Ha fatto bene il quotidiano finanziario Mf ad aprire la prima pagina del giornale sull'«Eldorado delle stock option». E c'è da sperare che il governo Prodi su questo tema prosegua nella formulazione di una nuova tassazione e non sia costretto a fare marcia indietro come ha fatto per il settore immobiliare o, scriveva Mario Monti sul Corriere della Sera, come è avvenuto nei confronti dei tassisti. Secondo un immagine moderna del capitalismo le stock option dovevano essere uno strumento di stimolo ai manager per consentire la crescita delle società ma, alla fine, sono diventate un pericoloso veicolo di profitti personali che spesso prescinde dalla valorizzazione di una società. In Italia è indimenticabile la stock option da 500 miliardi che incassò Marco Tronchetti Provera ma, al di là di quel caso che fece clamore, le stock option sono ormai diventate uno strumento abusato dai manager e soprattutto una mancata fonte di introiti per il fisco.
Le cifre ricordate da Mf sono impressionanti: ammontano infatti a 500 milioni di euro l'anno le plusvalenze incassate dai manager italiani. Si tratta di circa 100 miliardi delle vecchie lire. Nelle maggiori società quotate il guadagno è stato l'anno scorso di 233 milioni e se i provvedimenti del governo Prodi andranno in porto e non saranno frenati dalle potenti lobby economiche e finanziarie che hanno fatto sentire il loro peso nel settore immobiliare ci sarannno maggiori entrate per 152 milioni. Un sassolino. Niente a fronte della vastissima evasione ed elusione fiscale che ammorba il nostro paese ma si tratterebbe certamente di un segnale per quei settori dell'economia italiana che si riempiono la bocca con le riforme fino a quando non si toccano i gangli vitali del sistema. D'altronde, le stock option sono anche un costo, a volte molto oneroso. Una dimostrazione viene proprio dalla patria delle stock option: gli Stati Uniti, dove il gruppo Intel nel suo andamento finanziario ha sofferto moltissimo a causa delle stock option. I profitti complessivi sono scesi del 56% a 885 milioni proprio per spese legate alle stock option. I nostri manager non hanno ragione di rattristarsi. Anche se le «loro» stock option saranno un po' più tassate gli resteranno gli stipendi, tra i più alti d'Europa. D'altronde proprio ieri il Sole 24 ore dava a una tradizione ben più antica del capitalismo nostrano: i paradisi fiscali lussemburghesi, messi sotto accusa dopo la decisione della Ue di farla finita con i vantaggi fiscali che derivavano alle holding in Lussemburgo. Perchè, dunque, non toccare anche le stock option?