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Lemuri e antichità

di Guido Dalla Casa - 23/09/2013

 

Giro turistico: Chiese, Santi e Madonne, con mille spiegazioni di dettaglio. Poi le rovine romane, che mi guardano da duemila anni. Tutte cose importanti …  Ma mi vengono in mente un muso e due occhietti che mi guardano da ottanta milioni di anni: sono quelli di un Lemur catta, in una delle superstiti foreste del Madagascar.

  La scala dei tempi è dilatata di 10.000 volte: è come confrontare un millimetro con dieci metri sull’asse orizzontale di un grafico. La scala dei tempi è anche una scala di importanza, per la Terra, per l’Ecosistema, per noi.  Inoltre qui si tratta della Vita, del diritto a vivere di tutti gli  esseri senzienti. Questo è uno dei guai della nostra civiltà, avere alterato la scala dei valori, dell’importanza del vivente e della mente che si accompagna alla Vita e a tutta l’Ecosfera.  

Figura Lemure

  Sto meglio fra le montagne, mi sento bene nella Natura, perché ne faccio parte fin da quanto ero un lemure, anzi da molto prima. Ora “vedo” altri occhi, che mi osservano dalla copertina di un libro recente (Etiche dell’Ambiente, LED, 2012): sono quelli del tarsio spettro, un antenato che mi osserva da cento milioni di anni e che sopravvive soltanto nel Borneo, le cui foreste sono distrutte ad un ritmo vertiginoso. Il suo ramo vitale precede di poco quello dei lemuri. C’è chi si agita molto di più se si rompe qualche vecchia pietra che se scompare una specie come questa, o un intero ordine di esseri altamente senzienti. Tutto questo mi sembra assurdo.

Figura copertina libro

  E nelle nostre scuole cosa si fa? Probabilmente ancora oggi viene considerato asino chi non conosce l’anno di nascita di Dante, ma non importa quasi a nessuno se qualche allievo non distingue un’anatra da una gallina, o dice che il delfino è un pesce, o confonde un abete con una palma… Anche nel mondo universitario, nessuno fa commenti se un accademico di storia, o economia, o altro, crede che uno scorpione sia un insetto o pensa che una medusa sia simile a una seppia, mentre sarà difficile (per fortuna) che un professore di scienze naturali non sappia qualcosa di Petrarca o di Michelangelo. Non è questione di “colpa” di qualcuno, il problema è nella nostra formazione scolastica di base, e anche dell’informazione corrente: i giornalisti non fanno certamente eccezione per quanto riguarda l’ignoranza sul mondo naturale.

  Per fortuna, qualche volta la filosofia fa da ponte, ma è comunque sorprendente constatare che chi si interessa di Ecologia Profonda proviene spesso da una formazione di tipo filosofico e più raramente da studi a sfondo scientifico, dopo quasi due secoli che conosciamo l’evoluzione biologica e l’Unità della Vita. Insomma monumenti, battaglie, conquiste sarebbero più importanti che conoscere come si è sviluppata la Vita in tre-quattro miliardi di anni! Naturalmente ci sono molte lodevoli eccezioni, ma sono quasi sempre dovute a iniziative personali.