Distribuzione geografica dei Pappagalli australiani
di Francesco Lamendola - 04/12/2013
I Pappagalli appartengono all’ordine degli Psittaciformi, uccelli neorniti, frugivori o granivori, diffusi nelle aree tropicali e, in minor misura, in quelle temperate della Terra, specialmente nell’emisfero Sud, raggiungendo la massima ricchezza di specie nell’America Meridionale, in Australia e nelle isole del Sud-est asiatico.
La loro distribuzione geografica suggerisce che essi abbiano raggiunto la massima diffusione nel supercontinente Gondwana, prima che questo si frammentasse negli odierni territori dell’America Meridionale, dell’Africa, del Madagascar, dell’Asia meridionale (a sud dell’Himalaya e fino alle Isole della Sonda), della Nuova Guinea, dell’Australia, della Nuova Zelanda e dell’Antartide, frammentazione che si concluse circa 180 milioni di anni fa. In effetti, le testimonianze paleontologiche più antiche dei Pappagalli – peraltro oggetto di controversia - si spingono fino a circa 70 milioni di anni fa.
Il parrocchetto della Carolina, un tempo numerosissimo in gran parte dell’America Settentrionale, è stato portato all’estinzione, in tempi rapidissimi, nella seconda metà del XIX secolo, a causa della caccia spietata condotta contro di lui dagli agricoltori, perché ritenuto dannoso alle coltivazioni. Pare che l’ultimo esemplare sia morto nel 1918.
I pappagalli più meridionali attualmente viventi sono quelli che abitano nella Nuova Zelanda, dove è presente l’unica specie nota adattata all’ambiente di montagna – il Kea o “Nestor notabilis” – e nella Terra del Fuoco, a cinquantacinque gradi di latitudine Sud, in un ambiente dal clima temperato freddo che si può già considerare, per taluni aspetti, di tipo sub-antartico. La specie più meridionale è il “Conurus magellanicus” e offre lo strano spettacolo di un pappagallo che spicca sullo sfondo di montagne, foreste e ghiacci galleggianti.
Sappiamo però che, nell’area dell’Oceano Indiano e del Pacifico occidentale, i Pappagalli erano diffusi molto più a Sud di quanto non lo siano oggi e che popolavano, numerosissimi, alcune isole sub-antartiche. Il parrocchetto di Macquarie (“Cyanoramphus novazelandiae erythrotis”), stabilito su un’isola posta a 54° 37’ di latitudine Sud, cioè a metà strada fra la Nuova Zelanda e l’Antartide (anche se politicamente dipendente dallo Stato australiano della Tasmania), fu portato all’estinzione nel giro di appena un decennio, nella seconda metà dell’Ottocento (l’isola di Macquarie era stata scoperta solo nel 1810 dai cacciatori di foche e di balene) a causa dell’introduzione, da parte dell’uomo, di animali estranei all’ambiente, come l’uccello Weka ed alcuni mammiferi, tra i quali il coniglio e il gatto. L’ultimo esemplare fu visto nel 1891.
Gli Psittaciformi sono distinti in tre famiglie: Cacatuidae (da 18 a 21 specie), piuttosto tozzi, con il caratteristico ciuffo erettile; Loridae (55 specie), abili volatori; Psittacidae, tutti quelli che non rientrano nelle due famiglie precedenti (più di 250 specie), per un totale di circa 350 specie riconosciute e classificate. Alcuni ornitologi considerano gli Sytrigopidae come una classe a parte, comprendente i rappresentanti più arcaici dell’ordine, tutti concentrati nell’arcipelago neozelandese e di abitudini notturne (il Kapao della Nuova Zelanda, ora in grave pericolo di estinzione, è anche, oltre che uccello notturno, incapace di volare).
Di particolare bellezza e varietà di forme sono, attualmente, i Psittacidi indo-australiani; ed è appunto dei Pappagalli dell’Australia e della loro distribuzione geografica che vogliamo parlare, rinviando il lettore desideroso di maggiori particolari al bel volume di Neville W. Cayley e Alan H. Lendon, «Australian Parrots in Field and Aviary» (Sydney, Anguis and Robertson, 1973).
