! Buona guerra, Israele!».

Paolo Guzzanti, senatore di Forza Italia, non scomoda dio. Non è però affatto più tenero, ed esulta. «Buona guerra, Israele. Hai tutte le ragioni per spazzare via con l'uso legittimo delle armi i nemici che sono anche i nemici di un'Europa impantanata nelle sue stesse menzogne e già posseduta dalla penetrazione islamica. Ormai siamo sempre di più ad avere il coraggio di dire buona guerra Israele». Città distrutte, bambini sepolti, donne dilaniate, uomini e ragazzi annientati. La “guerra per raggiungere la pace”. Umiliare e distruggere un popolo, quello libanese, che ha vissuto anche grazie a Israele una guerra civile, 25 anni fa, e che si vede annientato per le ritorsioni contro le azioni di un gruppo armato paramilitare, nemmeno del legittimo esercito libanese (che d’altra parte non ha alcun peso). Di fronte a questi proclami, e a questo razzismo, scompare ogni presunta superiorità, ogni presunto diritto a guardare dall’alto in basso e a pretendere di esportare. Proclami che stupiscono per la maniera esplicita e primitiva con la quale esprimono gli istinti peggiori, ma che sono la punta dell’iceberg di un razzismo, di un disprezzo e di una disumanizzazione ben più subdola strisciante nei media e nella società.

Teste calde? Minoranze inconsistenti, legate più al folklore che alla politica? Oppure esponenti sinceri e onesti delle idee e dei sentimenti di tanti sionisti ebrei o non ebrei? Questa distinzione, che se parliamo della controparte musulmana è risolta in maniera razzista e semplicistica a priori, senza timore di smentita, andrebbe forse approfondita. Pensate cosa sarebbe successo se queste parole fossero state pronunciate da un musulmano italiano o da un esponente della "sinistra radicale". (Il titolo di questo articolo, non a caso, si basa sul rispetto della norma consuetudinaria contemporanea in fatto di titoli che generalizza e decontestualizza. Non prendetevela quindi con me, se il titolo [Il Sionismo nostrano invoca la “soluzione finale”] vi appare esagerato, ma con questa abitudine giornalistica che sto semplicemente rispettando.)

Di cosa dovremmo avere paura, veramente? Dell’arabo cattivo? Dell’ebreo (o meglio del sionista) cattivo?

Dobbiamo avere paura soltanto di noi stessi e delle forze oscure, pilotate dalla propaganda, che si annidano nelle viscere dell’uomo pronte a generare nuove Auschwitz, nuove Beirut, nuove Srebrenica, nuove Kigali. Nuovi mostri, che c’aspettano dietro l’angolo non appena qualcosa riesce a corrodere la nostra umanità, la nostra lucidità, il nostro amore per la vita e per la pace. Non appena il vicino diventa straniero, l’innocente colpevole, e gli occhi si annebbiano. Basta poco per trasformare il “colto” in belva, le questioni politiche e le cronache in generatrici di mostri. Centinaia di donne e bambini in vittime collaterali.

Nuovi mostri si riempiono la bocca di ragioni e di divinità diverse ma, nell’odio cieco e brutale, svelano quanto siamo tutti fatti di un’unica, debole ed imperfetta, pasta.


Si prega di visitare il sito
http://www.ebraismoedintorni.it per leggere integralmente gli articoli ai quali si fa riferimento.



Andrea Franzoni
Fonte:
www.canisciolti.info
Link:
http://www.canisciolti.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=761
20.07.06