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Così il progresso danneggia l'intelligenza

di Sara Ficocelli - 05/01/2013

Fonte: La Repubblica

Siamo stupidi perché viviamo di più
così il progresso danneggia l'intelligenza

Studio dell'università di Stanford: l'uomo ha raggiunto il picco della sua evoluzione cerebrale oltre 2000 anni fa, poi la 'rete di sicurezza' della società ha causato l'impigrimento e la recessione dell'intelletto. Gli li esperti: ma l'essere umano per fortuna ha una straordinaria capacità di adattamento 

SIAMO meno intelligenti di 2000 anni fa, l'evoluzione in questo caso ha giocato a nostro sfavore: il nostro cervello, secondo le teorie di Darwin e i principi della genetica, negli ultimi due millenni si è evoluto di pari passo con il nostro stile di vita, ma 'cambiamento' non sempre è stato sinonimo di miglioramento. Il rapporto tra progresso tecnologico ed evoluzione neurologica -  secondo Gerald Crabtree, un genetista dell'università di Stanford -  ha fatto impigrire le abilità cognitive mano a mano che la vita è diventata più comoda. In poche parole, rendendoci più stupidi.

La tesi, pubblicata su Trends in Genetics, affonda le radici nella madre delle teorie evoluzionistiche, quella della selezione naturale, partendo dal presupposto, semplicissimo, secondo cui un tempo l'essere umano pagava duramente, spesso con la vita, il prezzo della propria stupidità, perché bastava un errore qualsiasi, una distrazione banale, per perdere un'opportunità di sopravvivenza.

La selezione naturale a favore dei soggetti più astuti avveniva dunque in maniera spietata e istantanea, salvo sporadici colpi di fortuna. Oggi, proprio grazie al progresso, tutti abbiamo non una, non due, ma infinite possibilità di sopravvivenza, salvo sporadici colpi di sfortuna. Ma quello che in termini strettamente vitali rappresenta un vantaggio, a livello evoluzionistico si traduce in un progressivo passo indietro, perché elimina quasi del tutto qualunque tipo di selezione naturale a favore dei soggetti più scaltri.

"Un tempo, se un cacciatore/raccoglitore non riusciva a risolvere il problema di come trovare il cibo, moriva e con lui tutta la sua progenie - spiega Crabtree - mentre oggi un manager di Wall Street che fa un errore riceve un cospicuo bonus e diventa un maschio più attrattivo. La selezione naturale non è più così estrema".

Gli ultimi studi sull'argomento, continua il genetista, hanno individuato dai due ai 5000 geni legati all'intelligenza, rilevando che ogni generazione porta con sé due o tre mutazioni. In assenza di selezione, gli ultimi 3000 anni sono stati dunque un arco di tempo sufficiente per 'inquinare' il Dna umano nel giro di 120 generazioni: "In rapporto al nostro antenato di qualche migliaio di anni fa, la nostra intelligenza è sicuramente più debole - precisa Crabtree - per fortuna la società è abbastanza forte da contrastare l'effetto".

L'umanità, stando al report del genetista, avrebbe dunque già vissuto il suo momento di gloria e, almeno da un punto di vista evoluzionistico, sarebbe sul viale del tramonto. Come sottolinea anche il Guardian, ancor prima dell'invenzione dell'agricoltura e della scrittura, quando l'essere umano viveva di ciò che riusciva a cacciare, chi compiva un passo falso soccombeva alle leggi della natura, e ad andare avanti e a riprodursi erano i più forti e intelligenti.

Poi, con l'invenzione dell'agricoltura e la nascita delle prime comunità stanziali, la forza intellettuale è cominciata a calare in modo progressivo. Non a caso, spiega ancora lo studioso, la Storia incorona il periodo della Grecia classica come uno dei più intellettualmente fecondi. "Siamo una specie sorprendentemente fragile dal punto di vista intellettuale - conclude Crabtree - e probabilmente abbiamo raggiunto il nostro picco di intelligenza tra i 6000 e i 2000 anni fa. È sufficiente che la selezione naturale diventi meno severa, che subito il nostro patrimonio intellettuale si indebolisce".

Malgrado tutto, Crabtree chiude con una nota positiva: anche se il nostro genoma sembra diventare ogni giorno più fragile, la società può contare su un forte sistema di trasmissione delle conoscenze che, diversamente rispetto al passato, riesce a diffondere la cultura velocemente e in modo capillare.

Evoluzione psicologica ed evoluzione genetica però non sono la stessa cosa e l'essere umano, sottolineano gli esperti, è da sempre dotato di una grande capacità adattativa. Studi recenti sulla risposta cerebrale agli stimoli hanno ad esempio dimostrato che, alla somministrazione di un farmaco, il cervello risponde entro 24-48 ore con la produzione di un nuovo tipo di RNA ricombinante, che permette alle cellule di agire sui propri geni, riparandoli o trasformandoli.

"I primi effetti sull'umore o sul comportamento - spiega la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini, presidente della Sipsies, Società internazionale di psichiatria integrativa e salutogenesi di Roma - si vedono dopo qualche settimana e talvolta qualche mese, perché il cervello è un organo complesso come struttura e per le funzioni che svolge. Questo ci fa capire come le persone abbiano potuto sviluppare una capacità adattativa all'ambiente sofisticata come quella attuale".

L'evoluzione ha permesso e permette insomma, spiega la psichiatra, di muoversi in una società complessa come la nostra proprio grazie a questa capacità della mente di trasformarsi e apprendere dall'esperienza. "La selezione  -  precisa Lucattini  -  è semmai un danno collaterale che si subisce quando fallisce la solidarietà sociale e umana tra persone e gruppi di appartenenza, a partire dal nucleo familiare".

Anche Elia Stupka, condirettore del Centro di genomica traslazionale e bioinformatica del San Raffaele di Milano, è convinto che la capacità di adattamento dell'essere umano sia più forte dell'indebolimento provocato dalla vita moderna. "La teoria proposta mi pare un po' troppo semplificativa - spiega - e anzi credo che l'aumento della variabilità genetica avvenuto nel corso dei secoli abbia reso il nostro cervello più plastico e funzionale. Le comodità fornite dal progresso hanno sicuramente apportato dei cambiamenti, ma non è detto che siano stati negativi. La mancanza di selezione ha favorito questa variabilità e, dal mio punto di vista, ci ha resi più complessi e completi. Quando si toccano certi argomenti è impossibile stabilire cosa è bene e cosa è male, distinguere il bianco dal nero".