I generi censiti sono più di una ventina, ventidue per la precisione, con una sessantina di specie complessive, e occupano tutti gli ambienti della grande isola-continente, da quelli costieri a quelli più interni e desertici; la loro consistenza numerica varia notevolmente, perché molte popolazioni sono ancora numerose, mentre altre si vanno pericolosamente rarefacendo.
Il genere “Trichoglossus” è stato descritto dal naturalista Stephens nel 1826. È rappresentato da tre specie: “T. moluccanus” (Gmelin), “T. rubritorquis” (Vigors e Horsfield) e “T. (Eutelipsitta) chlorolepidotus” (Kuhl). La prima, nota volgarmente come Lorichetto arcobaleno o Lorichetto delle Blue Mountains, è diffuso in tutta l’area costiera orientale, dal Golfo di Carpentaria al Golfo di Spencer; la seconda, Lorichetto dal collare rosso, nell’area costiera orientale a Ovest della specie precedente, cioè dal Golfo di Carpentaria al King Sound; la terza, Lorichetto dal petto squamoso (Scaly-breasted Lorikeet) vive nella fascia costiera orientale, ma su un’area più ristretta, approssimativamente fra Cairns e Sydney.
Il genere “Psitteuteles” fu descritto dal naturalista Carlo Luciano Bonaparte (primogenito di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone) nel 1854. È rappresentato dall’unica specie “Psitteuteles versicolor” (Lear) o Lorichetto variopinto, che vive nelle regioni settentrionali, fra la Baia di Collier, nel Mare di Timor, e la zona di Townsville, di fronte alla Grande Barriera Corallina; ma non sulle piccole isole a nord (Melville) né in quelle del Golfo di Carpentaria (Isola Grande, Isole Wellesley).
Il genere “Glossopsitta” è presente con tre specie: “G. concinna” (Shaw), “G. porphyrocephala” (Dietrichsen) e “G. pusilla” (Shaw). La prima, detta Lorichetto muschiato, è diffusa nel Sud-est dell’Australia, fra Brisbane e il Golfo di Spencer, compresa la Tasmania; la seconda, detta Lorichetto capoviola, è presente lungo la fascia costiera meridionale e sud-occidentale, dal Capo Howe fino al Gelvink Channel (cioè quasi fino all’altezza dell’Isola Dirk Hartog), però con una discontinuità nel settore mediano, ossia in corrispondenza della Nullarbor Plain, una fascia arida o semi-arida quasi del tutto priva di alberi, che non offre l’ambiente adatto; la terza, Lorichetto minore, è diffusa lungo la costa sud-orientale, fra la base della Penisola di Capo York e lo Stretto di San Vincenzo (su cui si affaccia la città di Adelaide).
Il genere “Opopsitta” è stato descritto da Sclater solamente nel 1860. Noto anche come Parrocchetto dei fichi, comprende tre specie: “O. Coxeni” (Gould), “O. macleayana” (Ramsay) e “O. diophthalma” (Hombron e Jacquinot). La prima, Pappagallo dei fichi meridionale, vive solo in una stretta fascia costiera fra l’Isola Fraser e la zona di Coff’s Harbour; la seconda, Pappagallo dei fichi settentrionale, è presente su una fascia costiera, anch’essa ristretta, più a nord della precedente, fra il Capo Flattery e la zona di Townsville; la terza, Pappagallo dei fichi di Capo York, si trova ancora più a settentrione, fin verso l’estremità della Penisola di Capo York. Queste tre specie, dunque, si succedono l’una all’altra, da Sud a Nord, in aree ben delimitate, senza mescolarsi e senza mai spingersi, a differenza delle altre specie fin qui menzionate, verso l’interno, sia pure di poco.
Il genere “Probosciger” è stato descritto dal naturalista tedesco Heinrich Kuhl nel 1820. È presente con una sola specie, “P. aterrimus” (Gmelin) o Cacatua delle palme; è il più grande Cacatua esistente al mondo ed è dotato di un becco più grande di qualsiasi altro Pappagallo; è confinato in un’area ristretta all’estremità settentrionale della Penisola di Capo York, mescolando il proprio areale con quello del sunnominato Pappagallo dei fichi settentrionale (il quale, peraltro, non si spinge fin sulla costa occidentale della penisola).
