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Autonomia e responsabilità: questi sono i doni che i padri possono dare ai figli

di Claudio Risé - Gaia Giorgetti - 10/05/2013


padre

Madri sempre più sole a crescere i figli, padri in cerca d’identità. Perché è successo e quale modello di papà è adeguato ai nuovi tempi? Ne parliamo con lo psicoanalista Claudio Risé, autore di Il padre. Libertà dono (Edizioni Ares), un libro coraggioso che riabilita il ruolo paterno e lancia l’allarme nei confronti di una società dove l’assenza della figura maschile genera figli incapaci di raggiungere la piena maturazione, diventando adulti ma, soprattutto, persone libere.

Professor Risé, nel suo ultimo libro lei parla del padre come “risorsa e dono”. Che cosa intende?
E’ tempo di sfatare l’equivalenza tra paternità e autorità. In realtà il padre, incontrando la madre, oltre a dare il via al processo che porta alla nascita, rimane nella vita del figlio il motore della spinta vitale e del cambiamento.

Se il perno della figura paterna non è più l’autorità, quali sono le qualità indispensabili oggi ai padri?
La loro funzione specifica è quella di staccare amorosamente i loro bambini dalla simbiosi psicologica (e in parte anche fisica) che contraddistingue il primo periodo della vita di ogni persona: quella con la madre. Inoltre devono aiutare i figli a sviluppare il senso della libertà personale e la responsabilità corrispondente.
Nella psicologia del profondo, il padre rappresenta l’archetipo che aiuta la persona a uscire dalla dipendenza e a diventare se stessa. Questo, appunto, è il “dono” del padre.

Ma il modello classico, quello con il quale è cresciuta l’ultima generazione di figli, prevede un padre costantemente preoccupato dal lavoro.
E’ vero e molti impegni sono dettati dalla necessità di mantenere la famiglia. Resta il fatto che nel secolo scorso i padri hanno abdicato dalle loro funzioni educative: per esempio, era raro che andassero a parlare con gli insegnanti. E’ un danno grave che si sta riparando con troppa lentezza.
Per essere padri, non basta avere figli, ma bisogna possedere a fondo un’identità psicologica e simbolica per esercitarla efficacemente.

Ma è ancora il papà a dover dire “no”?
Direi che è importante dirlo in due, padre e madre insieme.

In concreto, quali danni ha osservato nei figli cresciuti con il vuoto della figura paterna?
Premesso che alla base delle mie considerazioni, oltre alla mia esperienza diretta, ci sono i dati sociologici messi a disposizione dalla maggior parte dei Paesi europei, si può affermare che il gruppo dei figli cresciuti in case senza padre è in testa a tutte le statistiche di portatori di problemi psichici, comportamenti a rischio e devianze sociali.
Il padre, insomma, è ancora e sempre necessario alla comunità, come ha recentemente osservato Barack Obama.

E le madri? Come dovrebbero essere?
Pienamente accoglienti e amorevoli con il figlio piccolo, perché sono il riferimento centrale del suo sviluppo. In seguito, occorre che la madre sia gradualmente disponibile a condividere con il padre l’amore e la formazione del bambino.
Il padre, a sua volta, deve lasciarsi sensibilizzare sempre di più in quest’impegno per aiutare il figlio ad essere se stesso.

Molte donne separate, di fatto, crescono i figli da sole, assumendo un doppio ruolo (materno e paterno). Come dovrebbero comportarsi?
Intanto è bene sapere che il padre, prima di essere biologico, è un archetipo psicologico che ognuno ha dentro di sé. Per la madre si tratta dunque di aiutare il figlio a riconoscerne le caratteristiche utilizzando anche i cosiddetti “padri simbolici” che sono sempre presenti nella società. Mi riferisco ad altre figure nella famiglia (nonni, patrigni, zii), ma anche agli insegnanti, o ai padri di amici dei figli: in pratica, altri adulti di sesso maschile che possano essere figure di riferimento.
E poi ci sono i “padri culturali”, le figure cioè tratte dai film, o dai libri, che aiutano i figli a riconoscere e sviluppare il padre interiore.

Figli maschi e figlie femmine in rapporto al padre: oltre Edipo, che cosa c’è?
Per il maschio il padre è anche un modello di genere, rappresenta cioè quello che lui potrà essere come uomo. Per la femmina, dovrebbe essere il primo maschio che riconosce la sua bellezza e la sua importanza nella società. Una buona dose di autostima femminile, infatti, nasce proprio da qui.