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Liberi? Si, di consumare

di Andrea Chinappi - 11/12/2013

Fonte: lintellettualedissidente

 

La nuova economia si presenta come un Dio buono e misericordioso che si offre di soddisfare i nostri desideri; ma il vero motore di questa economia è la mancata soddisfazione di tali desideri. Come? Ogni oggetto di consumo offerto porta in sé una carica di insoddisfazione che il consumatore riconosce e che fa già pensare a qualcos'altro da desiderare.

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«Che bestia bisogna adorare? Che immagine sacra aggredire? Quali i cuori che spezzerò? E che menzogna devo sostenere?  Dentro che sangue marciare?»

Arthur Rimbaud, Une saison en enfer

Libertà. Non esiste concetto più potente nel nostro vocabolario. Quando si pronuncia questa parola non è più possibile discutere. Si vince. Perché la Libertà viene chiamata in causa come una legge universale, un testamento; si nasce liberi e bisogna morire liberi. Ed eccolo il Capitale, il Sistema, la sovrastruttura come la chiamerebbe Marx che approfitta della potenza di questo romanticissimo concetto e lo strumentalizza. L’individuo post-moderno è alla perenne ricerca di un’identità essendo divenuto “fluido” il contesto che lo circonda: la societàliquida che il sociologo Bauman teorizza è una società che si modella artificialmente, che non ha più una struttura interna, che si adatta a nuove mode e tendenze. La libertà dell’uomo sta nel poter smettere ciò che si è per diventare qualcun’ altro; ma per raggiungere questo obiettivo ha necessariamente bisogno di oggetti che lo aiutino. L’ansia di “restare indietro” di cui l’uomo moderno soffre ha permesso al Capitale di inventare piccoli rimedi fai-da-te in grado di soddisfare da una parte la sete di novità e dall’altra la paura di rimanere “fedeli” ad una moda, un accessorio, una tendenza. Gadget, diete, smartphone vanno a riempire quell’ansia di soddisfazione e gratificazione dell’uomo nuovo, quello che vive nel presente, in cui conta la velocità e la bravura nel fare e disfare, farsi e disfarsi, consumare e gettare via. I rapporti inter-personali vanno man mano indebolendosi a causa di un senso di competizione che aleggia sugli individui. La ricerca di un’unicità spinge l’uomo a trovare modi e strategie per essere migliore e la società puntualmente torna ad aiutarlo: consumare. Ma la corsa all’individualizzazione non è aperta a tutti; la “maratona” organizzata dal mercato dei consumi alimentata dal terrore dell’individuo di essere raggiunto è una gara elitaria: per essere qualcuno nella società dei nessuno bisogna avere soldi, molti soldi. E allora due sono le categorie di uomini che la società dei consumi produce: buoni consumatori efficienti e spettatori esclusi dalla corsa all’individualizzazione. La nuova economia si presenta come un Dio buono e misericordioso che si offre di soddisfare i nostri desideri; ma il vero motore di questa economia è la mancata soddisfazione di tali desideri. Come? Ogni oggetto di consumo offerto porta in sé una carica di insoddisfazione che il consumatore riconosce e che fa già pensare a qualcos’altro da desiderare. Due sono le strategie per creare questa insoddisfazione: svalutare prodotti appena essi vengono lanciati e creare nuove necessità. L’economia consumista si basa sull’inganno e sull’ipocrisia:il prodotto acquistato deve avere vita breve, non essere all’altezza delle aspettative, creare nuove speranze. E qui entra in gioco la libertà e la subdola maniera in cui viene utilizzato questo concetto. Dal momento che la libertà ci caratterizza come uomini, dal momento che fa parte di quelle categorie primordiali che ci appartengono, in una società in cui il consumo ci caratterizza come cittadini dobbiamo essere liberi di consumare liberamente. Ma come bisogna essere liberi o cosa bisogna fare per essere liberi ci viene quotidianamente imposto; la pubblicità con i suoi messaggi, i suoi slogan e le sue immagini realizza i nostri sogni. Pensiamo alle ultime pubblicità della Levis o degli smartphone in cui il raggiungimento della libertà e della felicità,come della celebrità, sta nel possedere quel prodotto. Gli articoli pubblicizzati sembrano poter realizzarci come singoli individui: le pubblicità dei profumi nelle quali il protagonista vive delle esperienze che sono al di fuori della vita quotidiana stimolano l’istinto dell’uomo pigro che si sfoga non nello spingersi a compiere tali esperienze ma nell’acquistare il prodotto nella speranza di rivoluzionare la propria vita. Ed ecco scoperto il paradosso: liberi di acquistare un prodotto che ci illude di renderci unici essendo comunque acquistabile da tutti.