Il genere “Calypthorhyncus” è stato descritto dal naturalista francese Anselme Gaëtan Desmarest nel 1826. È presente con quattro specie: “C. (Zanda) baudinii” (Lear), “C. (Zanda) funereus” (Shaw), “C. magnificus” (Shaw) e “C. Harrisornis lathami” (Temminck). La prima, chiamata volgarmente Cacatua Nero dalla coda bianca, è presente solo nell’angolo sud-occidentale, fra Perth e i Monti Stirling; la seconda, Cacatua Nero dalla coda gialla, è diffuso, invece, nella regione costiera sud-orientale, dal Tropico del Capricorno al Golfo di Spencer, compresa la Tasmania e le isole dello Stretto di Bass; la terza, Cacatua Nero dalla coda rossa, è assai più diffuso, poiché vive tanto lungo la costa settentrionale e orientale fino a Brisbane, quanto lungo la costa sud-occidentale, dalla zona dei i Monti Stirling alla Shark Bay, spingendosi anche parecchio all’interno, a differenza di tutte le altre specie nominate finora, fin nel cuore dei Monti Macdonnel, dimostrando straordinarie capacità di adattamento ambientale: infine la quarta specie, quella del Cacatua Nero casuarino, vive solo nell’area costiera sud-orientale, fra il Tropico del Capricorno e il Capo Howe (al confine tra Nuovo Galles del Sud e Victoria).
Il genere “Callocephalon”, descritto da Lesson nel 1837, è rappresentato da una sola specie, “C. fimbriatum” (Grant) o Cacatua gang-gang; vive solo in una fascia costiera relativamente modesta, fra l’estremità meridionale della Gran Catena Divisoria e l’entroterra di Melbourne; ma non sulle isole dello Stretto di Bass, né in Tasmania.
Il genere “Cacatua”, descritto da Vieillot nel 1817, raggruppa i cosiddetti Cacatua bianchi. È rappresentato da cinque specie: “C. galerita” (Latham), “C. leadbeateri” (Vigors), “C. sanguinea” (Gould), “C. tenuirostris” (Kuhl), “C. Roseicapilla” (Vieillot). La prima, conosciuta anche come Cacatua dal ciuffo giallo, è ampiamente diffusa lungo tutto l’arco costiero settentrionale e orientale, dal King Sound al Golfo di Spencer, compresa la Tasmania, e si spinge anche verso l’interno, nel centro del Queensland, del Nuovo Galles del Sud e del Victoria; la seconda, Cacatua di Leadbeater o Cacatua del Maggiore Mitchell, nota anche come Cacatua Rosa, è, fra quante sin qui menzionate, l’unica che viva pressoché esclusivamente nelle regioni aride o semi-aride all’interno del continente, in quasi tutta l’Australia Occidentale e Meridionale, fino al Nuovo Galles del Sud; la terza, Corella minore, vive sia nella fascia costiera occidentale e settentrionale, dalla zona di Perth al Golfo di Carpentaria, sia in una vasta regione interna, nella zona centro-orientale del continente; la quarta, Corella dal becco lungo (classificata da Kuhl nel 1820), abita solamente in una piccola zona nella parte centrale dello Stato di Victoria; la quinta, Cacatua Rosa o Galah, vive nell’interno di tutta l’Australia e nelle regioni costiere nord-occidentali e, in parte, meridionali (intorno ad Adelaide).
Il genere “Nymphicus”, descritto da Wagler nel 1832 (ma, prima ancora, da Kerr nel 1792), è costituito da una sola specie, “N. hollandicus”, comunemente chiamata Calopsitta o Calopsite e diffusa nell’interno di tutto il continente australiano, oltre che sulle coste occidentali e meridionali (a eccezione della zona di Perth e di quella di Melbourne), ed esclusa la Tasmania.
