Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Cambogia, lutto per il macellaio

Cambogia, lutto per il macellaio

di Fernando Amaral - 26/07/2006

 
Lacrime ai funerali di Ta Mok, ex leader dei khmer rossi, morto a 82 anni. Varò progetti di assistenza e stragi su larga scala insieme al suo capo, Pol Pot

Si può piangere anche per il «macellaio». Ta Mok, l'ottuagenario braccio destro di Pol Pot scomparso due giorni fa a Phnom Penh, ha ricevuto ieri l'omaggio di centinaia di cittadini che hanno salutato commossi il suo feretro e hanno versato lacrime al suo funerale. Destino singolare per uno dei responsabili del genocidio operato in Cambogia dai khmer rossi fra il '75 e il 79. Un uomo che le cronache ricordano tanto violento e spietato da meritarsi il soprannome di «macellaio». La cerimonia buddista - secondo il rito della religione più diffusa in Cambogia - ha avuto luogo nella zona di Anlong Veng, ex roccaforte di Ta Mok. Lui era uno dei duri e puri, uno che fino alla fine non aveva voluto trattare un'amnistia o scendere a patti con le autorità cambogiane, e aveva preferito nascondersi, per essere poi catturato e arrestato nel 1999. A causa di gravi problemi respiratori era stato ricoverato all'ospedale militare di Phnom Penh, dove entrava e usciva dal coma.

Ma come mai il macellaio sembra così «caro» ai cambogiani? In alcuni, è evidente, ha lasciato un buon ricordo: un uomo meritevole di aver realizzato progetti di sviluppo economico in una regione povera e di aver dunque contribuito al benessere dei contadini della zona di Anlong Veng. Tanto che alcuni, alle esequie, piangevano Ta Mok come «colui che mi ha aiutato a sopravvivere». Peccato che di quel milione e 700mila persone scomparse sotto il regime di Pol Pot, molte sono morte in stragi ordinate proprio da lui. Anche gli onori di rito buddista sono stati definiti «un'ironia» per uno dei leader del movimento che mise al bando ogni forma di religione.
In ogni caso la morte ha risparmiato a Ta Mok il processo. Il macellaio sarebbe stato uno dei primi leader khmer ad andare alla sbarra per genocidio e crimini contro l'umanità davanti al tribunale Onu istituito proprio nelle scorse settimane, dopo anni di attesa. Insieme a Kaing Khek Ieu - direttore della famigerata prigione di Tuol Sleng, dove furono giustiziati 13 mila oppositori - Ta Mok era l'unico del vecchio regime a vivere in custodia cautelare. Fino ad oggi nessuno dei leader dei khmer rossi è stato processato: Pol Pot è morto nel 1998 e molti dei suoi uomini più fidati vivono ancora in Cambogia in piena libertà. Come l'ex presidente di Tuol Sleng, Khieu Samphan, che divide il suo tempo tra la Cambogia e Parigi. Non Chea (l'ideologo) e Ieng Sary (il capo della diplomazia) sono stati invece perdonati dal governo quando si affrancarono da Pol Pot e lasciarono le foreste al confine con la Thailandia in cambio dell'impunità.
Anche per far sì che il tribunale possa ancora trovare qualche imputato, nei mesi scorsi l'Onu aveva cercato di dare un'accelerazione ai lavori processo per giudicare i khmer rossi. L'accordo tra le Nazioni Unite e Phnom Penh, approvato nel 2003 dall'Assemblea generale e nel 2004 dal parlamento cambogiano, è legalmente entrato in vigore alla fine di aprile. Dopo lo stanziamento dei fondi necessari, si è cercato di mettere in piedi la macchina giudiziaria che dovrà richiamare alle loro responsabilità gli autori del genocidio in un processo pubblico che ristabilisca una verità ormai nota ma che in Cambogia è ancora una forma di tabù. Dal momento che nessuno ha ancora pagato per i crimini commessi tra il '75 e il '79.

Il processo costerà 56 milioni di dollari, cifra che coprirà i tre anni di attività della Corte nella quale siedono, in base a un accordo raggiunto dopo una trattativa iniziata nel 1997, anche magistrati internazionali. I giudici cambogiani saranno in maggioranza e a maggioranza si prenderanno le decisioni. Entro la fine dell'anno si attendono le prime udienze.
Non sarà facile riaprire una pagina di storia che il popolo cambogiano tende a rimuovere. Anche questo complicato meccanismo psicologico, oltre che il tempo trascorso e le difficoltà burocratiche, gioca a vantaggio degli ormai vecchi ex khmer rossi.