Il genere “Polytelis”, comprendente i Pappagalli dalla coda lunga, descritto sempre da Wagler nel 1832, è presente con tre specie: “P. swainsonii” (Desmarest), “P. anthopepuls” (Lear) e “P. alexandrae” (Gould). La prima, del Pappagallo superbo, è presente solo in due aree distinte, relativamente piccole, nell’entroterra del Nuovo Galles del Sud; la seconda; del Pappagallo del Reggente, in due aree interne anch’esse distinte, ma lontanissime l’una dall’altra, nel Victoria e nell’Australia Occidentale; la terza, del Pappagallo di Alexandra o Pappagallo della Principessa, vive in un’area quasi desertica fra il Territorio del Nord e l’Australia Occidentale. Nessuna di queste tre specie è stata segnalata lungo le coste, ad eccezione di qualche raro avvistamento del Pappagallo del Reggente fra il West Cape Howe e il Capo Arid.
Del genere “Aprosmictus”, descritto da Gould nel 1843, esistono due specie: “A. erythropterus” (Gmelin) e “A. Scapularis” (Lichtenstein). La prima, detta del Pappagallo dalle ali rosse, è diffusa nel Nord dell’Australia, lungo le coste del mar di Timor e quelle del Mare degli Arafura, nonché, più ad Est, nelle regioni interne del Queensland; la seconda, del Pappagallo Reale, abita invece lungo le coste dell’Australia orientale, dalla Penisola di Capo York allo Stretto di Bass (ma non le isole a mezzogiorno di questo).
Una sola specie rappresenta il genere “Eclectus” – famoso fra gli zoologi per il suo marcatissimo dimorfismo sessuale nei colori del piumaggio: verde vivo quello del maschio e rosso acceso quello della femmina-, descritto da Wangler nel 1832 (e, prima, da Müller fin dal 1776),: “E. roratus”, distribuita non solo nell’Australia nord-orientale, ma anche nella Nuova Guinea, nelle Isole Salomone, nelle Molucche e nell’isola di Sumba (Arcipelago della Sonda, politicamente appartenente all’Indonesia ), posta fra la Linea Wallace e la Linea Weber).
Il genere “Geoffroyus”, descritto da Bonaparte nel 1850 e presente anch’esso, oltre che nell’Australia settentrionale, in una vasta area che va dalle Molucche alle Isole Salomone, consta di tre specie: “G. Geoffroyi” (Bechstein. 1811), “G. heteroclitus” (Hombron e Jacquinot, 1851) e “G. simplex” (Meyer, 1874), noti rispettivamente con i nomi volgari di Pappagallo dalle guance rosse, Pappagallo canoro e Pappagallo dal collare.
Il genere “Purpureicephalus”, segnalato da Carlo Luciano Bonaparte nel 1854, è rappresentato da una sola specie australiana: “P. spurius” o Pappagallo dal capo rosso, già riconosciuta dal naturalista tedesco Heinrich Kuhl nel 1820; abita in Australia Occidentale.
Il genere “Barnardius”, anch’esso descritto da Bonaparte nel 1854, è presente in Australia con quattro specie: “B. barnardi” (Vigors e Horsfield, 1827), “B. macgillivrayi” (North), “B. zonarius” (Shaw) e “B. semitorquatus” (Quoy e Gaimard).
La prima, chiamata comunemente Pappagallo dal collare, vive nelle regioni interne dell’Australia sud-orientale, fra il Queensland, il Nuovo Galles del Sud, il Victoria e l’Australia Meridionale, e solo nella zona di Adelaide è stato avvistato anche presso la costa; la seconda, Pappagallo di Cloncurry, si trova unicamente in un ristretto areale a sud del Golfo di Carpentaria, ma discosto dal mare; la terza, Pappagallo dal collare giallo, è diffusa invece in tutta la sezione centro-occidentale del continente, ma a Sud si affaccia sulla fascia costiera solo alle due estremità della Nullarbor Plain, mentre a Ovest nel tratto da Perth e Cape Keraundren; la quarta, nota con il curioso nome di Pappagallo Twenty-eight (“ventotto”), per una ragione onomatopeica legata al suo canto, è stato segnalato nell’estremo angolo sud-occidentale, a Sud di Perth.
Il genere “Platycercus”, descritto da Vigors nel 1825, è presente con ben otto specie: “P. elegans” (Gmelin), “P. adelaidae” (Gould), “P. flaveolus” (Gould), “P. caledonicus” (Gmelin), “P. venustus” (Kuhl), “P. adscitus” (Latham), “P. eximius” (Shaw) e “P. icterotis” (Kuhl). La prima, nota come Rosella cremisi, ha il suo habitat lungo la costa orientale, ma in settori discontinui, fra la base della Penisola di Capo York e il Tropico del Capricorno e poi, più numerosa, in tutta la fascia costiera sud-orientale, da Brisbane a tutto lo Stato di Victoria; la seconda, Rosella di Adelaide, è presente solo in un areale assai ristretto, intorno alla città di Adelaide; la terza, Rosella gialla, è stata avvistata nella fascia interna al confine tra Victoria e Nuovo Galles del Sud; la quarta, Rosella verde, si trova esclusivamente in Tasmania; la quinta, Rosella settentrionale, abita, come dice il suo nome, nella fascia costiera del Territorio del Nord, tra il Golfo di Giuseppe Bonaparte e il Golfo di Carpentaria; la sesta, Rosella dalla testa chiara, abita lungo il versante orientale, da Capo York a Coff’s Harbour, e nella corrispondente fascia interna; la settima, Rosella orientale, vive a Sud della precedente, sia lungo la costa che all’interno, fino a tutto il Victoria e inclusa la Tasmania; infine l’ottava, Rosella occidentale, abita nella zona sud-occidentale, nella zona delle dense foreste a mezzogiorno di Perth.
Il genere “”Psephotus”, descritto da Gould nel 1845, è diffuso con sette specie: “P. haematonotus” (Gould), “P. varius” (Clark), “P. haematogaster” (Gould), “P. marethae” (H. L. White), “P. pulcherrimus” (Gould), “P. chrysopterygius” (Gould), “P. dissimilis” (Collett). La prima, detta comunemente Pappagallo dal dorso rosso, è presente in una vasta regione interna sud-orientale, ma in zone che si vanno facendo via via discontinue, segno di una tendenza alla contrazione; la seconda, Pappagallo della Mulga, è diffuso in un esteso areale che va dal retroterra del Queensland meridionale fino al retroterra dall’Australia Occidentale, passando per la sezione centro-meridionale dell’intero continente; la terza, volgarmente chiamata Berretto Blu, vive nell’area interna sud-orientale, corrispondente, a un dipresso, al bacino dei fiumi Murray-Darling; la quarta, Berretto Blu Minore, è stata segnalata esclusivamente in un piccolissimo areale della Nullarbor Plain, cioè in un ambiente assai difficile, perché decisamente arido e quasi privo di alberi; la quinta, Pappagallo del Paradiso, è stata segnalata in una zona interna non molto vasta, nel retroterra di Brisbane; la sesta, Pappagallo dalle spalle dorate, si trova solo nella Penisola di Capo York; mentre l’ultima, Pappagallo monaco, è stata vista in una ristretta fascia interna, nella valle del fiume Roper, a Sud della Terra di Arnhem.
Il genere “Neophema”, segnalato dall’ornitologo Tommaso Salvadori (nato a Porto San Giorgio nel 1835 e morto a Torino nel 1923) soltanto nel 1891, è presente con altre sette specie: “N. bourkii” (Gould), “N. chrysogaster” (Latham), “N. petrophila” (Gould), “N. chrysostoma” (Kuhl), “N. elegans” (Gould), “N. pulchella” (Shaw), “N. spendida” (Gould).
La prima, Pappagallo di Bourke, è diffusa in un’ampia fascia interna arida o desertica, che va dall’Australia Occidentale al bacino del Murray-Darling; la seconda, Pappagallo dal ventre arancio, vive lungo una ristretta zona costiera dello Stato di Victoria e della Tasmania (ma non all’interno di quest’ultima); la terza, Pappagallo di roccia, abita lungo tutta la costa meridionale e occidentale, dalla foce del Murray alla Shark Bay (Baia degli Squali), a Nord del fiume Murchison, ma non è mai stata avvistata nell’interno, anche solo poco discosto dalla riva del mare; la quarta, Pappagallo dalle ali blu, ha il suo areale nel Sud-est del continente, specialmente nel Victoria, oltre che in Tasmania; la quinta, Pappagallo elegante, vive in due areali distinti, l’uno all’estremità sud-occidentale del continente, fra Perth e Albany; la sesta, Pappagallo turchese, si trova solo nella fascia interna, parallela alla costa sud-orientale, corrispondente in pratica alla sezione mediana della Gran Catena Divisoria; la settima, Pappagallo dal petto scarlatto, si trova nel retroterra della sezione meridionale e si spinge fino ai deserti centrali.
Seguono quattro generi rappresentati ciascuno da una sola specie.
Il genere “Lathamus”, descritto da Lesson nel 1831 (e, prima, da White, nel 1790), è rappresentato dalla specie “L. discolor”, nota come Pappagallo agile: vive nella fascia sud-orientale, da Brisbane ad Adelaide, per una profondità di circa 100 km. verso l’interno.
Il genere “Melopsittacus”, descritto da Gould nel 1840 (e da Shaw, già nel 1795), è noto come Melopsittaco, Pappagallino melodioso o Pappagallino ondulato, ed è forse la specie dall’areale più vasto: comprende quasi tutto il continente, con l’esclusione della costa settentrionale e orientale, dal Golfo di Giuseppe Bonaparte a tutto il Victoria, nonché della costa sud-occidentale (zona di Perth). È dunque straordinariamente adattabile, essendosi inserito sia nell’habitat arido e desertico delle regioni centrali, sia nella prateria, nella savana alberata e nella boscaglia; è assente solo nelle fitte foreste tropicali.
Il genere “Pezoporus”, descritto da Illiger nel 1811, è rappresentato dalla specie “P. wallicus” (Kerr), Pappagallo terragnolo, distribuito in alcuni areali distinti lungo la costa sud-orientale e sull’intera Tasmania, tanto i litorali che le regioni interne.
Il genere “Geopsittacus”, descritto da Gould nel 1861, è presente con la specie “G. occidentalis” (Gould), noto come Pappagallo notturno e diffuso in alcune rare località dell’interno. Alcuni ornitologi considerano questo Pappagallo non come appartenente a un genere a sé stante, ma come una seconda specie del genere “Pezoporus”: “P. occidentalis”, al quale effettivamente somiglia, salvo che nella taglia più piccola e nei colori più sbiaditi, come è tipico degli uccelli notturni. Si tratta di un Pappagallo alquanto misterioso, estremamente difficile da osservare: dal 1935 al 1984, infatti, la sua presenza è stata notata e segnalata con certezza appena sei volte; e, che si sappia, nessun esemplare è mai stato tenuto in cattività.
Siamo così giunti al termine di questa panoramica relativa alla distribuzione geografica dei Pappagalli australiani, tutti appartenenti alla famiglia Psittacidae.
Si tratta di uccelli, sia terricoli che volatori, dal piumaggio meraviglioso, dai colori estremamente vividi, che vanno dal verde brillante, al rosso scarlatto, al blu, all’arancio, al rosa, al giallo; animali intelligenti e tenaci, che si sono adattati a vivere in ogni genere di ambiente, dalle scogliere e dalle foreste di conifere e latifoglie della Tasmania, con un clima temperato fresco e sempre battute dagli impetuosi venti occidentali, ai caldissimi deserti centrali, sabbiosi e rocciosi, dove la pioggia non cade quasi mai, alle lussureggianti foreste equatoriali dell’estremo Nord, paludose e umidissime, soggette ai quotidiani, violenti acquazzoni e così simili a quelle, quasi inesplorate, della Nuova Guinea, ove si incontrano i Casuari e gli Uccelli del Paradiso; passando per la savana ove si muovono i Canguri e scorrazzano i Dingo, per le praterie ove pascolano le grandi greggi di pecore introdotte dall’uomo, per i bacini interni di laghi salati, per i boschi di altissimi eucalipti, popolati dai caratteristici Koala.
Il merito di aver cercato, osservato e studiato i Pappagalli australiani, penetrando in un ambiente quasi sempre ostile all’uomo, quando gran parte di quella terra era ancora lasciata in bianco sulle carte geografiche, spetta a un certo numero di naturalisti e di ornitologi europei, i quali, a partire dagli ultimi decenni del Settecento e poi per tutto l’Ottocento, si recarono, dopo un viaggio lungo e difficile sulle navi a vela dell’epoca, nel misterioso ma affascinante continente australe, per costringerlo a rivelare i suoi tesori nascosti di storia naturale.
Erano britannici, francesi, tedeschi e italiani, tutti accomunati da un amore ardente per la natura e desiderosi di ampliare le conoscenze scientifiche sulla flora e sulla fauna di quel Paese remoto e quasi favoloso; tutti sorretti da una fede coraggiosa, quasi eroica, nello sprezzo dei disagi e dei pericoli, nelle difficoltà materiali e nell’incomprensione degli uomini; disposti, in alcuni casi, a mettere a repentaglio anche la loro vita, pur di chiarire la presenza di alcune specie particolarmente rare e di svelare le abitudini degli abitatori alati delle foreste, delle boscaglie e delle steppe nelle zone più interne e semi-sconosciute. Alcuni erano di origine borghese, altri di origine nobile, come il nostro Tommaso Salvadori; alcuni potevano appoggiarsi, nelle loro ricerche, su istituzioni scientifiche, musei e giardini zoologici d’Europa, altri dovevano contare principalmente sulle proprie forze e sulle proprie risorse. La loro epopea nel cuore del continente australiano, anche se poco conosciuta rispetto a quella di altri esploratori-naturalisti dell’Africa o delle due Americhe, costituisce un capitolo appassionante della storia della scienza moderna, nel quale era ancora presente la dimensione dell’iniziativa personale, del rischio, dell’avventura.
Noi Italiani possiamo andare fieri di aver dato un contributo non secondario all’esplorazione naturalistica dell’Australia e delle terre vicine; in particolare merita di essere ricordato, accanto a quello del Tommasi, il nome di Luigi Maria d’Albertis (nato a Voltri, presso Genova, nel 1841 e morto a Sassari nel 1901), botanico, zoologo e antropologo, che si segnalò per alcune spedizioni veramente pionieristiche nel cuore delle foreste inesplorate della Nuova Guinea, risalendo intrepidamente i fiumi a bordo di una piccola barca a motore e con un equipaggio misto di indigeni papua e di ex galeotti cinesi.
Tornando al nostro soggetto principale, siamo però costretti a chiudere questa rassegna con una nota di apprensione e con un forte grido di allarme, perché l’impatto esercitato dalle attività umane sull’ambiente naturale di quel pur vastissimo Paese sta producendo, anno dopo anno, danni sempre più gravi, in alcuni casi irreparabili. Molte specie di Pappagalli sono più o meno gravemente minacciate di estinzione; per alcune di esse, purtroppo, sono giustificate le più fosche previsioni, dato che gli avvistamenti si sono fatti estremamente rari e in zone sempre più impervie e ristrette, segno che è in atto una vera e propria rottura nell’equilibrio ecologico e che le capacità riproduttive di questi bellissimi uccelli non riescono a tenere il passo con i danni causati dall’irruzione antropica; e questo nonostante la bassissima densità della popolazione umana presente in Australia: 22.600.000 abitanti nel 2010, distribuiti su una superficie di 7.600.000 kmq., con una densità pari a 2,79 abitanti per chilometro quadrato (in Italia, per fare un confronto, la densità della popolazione è quasi cento volte tanto: per la precisione, di 202 abitanti per chilometro quadrato!).
Se non verranno presi seri provvedimenti per la protezione delle specie minacciate, il cui habitat sta scomparendo o è sottoposto a gravi e invasive modificazioni, molte delle specie qui descritte cesseranno di esistere nel giro di qualche anno o di qualche decennio, così come hanno cessato di esistere già tanti abitatori della fauna originaria dell’Australia, dal Tilacino al Vombato gigante. Contrariamente a quel che in genere si pensa, le estinzioni incominciarono fin dall’epoca dei più antichi insediamenti umani, qualcosa come 40.000 anni or sono; ma la pressione antropica ha raggiunto livelli insostenibili solo dopo l’arrivo degli Europei, e attualmente ha raggiunto i livelli di guardia. Bisogna che vengano create al più presto delle riserve naturali sufficientemente ampie da garantire un adeguato margine di sicurezza per la riproduzione delle specie in pericolo.